NON È MAI TROPPO TARDI
ALLA SCOPERTA DEL MAESTRO INTERIORE CON L’ENNEAGRAMMA

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CALENDARIO PRESENTAZIONI ED EVENTI ONLINE GRATUITI 2025

Non è mai troppo tardi per iniziare un percorso di crescita personale, non è mai troppo tardi per entrare in contatto con se stessi attraverso l’Enneagramma!

L’AudioCorso è gratuito e ha preso il via domenica 6 luglio 2025.

Ogni domenica viene pubblicata una nuova puntata sui nostri canali Whatsapp e Telegram.

Puoi ricevere le puntate in tempo reale sui tuoi dispositivi iscrivendoti ai nostri canali; potrai ascoltarle quando vuoi e anche scaricarle.

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In questo audiocorso, a partire dalla storia del simbolo, puntata dopo puntata, approfondiremo  i temi classici secondo uno schema di introduzione generale per poi passare agli aspetti principali degli Enneatipi.

In ogni puntata affronteremo un tema attraverso:

  • un breve video di presentazione
  • un audio di tipo didattico che, a partire da una ricca bibliografia, proporrà  il tema come sunto dei materiali reperiti nei vari testi
  • uno o più audio con letture tratte dai più importanti autori, ricorrendo sia a testi noti nel mondo dell’Enneagramma sia a testi inediti in italiano
  • un pdf con la stesura scritta dell’audio didattico.

In questa pagina è possibile comunque leggere i contenuti didattici di ogni puntata, ti auguro una piacevole esperienza e ti aspetto sui canali dedicati per ascoltare i contributi audio!

Tutti pensano a cambiare l’umanità, quasi nessuno pensa a cambiare se stesso.

Lev Tolstoj

Questo è l’orientamento e l’obiettivo del sistema dell’Enneagramma: un profondo cambiamento di sé. Questa è la domanda fondamentale, come operare un cambiamento personale, perché l’uomo cerca fuori di sé. Lo si cerca nei libri, nei guru, nelle nuove invenzioni scientifiche, nelle religioni  o nelle superstizioni.

Hai dimenticato di cercarti nell’unico posto in cui sei: nel tuo cuore. Aprire i nostri cuori deve essere il nostro unico scopo. Ciò significa risvegliarsi ad altre realtà, per non dire cosa sarebbe più esatto: risvegliarsi alla Realtà.

Tornando al punto essenziale del cambiare se stessi, non posso cambiare ciò che non conosco; prima di cambiare qualcosa devo conoscerlo. Non è possibile il cambiamento di sé senza la conoscenza di sé. Questa conoscenza di sé implica un lavoro personale di auto-osservazione profonda e oggettiva dei nostri comportamenti, atteggiamenti e funzionamenti emotivi, istintivi e mentali.

L’Enneagramma (dal greco ennea, nove, e gramma, disegno) è una mappa dell’esperienza umana che consente di conoscere se stessi da un punto di vista oggettivo, in base alle descrizioni di nove tipi di personalità e dei rapporti tra di loro.

I nove tipi di personalità sono detti Enneatipi.

Uno degli assiomi fondamentali dell’Enneagramma è che i 9 Enneatipi descritti sono archetipi di personalità, cioè nove possibili modelli che spiegano il rapporto tra la psiche umana e la realtà, sia interiore che esteriore. Ciascuno di noi, in quanto essere umano, ha in sé e vive ciascuno di questi modelli, e ciò significa che osservare noi stessi equivale ad osservare gli altri e viceversa, perché ogni essere umano ha in comune questi tratti ed esperienze.

In particolare, poi, la personalità di ciascuno si sviluppa intorno ad un asse centrale, un tratto predominante che lo caratterizza più degli altri e che determina la sua visione di sé e del mondo. È molto importante individuare questo tratto, perché ci permette di verificare quali sono gli automatismi cui dobbiamo prestare più attenzione, ma altrettanto importante è verificare come e in che misura esprimiamo anche gli altri tratti, e se in modo funzionale o disfunzionale alla nostra vita.

I nostri comportamenti hanno quindi radici profonde che vanno ben al di là delle contingenze della vita quotidiana, degli eventi o dei comportamenti degli altri, e se non ne siamo consapevoli rischiamo di condurre una vita col pilota automatico, restando sempre alla fine insoddisfatti di noi a prescindere dai risultati ottenuti. Il nostro percorso consisterà nel comprendere queste radici profonde.

Il nostro enneatipo è l’impronta originaria alla quale sempre ritorniamo, la “lente” attraverso la quale percepiamo le nostre esperienze. Perciò, più comprendiamo il nostro tipo, meno questa particolare lente distorce le nostre percezioni e possiamo cominciare a vedere noi stessi e gli altri con sempre maggiore chiarezza.

Ma dato che possiamo assumere caratteristiche e comportamenti di tutti i tipi nel corso delle nostre vite (chi non è mai stato orgoglioso, o avaro, o invidioso, ecc. ?), ogni tipo ci dice qualcosa di noi, e se lo riconosciamo senza giudicare a prescindere, possiamo innanzitutto capire lo stato d’animo di quella certa persona che si comporta in quel dato modo, e avviare un meraviglioso e risanante processo di perdono di se stessi e degli altri.

L’osservazione è la risorsa più importante e ha come oggetto il modo di porsi nella vita, il comportamento reale nelle varie situazioni e nei rapporti con gli altri.

Affinché l’osservazione di sé costituisca una solida base per il proseguimento del lavoro nelle altre dimensioni è necessario che sia accompagnata dall’accettazione e dall’assenza di giudizio di ciò che si scopre, sia in se stessi che negli altri.

La personalità è la maschera che costruiamo e utilizziamo fin da bambini per difenderci da quelli che consideriamo pericoli per la nostra esistenza, non è “chi siamo” ma “come facciamo”; col tempo poi impariamo a confondere le due cose e a pensare che i nostri comportamenti determinino la nostra identità perché diventano l’unico modo che conosciamo per relazionarci con il mondo, una risposta fissa e automatica per reagire agli stimoli ambientali, anche se diversi da quelli che lo hanno generato nella prima infanzia. Senza rendercene conto, non viviamo nel qui e ora ma sempre nel là e allora, come se non fossimo liberi di scegliere la riposta saggia e adeguata allo stimolo contingente.

Ogni enneatipo ci racconta qualcosa di noi, e questo può farci diventare più comprensivi, empatici e vicini agli altri, perché riconosciamo in noi qualcosa di loro e siamo più disposti ad accettarlo. Inoltre, possiamo riconoscere che diversi comportamenti, sia nostri che degli altri, sono inconsapevoli, automatici, compulsivi e dipendono dalle paure e ferite profonde.

La conoscenza dell’Enneagramma è un modo efficace di smontare la prigione dell’ego e far emergere la nostra vera natura. Non è lontano dalla verità descrivere l’enneagramma come una macchina del tempo, una porta che ci permette di accedere al nostro viaggio personale.

L’osservazione dei nostri comportamenti meccanici e invalidanti non può prescindere dalla loro origine nascosta, vera e profonda, che va ben al di là delle contingenze della vita quotidiana.

Nella ricerca di questa origine possiamo partire dalle esperienze dell’infanzia, dai rapporti con le figure genitoriali, dall’influenza dell’ambiente nei primi anni di vita; ma possiamo anche spingerci più in là, nella visione di noi stessi non solo come essere umani, ma come esseri spirituali che stanno sperimentando la dimensione umana.

In questo senso l’Enneagramma propone che ogni essere umano abbia una impronta energetica che gli attribuisce una identità specifica per il compimento della sua particolare missione di vita, in una crescita integrata, armonica e piena in se stesso e con gli altri.

Coerentemente a questa visione, l’Enneagramma parte dal presupposto che ogni bimbo che viene al mondo porta con sé in potenza nella sua psiche le nove impronte energetiche che lo accomunano a tutti, ma una in particolare sarà la chiave dello sviluppo della sua personalità, che darà forma al suo modo di porsi nel mondo.

Questa impronta energetica primaria viene definita Essenza, o Natura essenziale, ed è profondamente legata alla nostra missione nella vita, determinando le esperienze che dovremo affrontare per superare i nostri limiti umani ed elevare il nostro livello di coscienza, nell’ottica di un obiettivo più elevato, universale e senza tempo: elevare la coscienza dell’intera Umanità per il benessere comune.

COSCIENZA E’ CONSAPEVOLEZZA

Di cosa? Di noi stessi, che siamo Essenza e Personalità.

Personalità è la sovrastruttura, i pensieri, le emozioni, il nostro modo di affrontare le situazioni della vita, il nostro interagire con l’esterno; possiamo anche descrivere questi “artifici” come maschere che indossiamo per relazionarci col mondo allo scopo di sentirci amati e proteggerci dal dolore.

Essenza è ciò che siamo veramente, il nostro vero Se’, ciò che vogliamo rappresentare quando diciamo o sentiamo la famosa frase “Essere se stessi”, così difficile per molti da comprendere.

Spesso si usa l’esempio dell’uovo. L’essenza è l’embrione, la parte più interna, vera e vitale, la personalità è il guscio di protezione.

Un’altra utile descrizione la offre il signor Georges Ivanovič Gurdjieff, filosofo, scrittore, mistico e “maestro di danze” armeno, colui che per primo studiò e diffuse il simbolo dell’Ennegramma in Europa nei primi decenni del ‘900.

Ecco nelle parole di Gurdjieff il significato di ESSENZA E PERSONALITÀ:

“L’uomo è costituito da due parti, essenza e personalità.

L’essenza è ciò che è suo. La personalità “ciò che non è suo”.
“Ciò che non è suo vuol dire: ciò che gli è venuto dall’esterno, quello che ha appreso, quello che riflette; tutte le tracce di impressioni esteriori rimaste nella memoria e nelle sensazioni, tutte le parole e tutti i movimenti che gli sono stati insegnati…”

“Non ci rendiamo conto che tutta la nostra vita, tutto ciò che chiamiamo civiltà, la scienza, la filosofia, l’arte, la politica, sono creazioni della personalità, cioè di tutto ciò che nell’uomo “non è suo”.

La Coscienza è la Consapevolezza di questi due aspetti dell’uomo.

La Coscienza è una forza “sopra e oltre” la personalità umana, che penetra verso il basso nella struttura della personalità umana e attivamente lavora attraverso di essa allo scopo di riportare alla luce l’Essenza.

Per dirla con Eckart Tolle, scrittore e oratore tedesco, autore del bestsellerdi trasformazione spirituale Il potere di adesso:

“…diventate come un lago profondo. La situazione esteriore della vostra vita e tutto ciò che avviene in essa è la superficie del lago. A volte calma, a volte ventosa e agitata, a seconda dei cicli e delle stagioni. In profondità, però, il lago è sempre indisturbato. Voi siete l’intero lago, non soltanto la superficie, e siete in contatto con il vostro profondo, che rimane assolutamente calmo”.

Quindi cosciente è colui che è consapevole, sia della propria Essenza, nel profondo, che della propria Personalità, che è la superficie.

In conclusione e in pratica, il cammino è ritrovare se stessi e applicare la conoscenza di sé nella vita di tutti i giorni. Se comprendiamo la nostra essenza possiamo impegnarci a trasformare la personalità, che è il nostro contatto con la realtà, le situazioni, le persone, in modo tale che assomigli sempre di più all’essenza (ciò che è nostro) e sempre meno alle maschere che indossiamo (ciò che non è nostro). Più siamo ciò che è nostro, più la vita è armoniosa, semplice e felice. 

L’Enneagramma è una conoscenza antica che inizialmente veniva trasferita oralmente per via esoterica da maestro ad allievo, ma non vi sono certezze nel definire l’ambiente storico-culturale in cui esso si sarebbe formato.

Alcuni autori ritengono che possa avere avuto origine nel lontano 2500 A.C. in Babilonia o in qualche posto del Medioriente, e che sia stato poi diffuso nella tradizione mistica cristiana, (a partire dal IV secolo con i Padri della Chiesa), nella quale troviamo collegamenti con i sette peccati capitali di Evagrio Pontico.

Un riferimento ricorrente è quello al Sufismo, un movimento mistico (ma eterodosso) dell’Islam, che a partire dal VII secolo avrebbe garantito la trasmissione orale e segreta fino ad almeno la fine del diciannovesimo secolo allorché George Ivanovitch Gurdjieff (1866?- 1949), filosofo, scrittore e mistico di origini greco-armene, prima di trasferirsi in Europa Occidentale, lo conobbe viaggiando in molti paesi d’Oriente per cercare di apprendervi i saperi delle tradizioni antiche. 

Fu tra gli anni dal 1914 al 1916 quando George Ivanovich Gurdjieff fece conoscere ai suoi studenti – e quindi al mondo – il simbolo o mandala dell’Enneagramma. Lo presentò solo come un Simbolo dinamico, come una struttura viva ed energicamente danzante, senza fare alcun riferimento ai nove tipi di personalità come li conosciamo oggi.

Gurdjeff era un greco armeno nato intorno al 1875; da giovane si interessò alla conoscenza esoterica e si convinse che gli antichi avessero sviluppato una scienza completa per trasformare la psiche umana e che questa conoscenza fosse andata perduta. Insieme a un gruppo di amici che condividevano il suo desiderio di recuperare quella scienza perduta della trasformazione umana, dedicò la prima parte della sua vita alla ricerca di ogni tipo di antica saggezza che riuscì a trovare. 

Viaggiarono molto, visitando l’Egitto, l’Afghanistan, la Grecia, la Persia, l’India e il Tibet; trascorrevano periodi in remoti monasteri e santuari e imparavano tutto ciò che potevano sulle antiche tradizioni di saggezza. Da qualche parte durante i suoi viaggi, forse in Afghanistan o in Turchia, Gurdjieff incontrò il simbolo dell’enneagramma.

Stando ai resoconti, verso la fine dell’Ottocento un derviscio afghano lo avrebbe aiutato ad entrare in contatto con rappresentanti di un ordine mistico dell’Asia centrale, la Fratellanza Sarmoung, presso un monastero in Turkestan. Qui Gurdjieff avrebbe appreso dottrine segrete, sarebbe stato iniziato alla conoscenza di pratiche e riti iniziatici (tra cui particolari forme di danza dervisce) e avrebbe incontrato per la prima volta la teoria dell’Enneagramma.

Egli ne iniziò lo studio e successivamente lo divulgò in Occidente intorno al 1913, dando vita al movimento dei “Cercatori di Verità” e fondando i propri centri di formazione. L’utilizzo restò limitato all’ambito relativamente ristretto dei suoi discepoli, finché nel 1949 l’opera postuma di P. D. Ouspensky “Frammenti di un insegnamento sconosciuto” rese pubblica l’esistenza del simbolo.

Gurdjieff rappresenta quindi un importante anello di congiunzione tra la versione antica e spirituale  del simbolo e il moderno utilizzo psicologico dello strumento; egli infatti lo utilizzava non per studiare le singole personalità ma per rappresentare l’intera realtà, come modello dinamico che sintetizza l’universo, tanto a livello macrocosmico quanto a quello microcosmico.

Tuttavia vale la pena di soffermarsi sulla visione di Gurdjieff, che non è psicologica, ma universale.

Gurdjieff insegnava un complesso e vasto compendio di psicologia, spiritualità e cosmologia il cui obiettivo era quello di aiutare gli studenti a comprendere il loro posto nell’universo e il loro scopo nella vita. Come in ogni tradizione, anche nell’insegnamento di Gurdjieff l’idea di base è quella dell’identità fra il microcosmo ed il macrocosmo: l’uomo è l’immagine dell’universo e segue le stesse leggi. 

Gurdjieff insegnava anche che l’Enneagramma era il simbolo principale e più importante della sua filosofia. Egli sosteneva che una persona non può capire qualcosa completamente se non lo comprende dal punto di vista dell’Enneagramma, vale a dire, se non sa come posizionare correttamente gli elementi di un processo nei punti giusti dell’Enneagramma, in modo da vedere come le parti interdipendenti del tutto si sostengono l’una con l’altra. Così l’Enneagramma che insegnava Gurdjieff era un modello di processi naturali, non una tipologia psicologica.

Dobbiamo le origini teoriche dell’enneagramma come sistema per analizzare la struttura della personalità al mistico e filosofo boliviano Oscar Ichazo che introdusse l’Enneagramma a un piccolo gruppo di seguaci ad Arica, Cile, agli inizi degli anni 70, utilizzandolo come mappa dell’esperienza interiore. 

I tratti salienti della teoria (tra cui l’individuazione delle caratteristiche di ogni tipo e delle dinamiche evolutive o degenerative del soggetto) sono da attribuire a Ichazo: egli ideò le nove “Fissazioni dell’Ego” e le nove “Passioni”, utilizzando il simbolo per scoprire le capacità spirituali bloccate nella struttura dell’ego, allo scopo di sviluppare il pieno potenziale dell’essere umano. La sua scuola sintetizzò il misticismo orientale e le tradizioni psicologiche occidentali, gettando in questo modo i semi del moderno Ennegramma, come lo conosciamo oggi. 

Egli chiamò il suo metodo Protoanalisi, un sistema di studio dell’uomo che analizza la psiche sulla base del “Prototipo Umano Archetipico”. È una Filosofia Integrale che sintetizza Scienza e Psicologia con Metafísica e Teologia attraverso la via della conoscenza e dell’esperienza diretta della natura umana.

Ichazo ricercò e sintetizzò i molti elementi dell’enneagramma finché scoprì la connessione tra il simbolo e i tipi di personalità. I ​​nove tipi che collegò al simbolo dell’enneagramma provengono da un’antica tradizione, quella di ricordare i nove attributi divini riflessi nella natura umana. 

Uno dei discepoli di Ichazo, che risultò essere fondamentale nella storia recente dell’Enneagramma, fu lo psichiatra, psicoterapeuta e antropologo cileno Claudio Naranjo, nato a Valparaiso (Cile) nel 1932.

Naranjo incorporò le teorie di Ichazo alle sue proprie intuizioni psicologiche, basate sulle sue conoscenze cliniche e sul suo lavoro con la terapia Gestalt di Fritz Perls e la autopsicologia di Karen Horney. Fondò il SAT, che significa “verità” in sanscrito ed è l’anagramma di Seekers after Truth (Cercatori della verità), lo stesso nome che Gurdjieff aveva utilizzato per denominare il suo primo gruppo di seguaci.

Nel suo libro “Carattere e Nevrosi”, Naranjo realizza un’ integrazione di gnosologia psichiatrica, psicologia, omeopatia ed enneagramma, per presentare i nove Enneatipi o Tipi di personalità.

 

Ma Ichazo continuava a restare fermo sulla posizione che l’Enneagramma non dovesse essere diffuso e impose il divieto di divulgarlo, di farne partecipi terze persone, di metterne per iscritto le teorie.

L’opera di divulgatore del metodo fu svolta da Naranjo che presentò il metodo al mondo a partire dalla California. Il sistema venne presentato come tipologia psicologica e contemporaneamente come strumento di crescita interiore, assumendo quella connotazione che ancora oggi mantiene di strumento di evoluzione sia psicologica che spirituale.

La Legge Universale Totale di tutto e di ogni cosa è espressa nell’enneagramma dalla congiunzione delle due leggi cosmiche fondamentali, la Legge del Sette e la Legge del Tre, e la loro interrelazione all’interno del cerchio dell’esistenza. Sebbene lavorino sempre insieme, studieremo queste leggi separatamente prima di dedicarci allo studio dell’enneagramma.”

Nathan Bernier – The Enneagram Symbol of All and Everything

L’Enneagramma delle origini rappresenta la sinergia tra tre leggi universali rappresentate graficamente dai tre simboli geometrici che lo compongono:

la Legge dell’Uno corrisponde al principio ermetico “Tutto è Uno” che afferma l’Unità fondamentale di tutte le cose nell’Universo e che trova riscontro nella Tavola Smeraldina. In pratica, tutto ciò che esiste è interconnesso e partecipa di un’unica Essenza, riflettendo un’unica mente o principio divino. 

Nell’Enneagramma il Cerchio, che non ha inizio né fine, è il simbolo della legge dell’Uno e rappresenta rappresenta il Tutto, l’Unità, la Sorgente, ma anche l’Uomo nella sua origine divina.

la Legge del Tre è la legge della Creazione; secondo questa legge tutto ciò che esiste è il risultato dell’interazione di tre forze e indica come ogni fenomeno, dal più piccolo (atomo) fino al più macroscopico (stelle, soli, ecc.), sia sempre generato e tenuto in vita da tre forze dette “Positiva” o di affermazione, “Negativa” o di resistenza, e “Neutralizzante” o di conciliazione.

Secondo la legge del Tre, che richiama il concetto junghiano della tensione tra gli opposti e del suo superamento, la forza passiva è generata direttamente dalla forza attiva, in un anelito dell’Universo all’equilibrio e all’omeostasi. 

È dalla tensione che si genera la spinta a creare qualcosa di nuovo, a procedere, a non fermare la vita. 

È l’infinita e irrefrenabile saggezza della vita: senza un ostacolo tutto si immobilizza, non si va da nessuna parte. 

Questa è la Legge del Tre, una forza di riconciliazione, ma anche e soprattutto una forza emergente di creazione. 

la Legge del Sette: la terza parte di questo simbolo triplo è l’Esade (la figura il cui profilo segue i numeri 1-4-2-8-5-7). Questa figura simboleggia ciò che Gurdjieff chiamò la “Legge del Sette”: un qualsiasi evento prodotto dalla legge del Tre nel campo di osservazione rappresentato dal cerchio nel corso del tempo si trasforma e si sviluppa seguendo tappe ben precise.

Nulla è statico, tutto si muove e diventa qualcosa di diverso. Anche le pietre e le stelle alla fine si trasformano. Tutto cambia, si ricicla, si evolve o si muove, anche se secondo i modi legittimi e prevedibili della sua natura e le forze che agiscono su di esso. I giorni della settimana, la rifrazione della luce attraverso un prisma, la tavola periodica e l’ottava della musica occidentale si basano sulla Legge del Sette.

Il Cerchio dà forma alla Legge dell’Uno e ai temi della totalità e dell’unicità.

Tutto parte dal Punto, che è implicito e invisibile, simbolo dell’unità, sorgente del tutto.

Non è soggetto allo spazio al tempo, né a nessuna legge del nostro universo esistenziale.

Il punto è l’assoluto e nella sua manifestazione crea un riflesso di se stesso dilatando i raggi.

Si espande, diventa esplicito e visibile, crea la realtà manifesta nel cerchio.

Il Cerchio simboleggia il tempo nel suo aspetto cronologico e nella sua ricorrenza ciclica.

Il tempo limita e delimita e dà una direzione.

Il Cerchio ci ricorda il primo movimento dell’assoluto e forma la dualità come nel respiro, in cui il punto centrale si espande e si contrae.

Il Cerchio rappresenta quindi la realtà, delimitata dal tempo e dallo spazio.

Esso è il campo di osservazione di un qualsiasi fenomeno, dal più piccolo al più macroscopico.

Il processo di formazione della circonferenza a partire dall’espansione del punto suggerisce l’idea di flusso e riflusso, dove l’espansione stessa richiama il ritorno.

Nell’ambito della personalità, il punto rappresenta l’Essenza, quell’energia originaria da cui tutto parte, mentre i punti della circonferenza rappresentano l’espansione e la manifestazione dell’Essenza nelle innumerevoli manifestazioni della personalità umana.

È chiaro che nella concretezza della nostra personalità è già implicito il cammino di ritorno al centro, all’Essenza.

Storicamente, il punto simboleggia l’Immagine del Primo Principio Unico, caratteristica delle principali religioni monoteiste come l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam.

Pitagora simboleggiava tutti gli eventi dell’Universo, compresi quelli dell’uomo sia sul piano materiale che su quello spirituale, con un cerchio.

Nella cultura cinese la figura circolare è legata al cielo e le viene attribuito il valore numerico nove.

Nell’antico Egitto era l’emblema del “ciclo eterno”, intendendo la natura ciclica ed eterna del cosmo, (dall’Uno all’Uno), concetto poi adottato da gnostici, cabalisti, alchimisti e taumaturghi.

Il Cerchio rimanda alla Legge dell’Unità: tutto è uno, tutto è interconnesso, tutto è collegato all’interno di un campo di osservazione.

Dal punto di vista dell’Enneagramma delle personalità il Cerchio ci ricorda che  le caratteristiche di ogni enneatipo sembrano vivere in ciascun di noi come in un ologramma dove la parte contiene il tutto, in una sequenza composta da più punti collegati tra loro, tutti indistintamente originati dalla stessa e unica Essenza.

Pertanto ogni individuo ha dentro di sé l’Essenza dei 9 Enneatipi e gli aspetti di tutti gli archetipi del sistema, anche se è solo uno che predomina, come amalgama e guida di tutti i suoi comportamenti.

All’interno del cerchio troviamo un secondo simbolo, il triangolo equilatero, allegoria dell’intelligenza superiore. 

Nella tradizione cristiana rappresenta la Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Allo stesso modo, la Kabbalah ebraica afferma che Dio inizialmente si manifesta nell’Universo sotto forma di tre radiazioni chiamate “sefirot”.

Esse sono: Keter, Binah e Hochma, e che possiamo contemplare nel simbolo dell’Albero della Vita.

Nel Buddismo abbiamo Buddha, Dharma e Sangha e nell’Induismo abbiamo Vishnu, Brahma e Shiva.

Gurdjieff chiamò questo fenomeno la “Legge del tre”, che è la legge della Creazione.

Secondo questa legge tutto ciò che esiste è il risultato dell’interazione di tre forze (quali che siano, in una data situazione o dimensione) e indica come ogni fenomeno, dal più piccolo (atomo) fino al più macroscopico (stelle, Soli, ecc.), sia sempre generato e tenuto in vita da tre forze o parti dette “Positiva” o di affermazione, “Negativa” o di resistenza, e “Neutralizzante” o di conciliazione. Tre forze che sono alla base di tutti i fenomeni che esistono e si verificano in natura.

Si tratta di tre forze indipendenti, di pari intensità, che convergono tra loro e producono equilibrio.

La Legge del 3 è una legge di perfezione, di equilibrio, di omeostasi che rompe l’automatismo dato dal bipolarismo. Se non esistesse l’azione della terza forza neutralizzante, potere attivo e potere passivo si confronterebbero in modo indeterminato, sprofondando nella polarizzazione e nella tensione permanente degli opposti.

Ecco perché la Legge del 3 incorpora qualcosa che non avviene nella cecità del bipolarismo: l’armonia, l’accordo, l’alleanza, l’unione di tre forze dove l’impulso neutralizzante diventa potenza attiva generatrice di un legame universale di rivelazione ed espansione.

Le tre forze possono essere denominate in diversi modi:

  • 1° Forza • 2° Forza • 3° Forza
  • Affermazione• Negazione• Riconciliazione
  • Forza attiva o positiva • Forza passiva o negativa •Forza neutralizzante
  • Affermazione• Negazione• Riconciliazione
  • Forza creativa • Forza distruttiva • Forza conservativa
  • Impulso • Resistenza • Conciliazione

La forza attiva è respinta da quella passiva; tuttavia, la forza neutralizzante consente la loro conciliazione.

Le tre forze, agendo insieme, sono capaci di creare.

Senza l’azione delle tre forze nulla accade, la forza attiva e quella passiva da sole rimangono in uno stato di costante spinta e resistenza, si compensano, non portano da nessuna parte.

Ogni manifestazione, ogni creazione, risulta dall’incontro di queste tre forze, Attiva, Passiva e Neutralizzante.

La Forza Attiva, o la 1° Forza, non può creare nulla da sola.

La Forza Passiva, o 2° Forza, non può creare nulla da sola.

La Forza Neutralizzante, o 3° Forza, non può creare nulla da sola.

Né possono produrre una manifestazione solo due qualsiasi delle tre forze.

E’ necessario che s’incontrino tutte e tre le forze perché una qualunque manifestazione o creazione possa avere luogo.

Un esempio elementare è il mulino.

La Forza Attiva o originatrice è il vento.

La Forza Passiva o resistente è l’edificio.

Le pale che girano producono una relazione tra la pressione del vento e la resistenza dell’edificio ed una manifestazione ha luogo.

Se non ci sono pale, o se l’edificio crolla, o se non c’è vento, non c’è alcuna manifestazione.

Questa è solamente una raffigurazione molto elementare.

Le tre forze entrano in tutte le scale della creazione, e attraverso lo studio della Legge del Tre ci rendiamo conto che ogni cosa accade in base a certe leggi, e che non possiamo comprendere fino a che non conosciamo queste leggi.

Ogni triade genera un evento, ed esso deve essere ricollegato al processo che lo rappresenta.

Nell’ambito del lavoro su di sé le tre forze sono osservabili all’esterno ed all’interno di noi, ma non è affatto facile riconoscerle, specialmente la terza forza.

Osserviamole insieme:

1° Forza: forza attiva, positiva, creativa, di affermazione: ciò che uno vuole, lo scopo

2° Forza: forza passiva, negativa, distruttiva, di resistenza: ciò che fa resistenza a ciò che uno vuole, il costo dello scopo

3° Forza: forza neutra, conservativa, conciliativa: la CONSAPEVOLEZZA

La terza forza è la Consapevolezza, senza la quale nulla si crea.

Quando in un processo automatico di forza attiva/forza passiva si introduce l’elemento consapevolezza, spezziamo l’automatismo e dirigiamo consapevolmente il movimento.

E’ impossibile vedere la 3° Forza fino a che non si sono viste la 1° Forza e la 2° Forza.

La 2° Forza, o resistenza, esiste in ogni cosa, ed è generata inevitabilmente dalla 1°.

Cioè, per tutto ciò che vogliamo c’è inevitabilmente una forza di resistenza. ma se non vogliamo nulla, non esisterà alcuna forza di resistenza.

Si può utilizzare lo studio delle Tre Forze in campo psicologico.

Nel porsi uno scopo va calcolata la 2° Forza, diversamente lo scopo saràimpraticabile.

Se ci poniamo uno scopo dobbiamo anche calcolare il costo di mantenerlo. Facendo questo probabilmente renderemo lo scopo più praticabile.

Lo scopo non dev’essere troppo difficoltoso. Tutto ciò che ci ostacola nel mantenere il nostro scopo è la 2° Forza, a patto che ci sia uno scopo che vogliamo mantenere.

Supponiamo di porci uno scopo fittizio temporaneo, per esempio di non sederci per tutto il giorno. Potremo allora notare in noi stessi la 2° Forza relativamente a questo scopo – cioè, tutto ciò che vi resiste, che si oppone al mantenimento del nostro scopo, nel corso della giornata, dalla stanchezza fisica, a una qualsiasi causa che ci costringa a sederci.

La natura della 2° Forza sarà ovviamente determinata dalla natura della 1° Forza – in questo caso lo scopo che vogliamo mantenere.

Le resistenze allo scopo di non sederci saranno diverse, per esempio, da quelle che si producono se il nostro intento fosse quello di non parlare, o non bere, o qualsiasi altro scopo.

Se non vogliamo niente non c’è alcuna 2° Forza, in ciò che concerne il nostro desiderio. Spesso non sappiamo nemmeno di avere in noi la 1° Forza, cioè, non sappiamo cosa vogliamo realmente.

Ecco perché il più delle volte non creiamo nulla e ci sembra che tutte le nostre iniziative falliscano.

Gurdjieff enunciò in questo modo la “Legge del Sette”: un qualsiasi evento prodotto dalla legge del Tre nel campo di osservazione rappresentato dal cerchio nel corso del tempo si trasforma e si sviluppa seguendo tappe ben precise.

Nulla è statico, tutto si muove e diventa qualcosa di diverso. Anche le pietre e le stelle alla fine si trasformano.

Tutto cambia, si ricicla, si evolve o si muove, anche se secondo i modi legittimi e prevedibili della sua natura e le forze che agiscono su di esso.

I giorni della settimana, la rifrazione della luce attraverso un prisma, la tavola periodica e l’ottava della musica occidentale si basano sulla Legge del Sette.

Nel simbolo questa legge è la figura geometrica dell’Esade o Esagramma, una linea geometrica che unisce i punti 1 4 2 8 5 7  in un percorso che è definito “ottava”. 

La successione delle ottave procede in un continuum che rappresenta un processo dinamico senza fine, in direzione evolutiva o disevolutiva.

Secondo Gurdjieff, e in accordo con il mondo scientifico moderno, tutto l’universo è costituito da vibrazioni: luce, materia, calore, suoni, non sono altro che diverse forme di vibrazione. 

Queste vibrazioni cambiano continuamente di stato, seguendo fasi di crescita e decrescita. Queste fasi ascendenti e discendenti non si realizzano mai in modo lineare e uniforme, ma sempre attraverso un movimento a gradini, con accelerazioni o rallentamenti in determinati punti. 

Un altro modo di esprimere questo principio cosmico sarebbe dire che la forza di un impulso originario non agisce uniformemente durante l’intero processo a cui ha dato origine.

Esaminando più attentamente lo sviluppo delle vibrazioni, troviamo due punti in cui si verifica un rallentamento della velocità di accelerazione: uno vicino all’inizio del processo e l’altro quasi alla fine. 

Egli affermava che potevano essere considerati punti deboli dell’ottava, dove l’impulso originario poteva essere bloccato o proiettato in una direzione completamente diversa. 

Entrambe queste conseguenze possono essere evitate se in corrispondenza di questi punti nuova energia viene fornita al processo, in modo da rivitalizzarlo. In questo caso il processo continuerà a svilupparsi e sarà in grado di mantenere la sua direzione originale.

Per descrivere questo processo possiamo immaginare un percorso non lineare simile alla scala musicale dei 7 toni (DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI), in cui tra il MI ed il FA (all’inizio della scala) ed il SI ed il DO (alla fine della scala), non esistono semitoni, ma vi sono dei vuoti, degli intervalli, che determinano dei rallentamenti.

Potremmo trovare un ottimo esempio della Legge del Sette in ciò che accade quando intraprendiamo una nuova attività.

Questo vale anche per i comportamenti umani: quando definiamo un nuovo obiettivo la nostra motivazione è alle stelle, nulla può fermarci!

Ad un certo punto però, i nostri buoni propositi perdono il loro “slancio” iniziale ed entriamo in una fase di rallentamento, in cui non riusciamo a fare progressi.

Proprio durante questi intervalli molti obiettivi ambiziosi vengono abbandonati e le buone abitudini rimangono tra i buoni propositi non realizzati, a meno che non arrivi nell’intervallo un qualche nuovo stimolo a ravvivare il nostro entusiasmo calante.

Osservando le diverse forme di attività umana, potremmo trovare molti esempi di ottave che cambiano direzione negli intervalli a causa della mancanza di supporto, poiché ascesa e discesa sono eventi a cui ogni tipo di attività è soggetta.

Lo stesso Gurdjieff affermava che la Legge delle Ottave non solo spiega gran parte delle azioni umane, ma ci aiuta anche a comprendere quanto sia incompleta la nostra conoscenza in tutti i campi di studio.

Iniziamo andando in una direzione, e poi procediamo in una nuova direzione, senza essercene nemmeno accorti.

La legge del Sette di Gurdjieff può avere interessanti applicazioni pratiche quando si tratta di realizzare importanti cambiamenti nella propria vita e può essere un’ottima spiegazione per tutte quelle volte in cui abbiamo cercato di instaurare una nuova abitudine o di raggiungere un obiettivo di medio termine ma abbiamo fallito.

Quando diventiamo consapevoli della natura non lineare del cambiamento possiamo prepararci al meglio, dosando il nostro impegno in coerenza con la fase del cambiamento in cui ci troviamo.

Quando i nostri obiettivi o le nuove abitudini che vogliamo instaurare ci richiedono uno sforzo prolungato, dobbiamo diventare consapevoli dei vuoti e degli intervalli: una volta individuati dobbiamo introdurre uno “shock addizionale“, ovvero un’ulteriore spinta a proseguire in linea retta.

Purtroppo, di solito non ci rendiamo conto di questi salti, oppure siamo così pigri ed abitudinari che preferiamo scivolare lungo la linea di minor fatica.

Per superare gli inevitabili momenti di crisi, di “deviazione”, gli interventi più importanti sono la consapevolezza e la trasformazione delle emozioni negative in emozioni positive.

Ecco, questo è il vero spirito dell’Enneagramma.

La conclusione è che niente è casuale in questo sistema in cui ognuno può scegliere se seguire la corrente generale, manifestando un’esistenza semi-conscia, o invece cercare di “essere”, di evolversi consapevolmente.

LA CADUTA – IL CIRCOLO VIZIOSO

Il nucleo di questa “psicologia sacra” rappresentata dall’Enneagramma è che il nostro tipo psicologico di base rivela i meccanismi con cui dimentichiamo la nostra vera natura, la nostra Essenza divina.

Dal punto di vista spirituale, ogni personalità rappresenta la maschera che indossiamo per affrontare la vita, trae la sua origine nella strategia adottata per sopravvivere nell’infanzia ed è indissolubilmente legata alle caratteristiche della propria Essenza, la parte più pura e perfetta di noi.

Tutte le antiche tradizioni spirituali parlano di una “caduta dal Paradiso”, dove si viene espulsi dall’Eden per “cadere sulla terra”. Una volta caduti, elaboriamo una strategia applicando i nostri meccanismi di difesa alla sfida che ci viene presentata: vivere.

Osserviamo il triangolo interno: i punti 3-6-9 rappresentano tre fondamentali preoccupazioni dell’esperienza umana:

  • l’Immagine (3) 
  • la Paura (6) 
  • la Dimenticanza di Sè (9)

Claudio Naranjo descrive il percorso dell’uomo sul triangolo come “la Caduta”. 

  • DIMENTICANZA DI SÉ: Nel punto 9 inizia la nostra avventura terrena. Ciò può essere interpretato da un punto di vista religioso e spirituale, riferendosi al cammino dell’Umanità a partire dalla caduta dal Paradiso Terrestre, da un punto di vista biologico, come la nascita di ogni essere umano, che deve abbandonare drammaticamente il ventre materno, o da un punto di vista contingente, come la nascita di un qualsiasi evento, intenzione o impresa nella nostra dimensione duale.
  • PAURA: Dal punto di vista della storia dell’uomo si tratta di un oblio, un precipitare verso l’ignoto, che genera inevitabilmente la prima emozione umana, la paura, rappresentata dal punto 6. Quando sentiamo di avere perso il contatto con ciò che è la massima espressione di noi stessi, quella dimensione trascendente che è la nostra massima versione, prospettiva e connessione con il divino, sperimentiamo una grande perdita, una terribile sofferenza e paura, un vero terrore esistenziale. 

Allora istintivamente e inconsciamente investiamo tutte le nostre energie somatiche, emotive e cognitive nel ritornare allo stato di autenticità, benessere e contatto con il divino, e per far cessare l’esperienza di questo straziante dolore e terrore. 

Non ci riusciamo, ovviamente, il Paradiso è perduto, e non ci resta altro da fare che cercare di replicare quelle meravigliose qualità di cui abbiamo comunque un vago ricordo, a partire da una angosciante sensazione di vuoto interiore, di mancanza di senso, direzione, sostanzialità, valore, stima, di inutilità, inettitudine o carenza.

 

  • IMMAGINE: Il percorso umano per realizzare questo anelito ci porta al punto 3, il punto dell’immagine, della maschera, la costruzione della personalità come modo di affrontare la paura di vivere.

Il cammino prosegue, vivere nella maschera all’inizio stempera il panico, ma poi ci fa sentire sempre più finti, vuoti, artificiali. Inoltre, quanto più crediamo a questa maschera e viviamo sulla superficie di noi stessi, quanto più ci identifichiamo con ciò che facciamo e otteniamo, più di conseguenza dimentichiamo le nostre profondità, e il movimento del flusso interiore ci riporta al punto 9.

Il problema è che fino a quando ci muoveremo in questo senso sempre affronteremo le giravolte della vita adottando le strategie della personalità, attraversando la paura, aggiungendo nuovi strati alla maschera e dimenticandoci sempre di più della nostra vera natura. Paradossalmente, ad ogni nuovo giro peggioreremo la situazione, sentendoci sempre più vuoti e paurosi, sempre più lontani dalla nostra vera Essenza.

L’Enneagramma ci aiuta a comprendere che tutto ha origine da una ferita fondamentale, che è nostra come di tutta l’umanità: la separazione dall’Origine, che si manifesta come una sensazione di vivere a metà, di essere incompleti, di avere perso il paradiso perduto, infine di non essere amati.

Ci sentiamo allo sbando, ci perdiamo in automatismi e succedanei con i quali cerchiamo di riempire il nostro vuoto e sviluppiamo un ego che ci imprigiona.

IL RITORNO – IL CIRCOLO VIRTUOSO

CAMBIARE IL SENSO DI MARCIA: Il lavoro che ci suggerisce l’Enneagramma è quello di attuare una svolta epocale e cambiare il senso di marcia. A partire dalla maschera del punto 3, quindi a partire dal riconoscimento delle nostre nevrosi, dei comportamenti che applichiamo in automatico per affrontare la vita, tornare al punto 6 per scoprire e risolvere le paure che l’hanno generata e avviare, sempre più leggeri, un autentico ritorno verso il punto 9 allo stato di quiete, pienezza e soddisfazione del Paradiso perduto.

In pratica, il processo evolutivo consiste nel togliere strati, uno dopo l’altro, alla maschera, a partire dall’elemento che li ha generati, la paura.

Questo processo dovrà compiersi molte volte perché si produca una sostanziale disidentificazione dalla personalità, un triangolo dopo l’altro.

Ma l’intero Enneagramma è un simbolo di questo viaggio e nulla come l’antica iscrizione sita all’ingresso del tempio di Apollo a Delfi, sede del famoso oracolo, può esprimerne meglio la completezza e profondità.

“Oh tu che desideri sondare gli arcani della Natura,

se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi,

non potrai trovarlo nemmeno fuori.

Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie?

In te si trova occulto il Tesoro degli Dei.

Oh Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei.”

Il desiderio più profondo della nostra anima, per il nostro vero Sé, è quello di continuare ad espandersi nelle nostre più grandi possibilità e di continuare a penetrare nel nostro io più profondo. Ciò significa essere onnicomprensivi di tutte le parti della personalità umana, integrando i potenziali degli altri e accettando anche quelle parti che crediamo di vedere negli altri e che spesso rifiutiamo di vedere in noi. L’intelligenza dell’Enneagramma ci mostra il dinamismo di un potenziale in continua espansione.

I livelli di sviluppo furono introdotti nella teoria dell’enneagramma da Don Riso nel libro Personality Types e poi ripresi ampiamente con la collaborazione di Russ Hudson nel libro The Wisdom of the Enneagram; essi rappresentano il termometro  della nostra consapevolezza.

Riscontriamo tre macroaree di livelli di sviluppo o consapevolezza: sani, medi, morbosi o insani.

Roberto Pérez a questo proposito parla di livelli di coscienza: coscienza espansa per i livelli sani, coscienza integrata per i livelli medi e coscienza alterata per i livelli insani o morbosi.

I livelli all’interno di ogni enneatipo ci forniscono il modo per capire “dove” si colloca una persona, se negli strati di tratti sani, medi o morbosi all’interno del suo tipo, e la direzione verso la quale si muove. I livelli ci danno un’idea del grado di identificazione di una persona con la sua personalità, cioè ci dicono fino a che punto una persona sta sulla difensiva ed è chiusa, o quanto è libera e aperta.

E’ quasi impossibile generalizzare rispetto ai tipi senza tenere conto dei livelli, perché man mano che ogni tipo si deteriora, abbassandosi di livello, molte delle sue caratteristiche si trasformano nel loro opposto. 

Di seguito alcuni tratti distintivi della personalità nei vari livelli

Nel livello sano

  • Siamo presenti, centrati e in equilibrio
  • Viviamo la nostra vita con amore e dignità
  • Siamo responsabili di noi stessi
  • Cerchiamo esperienze interiori autentiche
  • Abbiamo un pensiero libero e autonomo
  • Sentiamo che la vita è un dono
  • Doniamo a nostra volta

Nel livello medio

  • Viviamo nel compromesso
  • Stiamo sulla difensiva
  • Dubitiamo di noi stessi
  • Non riusciamo a contattare le emozioni
  • Non sentiamo il corpo
  • Diamo la colpa agli altri
  • Ci giustifichiamo e ci lamentiamo
  • Manchiamo di forza e decisione nelle scelte
  • Iniziamo a manipolare, recriminare, ricattare

Nel livello morboso siamo

  • Totalmente inconsapevoli e irresponsabili
  • Scollati dalla realtà
  • Reattivi e giudicanti.
  • La vita è in balia degli eventi e delle emozioni negative
  • Imponiamo le nostre idee
  • Qui troviamo l’Abbandono di sé, le patologie, i comportamenti distruttivi e auto-distruttivi

Sappiamo che tutte le paure e difese che sono emerse durante l’infanzia ce le portiamo nella vita adulta attraverso abitudini automatiche e sistemi di credenze non analizzate. Possiamo anche vedere come il grado di disfunzione con il quale abbiamo avuto a che fare nella prima infanzia ha determinato il numero di strati di difese che abbiamo dovuto adottare.

Quanto più rarefatto è stato l’ambiente dell’infanzia, tanto maggiore è la paura che ci ha infuso e più limitati e rigidi sono i modi che impieghiamo per far fronte alla nostra situazione. I livelli ci mostrano come lo sviluppo di un tipo sia un continuum di crescita e ci avvertono quando ci stiamo coinvolgendo in un comportamento disfunzionale prima che sia troppo tardi.

Il livello in cui ci troviamo in un determinato momento è il nostro centro di gravità.

L’umore o lo stato cambiano continuamente, mentre il centro di gravità cambia molto più lentamente, di solito solo come conseguenza di una importante crisi nella vita o di un lavoro di trasformazione di lunga durata. Quando il centro di gravità sale, e ci spostiamo anche di un solo livello, spesso guardiamo in retrospettiva i nostri stati anteriori e ci chiediamo come potessimo vivere in quel modo.

Allora siamo in grado di vedere i nostri comportamenti e atteggiamenti del più basso livello precedente come le limitazioni e le compensazioni che erano in realtà, ma che non riuscivamo a vedere quando eravamo identificati con essi.

Se vogliamo che il nostro lavoro sia efficace, è importante riconoscere una verità inquietante: qualunque sia il livello a cui stiamo operando (vale a dire, ovunque sia il nostro centro di gravità), tendiamo a vedere le nostre motivazioni come se provenissero dalla frangia sana.

Le difese dell’ego sono tali che ci vediamo sempre secondo la nostra immagine idealizzata, anche quando siamo nella fascia media o addirittura in quella patologica. Quindi, forse il primo vero passo che possiamo fare nel nostro viaggio interiore è identificare con precisione non solo il nostro tipo, ma anche la gamma dei livelli che attraversiamo normalmente e, molto importante, dove è collocato in questi momenti il nostro centro di gravità.

L’Enneagramma non ci servirà a nulla se inganniamo noi stessi pensando di essere più sani di quanto realmente siamo.

Vale anche la pena di notare che una variazione di livello non è la stessa cosa di un cambiamento di umore o di stato d’animo. Essere di umore migliore non è necessariamente un segnale che si è su un livello superiore di sviluppo.

D’altra parte, possedere la serenità, la vitalità e l’impegno nel mondo reale (al contrario delle false illusioni) in mezzo alle difficoltà, è un segno di crescita spirituale. Quando siamo sereni, centrati, collegati con noi stessi e con il nostro essere essenziale, sperimentiamo una gioia tranquilla che è palpabilmente diversa dall’essere di buon umore. Così, nel loro senso più profondo, i livelli sono in realtà una misura di quanto collegati o scollegati siamo con la nostra vera natura.

I nove tipi di personalità da soli sono puramente un insieme “orizzontale” di categorie, per quanto sottile. Ma se il sistema deve riflettere accuratamente la natura umana e gli stati sempre mutevoli all’interno del nostro tipo, è anche necessario avere un modo per rappresentare il movimento “verticale” e lo sviluppo di ogni tipo. I livelli di sviluppo soddisfano questa esigenza.

Di seguito, una descrizione sintetica dei livelli di sviluppo, distinti per semplicità in base a tre stati di salute della personalità: sani, medi e morbosi. Come chiarito, in realtà la tripartizione è arbitraria e a scopo esemplificativo, perché il movimento verso l’alto o verso il basso si svolge in un continuum di infiniti livelli di consapevolezza di sé.

Come abbiamo visto nel processo della “caduta”, la costruzione della personalità consiste nel cercare di imitare o riprodurre le qualità essenziali perdute (punto 9) nella realtà duale ed egoica (punto 6). Per realizzare questo, ogni enneatipo è costretto costruire un’immagine personale (punto 3) a partire da una qualità impersonale. Ad ogni livello si verifica un cambio di paradigma in questo processo, che determina il passaggio da un livello all’altro all’interno dei tre gruppi (sano, medio, morboso) o da un gruppo all’altro.

  • LIVELLI SANI

1 – Livello dell’ESSERE
A questo livello le Qualità dell’essenza sono completamente sviluppate nel mondo. C’è coerenza tra i nostri centri di intelligenza, il corpo, la mente e il cuore, cioè tra quello che si fa, si sente, si pensa. Ci affidiamo all’ intelligenza superiore, tutto va perfettamente così com’è.

2 – Livello dell’IMMAGINE

Cominciamo a perdere il contatto con le qualità dell’essenza e cerchiamo di imitarle.Lo sguardo passa dall’interno all’esterno, all’immagine che offriamo al mondo. Comincia il processo di FARE anziché ESSERE, cioè il tentativo di replicare le qualità essenziali considerate perdute.

3 – Livello del FARE
Cominciamo ad avere paura di non recuperare mai più le qualità essenziali. È un vero e proprio terrore, che si esprime attraverso i nostri comportamenti.

Qui appare la sensazione di sentirsi minacciati nell’Essenza, compulsione a prendere provvedimenti. Non c’è la pace? La faccio io! Non c’è amore? Ci penso io! E così via…Il fare prende sempre più il posto dell’essere.

Nel passaggio tra il terzo e il quarto livello c’è un salto: una perdita di presenza e consapevolezza, l’inizio dell’addormentamento come ruolo dell’Ego presunto. Ci identifichiamo con un certo insieme di qualità che crediamo necessarie per soddisfare il nostro desiderio di rispecchiare le qualità dell’Essenza. Inizia la fase dell’ “Io sono fatto così” e la strenua difesa di questa immagine.

  • LIVELLI MEDI

4 – Il Livello dello SQUILIBRIO è caratterizzato da dubbio, confusione, instabilità. Qui c’è perdita di presenza e consapevolezza. Cominciamo a temere che gli altri siano indifferenti a “come siamo fatti”. È quello che si definisce “Una bella giornata senza presenza”: sembra andare tutto bene, ma appena succede qualcosa sprofondiamo.

5 – Livello della DIFESA DI SÈ
Qui iniziano la manipolazione, la recriminazione, il ricatto. Vivendo il conflitto di riconoscimento dagli altri, consolidiamo e difendiamo la nostra idea di noi, aggiungiamo strati alla maschera.

Cominciamo a dare all’esterno la responsabilità di quello che ci accade. Crediamo di doverci difendere.  L’Ego controlla l’ambiente per soddisfare i propri bisogni,  inizia a pretendere di essere ascoltato.

6 – Livello della SOVRA-COMPENSAZIONE
Aumentano i conflitti interpersonali, ora ci sentiamo minacciati e dobbiamo ad ogni costo imporci per non soccombere. L’Ego si sente attaccato, attacca a sua volta. l’Ego. impone che gli altri e la realtà sostengano i suoi scopi

La buona notizia è che ai livelli medi c’è una via d’uscita, i conflitti interiori ed esteriori sono ancora risolvibili perché siamo all’interno del range della consapevolezza.

Tra il sesto e il settimo livello c’è un salto: perdiamo la consapevolezza e siamo sempre più scollegati sia da noi stessi che dalla realtà, bloccati in un labirinto di reazioni e illusioni ingannevoli. Fuori controllo, non siamo in grado di vedere le soluzioni alle nostre paure e conflitti, che aumentano di intensità, o a qualsiasi problema pratico che si presenti. Siamo solo in grado di reagire sempre più intensamente e di esercitare più pressione sull’ambiente esterno affinché risolvano i nostri problemi, non possiamo pensare ad altre soluzioni. La frangia morbosa rappresenta un profondo abbandono di noi stessi: qui si perde la possibilità di recupero, siamo nel patologico, nella totale inconsapevolezza, possono anche verificarsi comportamenti di autodistruzione.

La vita è in balia degli eventi e la gravità del malessere arriva a livelli psicotici. É la fase del “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

  • LIVELLI MORBOSI

7 – Livello del FALLIMENTO DELL’EGO
L’Ego ha preso il sopravvento, sensazione di non ritorno. Per sopravvivere è pronto a violare se stesso e gli altri. Offensivo e violento, svalutante e disperato (inizio di patologie serie)

8 – Livello dell’OSSESSIONE
L’Ego è fuori controllo e sconnesso dalla realtà e appaiono seri disordini della personalità)

9 – Livello della DISTRUZIONE
Patologie estreme, Psicosi, distruzione e auto-distruzione

L’Enneagramma dei tipi psicologici è la mappa che descrive nove tipi di personalità definiti Enneatipi.

I nove Enneatipi sono distribuiti sulla circonferenza a gruppi di tre, definiti triadi, che corrispondono alle tre intelligenze che caratterizzano la natura umana: istintiva, emotiva e mentale.

I vertici del triangolo (3, 6, 9) sono al centro di ogni triade e sono affiancati da due punti che appartengono all’esade.

Pertanto:

l’area dell’intelligenza istintiva comprende gli Enneatipo 8, 9, 1

l’area dell’intelligenza emotiva comprende gli Enneatipo 2,3,4

l’area dell’intelligenza mentale comprende gli Enneatipi 5, 6, 7

Come si formano gli Enneatipi?

Quando veniamo al mondo lo facciamo senza condizioni, e tutto il nostro carico genetico e biologico è al servizio della vita e del piacere in un naturale movimento di espansione. 

Claudio Naranjo spiega che il bambino sente prima di tutto un bisogno e subito la mancanza del suo soddisfacimento. Allora, crescendo, cerca di manipolare il suo ambiente per poter soddisfare il suo bisogno. Non è più guidato solo dal suo istinto naturale alla vita, ma dal reiterare una precoce strategia di adattamento che provoca in lui un movimento di contrazione, un progressivo irrigidimento dei comportamenti, come risposta reattiva di fronte alla frustrazione del bisogno.

In pratica, anziché sviluppare un sistema equilibrato di risposta agli stimoli della vita, ”mette il pilota automatico”, scegliendo comportamenti sempre più stereotipati e perdendo la flessibilità di rispondere creativamente nel presente. 

Questa tensione volta alla sopravvivenza genera inevitabilmente stati affettivi negativi avversi come Paura e ansia, Rabbia e collera, Tristezza e angoscia. Uno  di questi stati emotivi predomina e persiste durante tutto lo sviluppo.

Non sappiamo perché durante i primi mesi e anni di vita questo accada. Può darsi che lo sviluppo neurale favorisca la dominanza attivando una reazione emotiva e inibendo le altre. Certamente si attiva quel processo che abbiamo descritto come la caduta: ci disconnettiamo dalla nostra Essenza, proviamo paura e indossiamo la “maschera” che ci aiuta ad adattarci. Quando ci rivediamo con la “maschera” ci disconnettiamo nuovamente e così via.

In realtà l’Enneatipo è un meccanismo di difesa che sviluppiamo durante l’infanzia per proteggerci dal presunto rifiuto da parte dei genitori. Esso garantisce l’accettazione dei genitori ed la sua origine è inconscia, così come lo è la sua influenza.

Ad ogni Triade, o Centro di intelligenza, appartengono tre Enneatipi: 

Gli Enneatipi 8-9-1 appartengono al centro dell’Istinto e sono definiti tipi di “Pancia 

Gli Enneatipi 2-3-4 appartengono al centro dell’Emozione e sono definiti tipi di “Cuore 

Gli Enneatipi 5-6-7 appartengono al centro del Pensiero e sono definiti tipi di “Testa 

Sebbene i tre centri debbano funzionare in modo fluido per rispondere alle diverse situazioni che la vita ci pone, ognuno di noi è condizionato da un centro in misura maggiore.

La triade dell’istinto

I tipi Otto, Nove e Uno cercano di resistere alla realtà. Questi tipi tendono ad avere problemi di aggressività e repressione; sotto le difese del loro ego nascondono moltissima rabbia.

La triade del sentimento

I tipi Due, Tre e Quattro sono interessati alla loro immagine. Credono che le storie su di loro e le loro presunte qualità siano la loro vera identità; sotto le difese del loro ego nascondono moltissima tristezza e vergogna.

La triade del pensiero

I tipi Cinque, Sei e Sette tendono all’ansia (sperimentano mancanza di sostegno e guida). Si abbandonano a comportamenti che ritengono possano migliorare la loro sicurezza; sotto le difese del loro ego nascondono moltissima paura.

 

In ogni triade, uno dei tipi esprime l’emozione caratteristica, un altro tipo la sopprime, e il terzo, quello centrale, è quello maggiormente fuori contatto.

I tipi che si collocano alle estremità sono anche influenzati dalla tendenza di fondo della triade adiacente.

Possiamo anche vedere come queste triadi siano organizzate in base a tre bisogni fondamentali.

L’adeguata soddisfazione dei bisogni fondamentali è estremamente importante per uno sviluppo sano e nessuno di questi bisogni è “migliore” o più “prezioso” degli altri due. L’Enneagramma afferma che in passato uno di questi tre bisogni è diventato un “problema” particolare per il bambino. Da questo “problema” si sviluppò il modello caratteriale corrispondente, come “soluzione di emergenza” a ciò che si stava vivendo in quel momento.

  • I tre bisogni fondamentali sono:

Per la triade dell’istinto 8,9,1 il bisogno di autonomia.

Avere un chiaro senso di sé, affermarsi e imporsi. Difendersi dagli attacchi al proprio territorio. Sentire impulsi vitali a muoversi e sperimentarli. Rispondere spontaneamente con reazioni istintive “di pancia” alle situazioni esterne.

La domanda che nasce da questa esigenza è: chi sono io e chi sei tu? Quale spazio è mio e quale è tuo?

L’energia della triade dell’istinto abbraccia tutti quegli impulsi vitali e istintivi che ci aiutano ad affermare il nostro territorio, come la rabbia.

È l’energia dello stomaco. Il focus qui è il POTERE.

Per la triade emotiva 2,3,4 il bisogno di relazione.

Sentirsi amati e amare. Coltivare l’amicizia, la cura, l’interesse per gli altri. La comprensione reciproca e il “buon contatto”.

Questa esigenza del “cuore” solleva una domanda: con chi sono in relazione e come avviene la nostra comunicazione?

L’energia della triade emotiva abbraccia quelle qualità emozionali che contribuiscono a relazionarci con gli altri e con le quali ci sentiamo uniti agli altri.

È l’energia del cuore. Il focus qui è l’AMORE nel suo senso più ampio.

Per la triade mentale 7,6,5 il bisogno di sostegno e sicurezza.

Sentirsi al sicuro dove ci si trova. Mantenere le cose in prospettiva. Chiarezza e sicurezza sono importanti. I sensi sono attivi per scannerizzare l’ambiente circostante. Da questa esigenza nasce la domanda: dove mi trovo veramente? Questo è un posto sicuro per me?

L’energia della triade mentale Ingloba le funzioni di percezione e pensiero di cui abbiamo bisogno per orientarci e sentirci sicuri.

È l’energia della testa. Il focus qui è il SAPERE.

Qualunque sia il tipo di personalità, ognuna delle triadi rappresenta un ventaglio di possibilità o funzioni essenziali che la persona ha bloccato o distorto perché si è ritrovata disconnessa dalla propria essenza, limitandosi a localizzare la propria energia vitale in una e soltanto una delle triadi. Ogni enneatipo sostituisce quella qualità bloccata con una sua imitazione, sviluppata dalla personalità stessa.

Paradossalmente, se un tipo di personalità rientra nella triade dei sentimenti, ciò non significa che abbia più sentimenti degli altri, ma al contrario che questa è la componente della psiche meno capace di funzionare liberamente. Lo stesso accade nelle triadi istintiva e del pensiero.

Senza ombra di dubbio, la chiave per lavorare con l’Enneagramma è bilanciare i tre Centri.

11° PUNTATA

LA  TRIADE DELL’ISTINTO

Quando perdiamo il contatto con la nostra Essenza, la personalità cerca di “riempire” il vuoto fornendo un falso senso di “essere” qualcosa o qualcuno, una struttura artificiale che chiamiamo “il nostro Io”, separata da tutto il resto dai cosiddetti limiti dell’ego. 

Così, noi ci sentiamo limitati, circoscritti, separati da ciò che è esterno al nostro corpo fisico (limite verso l’esterno) ma anche da ciò che consideriamo interno a noi, tipicamente i nostri pensieri o sentimenti (limite verso l’interno).

Il centro viscerale o l’intelligenza dell’istinto, o somatica: fornisce la capacità di rispondere istintivamente e AGIRE con l’energia del nostro patrimonio animale. Allora la priorità diventa mantenere un senso di sé presente, integro, autonomo, indipendente. 

Questo centro ci fornisce l’attitudine a difendere i nostri spazi e a proteggere coloro che dipendono da noi, di lottare contro le invasioni, di mostrare la nostra forza ed energia, di muoverci per procurarci il cibo e prenderci cura di noi stessi. Ci dona anche energia sessuale, poiché il centro viscerale è al servizio della vita e del suo mantenimento. 

È l’intelligenza viscerale che ci consente di digerire la vita. Corrisponde al Cervello Rettiliano e al gruppo degli strumenti a percussione.  

In questo centro siamo attenti al presente.

Per coloro che appartengono a questa triade la prima reazione ai problemi e alle difficoltà è viscerale. Si sentono attaccati dagli altri e dalle cose che accadono. Quello che dicono e fanno gli altri li infastidisce e li fa infuriare. Vogliono essere indipendenti, liberi di fare a modo loro. Non vogliono nessuno che dica loro cosa fare. Sono molto suscettibili, vivono sulla difensiva e a volte si reprimono per non entrare in conflitto. Rabbia, aggressività, irritazione, repressione, rabbia e cattivo umore di solito li invadono.

Per esempio, una persona potrà sperimentare la rabbia come parte di sé, come qualcosa che le appartiene, mentre un’altra considera la rabbia qualcosa di lontano da sé.

Gli Otto, Nove e Uno sperimentano questi limiti utilizzando la loro volontà per influenzare il mondo senza essere influenzati da esso. Influenzare il loro ambiente, esterno e interno, significa ripararlo, controllarlo, frenarlo, resistendo, in modi diversi, all’influenza della realtà, allo scopo di creare una sensazione di integrità e autonomia ed erigendo un “muro” tra ciò che considerano “io” e ciò che considerano “non io”. Ecco perché si parla in questa triade di autoesclusione.

DIREZIONE DEI LIMITI DELL’EGO NELLA TRIADE DELL’ISTINTO

Negli OTTO, il limite dell’ego è principalmente rivolto verso l’esterno, CONTRO l’ambiente; il centro dell’attenzione è esterno e la loro vitalità si espande nel mondo. Nulla deve avvicinarsi troppo e ferirli, il loro atteggiamento verso la vita dichiara: “Nulla mi dominerà. Nessuno penetrerà le mie difese per ferirmi. Starò in guardia”.

Negli UNO, il limite dell’ego è principalmente rivolto verso l’interno, CONTRO i loro impulsi interiori, gli aspetti di sé che non approvano o di cui diffidano, che li turbano e da cui vogliono difendersi. Vogliono impedire che certi impulsi inconsci affiorino alla coscienza. È come se dicessero: “Io non voglio questo sentimento. Io non voglio avere questa reazione né questo impulso”.

 

Nei NOVE, il limite dell’ego è rivolto CONTRO le presunte “minacce” interne ed esterne. Internamente, proteggono il loro equilibrio da sentimenti e stati che potrebbero alterarlo, erigendo “il muro” contro gli aspetti di se stessi, reprimendo pulsioni istintive ed emozioni, come gli Uno. Ma si tengono all’erta anche contro il mondo esterno per non essere feriti, come gli Otto. Resistono alla realtà su due “fronti” perché “Nulla deve minacciare la mia pace”.

Le persone viscerali normalmente sono descritte come persone impulsive; nella visione dell’Enneagramma diciamo che sono viscerali perché confidano principalmente sulle loro sensazioni come strategia di sopravvivenza e per relazionare con gli altri. Si attivano prevalentemente con l’emozione della RABBIA. La rabbia non si trasforma necessariamente in un comportamento aggressivo.

Gli Otto esprimono la loro rabbia

I Nove negano la loro rabbia

Gli Uno reprimono la loro rabbia.

La funzione della rabbia è quella di essere una difesa contro la sensazione del bambino di non avere lo spazio necessario per svilupparsi completamente secondo la sua Essenza, un modo per dire agli altri: “Allontanati da me, voglio avere il mio spazio. Voglio e ho bisogno di essere completo e indipendente!”. Ma da adulti continuiamo a sentire il bisogno di proteggere il nostro “spazio personale”, anche nel caso in cui nulla lo minacci.

L’Enneatipo 8 è il più originariamente viscerale, la rabbia è il suo carburante, vi entra ed esce facilmente, per lo più senza strascichi emotivi e morali e senza grandi sensi di colpa. Per questa personalità la vita è una lotta, la rabbia la sua arma più immediata, sempre disponibile. Nulla deve avvicinarsi troppo e ferirlo.

L’Enneatipo 9 è il paladino della pace e tiene la rabbia sotto il tappeto. Non la vuole né vedere né sentire e vi accede solo quando è esasperato: essendo una persona che non vuole lasciarsi coinvolgere nella vita emotiva e problematica degli altri per non essere costretto ad affrontare la sua peggior paura, il conflitto, utilizza la rabbia come un vero strumento di sopravvivenza. “Nulla deve minacciare la mia pace”.

L’Enneatipo 1 utilizza la rabbia per porsi i propri limiti, per auto controllarsi e auto regolarsi, per comprimere quelle pulsioni istintuali che il suo giudice interiore considera inadeguate e pericolose. Pertanto può sembrare viscerale in qualche occasione, ma di una viscerale strano, perché non cerca la soddisfazione, ma la repressione. Può essere una risposta di rifiuto di fronte a qualcosa che lo tenta molto. È come se dicesse: “Io non voglio provare questo impulso né avere questa reazione”. La sua rigida coscienza è guidata da un’implacabile critico interiore.

Possiamo osservare i tipi viscerali nei loro aspetti sani e meno sani, secondo la teoria dei livelli di consapevolezza

OTTO: Gli Otto sani possiedono forza, vitalità e intuizione rispetto agli aspetti positivi di situazioni e persone, un’immensa fiducia in se stessi, coraggio e capacità di leadership per inspirare gli altri ad ottenere grandi risultati.

I meno sani, invece, hanno un atteggiamento di dominio e aggressione, sono troppo impulsivi e perseguono il loro bisogno di controllo e soddisfazione senza troppi riguardi per le conseguenze, arrivando a comportarsi come bulli e tiranni, abbattendo senza pietà chiunque e qualsiasi cosa si interponga sul loro cammino.

NOVE: I nove sani sono aperti, empatici, così centrati da restare calmi anche quando gli altri reagiscono istericamente, ricettivi, ottimisti, sereni e rassicuranti per gli altri, capaci di creare un’atmosfera armoniosa per tutti.

I meno sani, invece, si scollegano dalla realtà, dagli altri e dall’ambiente, ma anche da se stessi, dalla loro profondità. Pur di mantenere la loro tranquillità, possono anche idealizzare troppo gli altri, che siano persone, situazioni o concetti. Ciò che è reale e concreto rappresenta una minaccia a prescindere, e al loro peggio diventano pericolosamente fatalisti e trascurati, disperatamente aggrappati alle loro illusioni sulla realtà.

UNO: Gli uno sani sono imparziali, capaci di agire con saggezza e convinzione, sono ragionevoli, imparziali e coscienziosi, guidati dai principi e dalla chiara comprensione di ciò che è giusto e sbagliato.

I meno sani, invece, controllano troppo sentimenti e istinti, lottano per niente meno dell’assoluta perfezione, incapaci di accettare qualcosa per com’è dal momento che potrebbe essere migliore. Al loro peggio sono intolleranti e ipocriti, ossessionati dalla corruzione degli altri mentre ignorano la propria.

12° PUNTATA

TRIADE DEL SENTIMENTO

Quando teniamo chiuso e bloccato il cuore, perdiamo il contatto con la nostra Essenza, che è Amore, e non ci sentiamo amati né apprezzati. Questa perdita è insopportabile e la personalità crea una identità sostitutiva e cerca di “riempire” il vuoto con altre cose che ci diano la sensazione di essere amati, cioè l’attenzione e l’apprezzamento da parte degli altri. 

L’interesse principale qui è l’immagine, una falsa identità e l’identificazione con essa, che viene presentata agli altri e contemporaneamente a se stessi, nella speranza di attirare l’amore, l’attenzione, l’approvazione e la sensazione di valore.

Il centro emotivo o l’intelligenza del cuore o emozionale offre la capacità di SENTIRE, di donarsi amorevolmente alle persone e alle cose che contano. Riguarda l’amore, l’empatia, la connessione con l’altro, la compassione, la tenerezza, ci spinge a cercare l’amore e l’ammirazione degli altri, a sentirci male se ci dimenticano o ci ignorano. 

Ci incoraggia a fare ciò che è necessario per attrarre e piacere, e a mantenere legami e relazioni sociali. È un’intelligenza del cuore che ci consente di vibrare la vita. Corrisponde al Cervello Limbico e al gruppo degli strumenti a corda. 

In questo centro siamo orientati verso il passato.

Per coloro che appartengono a questa triade la prima reazione ai problemi e alle difficoltà è emotiva. Tra le altre strategie, sviluppano un’immagine falsa per compiacere gli altri. Il loro obiettivo più grande è essere accettati e amati dalle persone con cui si relazionano. 

Questo è il motivo per cui fa loro male che non li prendano in considerazione, perché hanno bisogno che gli altri apprezzino la loro compagnia. E li rattrista che i loro risultati non siano lodati o riconosciuti. 

A loro non piace passare inosservati e se accade, cadono nelle grinfie della tristezza, della disperazione, della dipendenza emotiva, malinconia, delusione e la sensazione di fallimento, che rivela la tua mancanza di autostima.

DIREZIONE DELLA PROPRIA IMMAGINE NELLA TRIADE DEL SENTIMENTO

Il tipo DUE cerca il suo valore nella buona opinione degli altri, offrendo energia e attenzione, gesti di amicizia, aiuto e bontà, al fine di rafforzare la sua autostima. Vuole essere desiderato e considerato indispensabile. L’attenzione è verso l’esterno, verso i sentimenti degli altri, ha difficoltà ad ascoltare e conoscere i propri. Si sente spesso sottovalutato, ma nasconde l’ostilità che gli provoca quella sensazione.

Il tipo QUATTRO è l’opposto: energia e l’attenzione sono diretti verso l’interno per mantenere un’immagine basata su sentimenti, fantasie e storie del passato, sull’essere originale e diverso dai comuni mortali. Genera e alimenta stati d’animo intensi o sbalzi di umore che attirino l’attenzione, e per questo non percepire i suoi stati d’animo veri, del momento. Vittima e prigioniero del suo passato, è convinto che non si libererà mai dalle conseguenze di tutte le tragedie e gli abusi che ha subito, attirando non solo l’attenzione ma anche la pietà e, di conseguenza, la sensazione di esistere.

Nel tipo TRE attenzione ed energia sono rivolti sia all’interno che all’esterno. Come il Due, ha bisogno di reazioni, pareri positivi e valorizzazione da parte degli altri, che cerca però di ottenere mediante i successi, cercando nella sua realtà modelli di persone di valore, e cercando di essere quella persona. Ma per costruire e alimentare un quadro interno di sé coerente, si dedica anche alla conversazione con se sesso, come il Quattro. Corre il rischio di “credere alla sua stessa propaganda”, più che alla sua vera identità.

Quando abitualmente diciamo che una persona è molto emotiva parliamo di una persona che si esprime sempre attraverso le emozioni, sia nella su vita interiore che nei rapporti con gli altri. Dal punto di vista dell’Enneagramma, invece, si intende una persona che confida maggiormente nel suo centro emotivo per sopravvivere e relazionarsi con il mondo e la cui emozione caratteristica è la TRISTEZZA. 

I due reprimono la tristezza, manifestando le emozioni positive e reprimendo quelle negative.

I tre sono fuori contatto con la tristezza, tentano di isolarla, di non percepirla, per non pregiudicare l’efficienza e per fare una buona impressione sugli altri.

I quattro sono maggiormente in contatto con la tristezza e in generale con tutte quelle emozioni che consentono loro di esprimere la loro sofferenza.

L’Enneatipo 2 percepisce la tristezza; tuttavia fa di tutto per trasformarla in allegria. Quanto più dentro si sente triste, tanto più fuori sembra contento. La tristezza allontana le persone, l’allegria le avvicina; per un due, che fa dell’apprezzamento e dell’amore degli altri la sua ragione di vita, la tristezza è sicuramente la strategia di sopravvivenza peggiore in assoluto. Offre energia e attenzione, gesti di cura, aiuto e generosità, al fine di rafforzare la sua immagine di persona buona e disponibile, fino al limite del sacrificio.

L’Enneatipo 3 si disconnette dalla tristezza e pur di non sentirla finisce con il disconnettersi da tutte le altre emozioni e sentimenti, tenta di isolarli, di non percepirli, per non pregiudicare l’efficienza e per fare una buona impressione sugli altri e offrire l’immagine di persona efficiente e di successo. Si pone mete concrete che devono essere raggiunte ad ogni costo, pertanto emozioni, sentimenti e relazioni intime sono visti come ostacoli nella sua corsa al risultato.

L’Enneatipo 4 è senz’altro lo stereotipo della persona emotiva: i suoi stati interiori influenzano la sua personalità e l’emozione della tristezza è vissuta ed espressa sia interiormente che esteriormente. È una persona che non nega il dolore, anzi, lo vive come un elemento indispensabile della vita. Il dolore la fa sentire viva, profonda, diversa dagli altri ed è coerente al mantenere un’immagine di persona originale e diversa dai comuni mortali. 

Gli emotivi sono i più preoccupati della loro “ferita narcisistica”, vale a dire, di non essere stati apprezzati nella loro infanzia, conservando anche da adulti la paura di essere in realtà vuoti e non valere nulla. Così, sostituiscono quello che sono con una immagine, come per dire al mondo: “Questa immagine sono io. Ti piace, vero?” È possibile che gli altri li approvino, ma fino a quando si identificano con la personalità, ci sarà sempre qualcosa di più profondo che non viene nemmeno considerato.

Interessanti le dinamiche relative al tema della “salvezza”. 

I Due acquistano un senso di valore dicendo, “So di valere, perché gli altri mi amano e mi apprezzano. Faccio del bene agli altri e loro mi sono riconoscenti”; sono i salvatori. 

I Quattro sono i salvati, e si dicono, “So che valgo perché sono unico, diverso da tutti gli altri. Sono speciale perché qualcuno si fa carico di salvarmi; qualcuno si prende il disturbo di preoccuparsi della mia afflizione, il che significa che me lo merito”. 

I Tre sono i modelli di coloro che non hanno bisogno di essere salvati, come a dire: “Io so che valgo perché realizzo le cose, non ho nulla di sbagliato. Valgo in conseguenza di ciò che faccio”. Nonostante i loro metodi individuali per “rafforzare l’autostima,” a questi tre tipi manca l’amore per se stessi.

Possiamo osservare i tipi emotivi nei loro aspetti sani e meno sani, secondo la teoria dei livelli di consapevolezza

DUE: I Due sani, compassionevoli, generosi, amabili e solleciti, nutrono sentimenti positivi per gli altri e fanno di tutto per servire la gente. 

I meno sani sono possessivi, controllanti e bisognosi, ma non sono capaci di esprimere i loro bisogni direttamente. Vogliono essere amati, ma si intromettano troppo nella vita degli altri. Al loro peggio ingannano se stessi sui loro sentimenti negativi, vogliono che gli altri li vedano come amabili e buoni tutto il tempo persino quando manipolano le persone e agiscono egoisticamente.

TRE: I Tre sani sani, dotati di un’alta autostima, vogliono migliorare se stessi, sanno come fare la cosa migliore in molte situazioni, sono davvero ammirevoli e motivano gli altri a desiderare di essere come loro. 

I meno sani, invece, sopprimono i loro sentimenti in nome dell’efficienza e dell’affermazione e vogliono rendere gli altri come loro. Al loro peggio diventano ostili ed maligni se non ottengono l’attenzione e l’ammirazione che desiderano.

QUATTRO: I quattro sani sono consapevoli di sé e intuitivi, sanno comunicare i loro sentimenti e facilitano la presa di coscienza degli altri. 

I meno sani, invece, sono troppo centrati sui loro sentimenti, soprattutto quelli negativi, si allontanano e vivono nella loro immaginazione. Al loro peggio sono depressi e alienati dagli altri, tormentati dai dubbi e dall’odio verso se stessi. 

13° PUNTATA

TRIADE DEL PENSIERO

Mentre ai tipi della triade dell’istinto interessa opporsi agli aspetti del presente, e i tipi della triade del sentimento sono orientati verso il passato, i tipi della Triade del pensiero sono più preoccupati per il futuro, come a chiedersi: “Che ne sarà di me? Come farò a sopravvivere? Come prepararsi per evitare che accadano cose spiacevoli? Come andare avanti nella vita? Come cavarmela?”.

La triade del pensiero si è scollegata dall’Essenza e ha perso il contatto con la mente calma, la fonte di orientamento interiore che ci dà la capacità di percepire la realtà così com’è e guida la nostra azione. Ma nella maggior parte di noi la mente è una chiacchierona, nella personalità, la mente non è calma e non “sa” naturalmente; cerca senza sosta di elaborare qualche strategia o formula per cavarsela in un mondo di cui ha soprattutto paura. 

Il centro intellettuale o l’intelligenza della ragione o cognitiva offre la capacità di pensare e analizzare le situazioni in modo obiettivo, di essere interessati a come sono le cose in realtà, al di sopra delle false apparenze. 

I valori sono la visione, l’intuizione, la curiosità, le opinioni, il dialogo interiore, la fiducia, la sicurezza, ci incoraggia a prevenire le difficoltà per evitarci problemi e ci incoraggia a pensare e pianificare, considerando i “pro” e i “contro” prima di agire. 

È l’intelligenza razionale che ci permette di vedere la vita. Corrisponde alla Neo Corteccia e al gruppo degli strumenti a fiato. In questo centro siamo preoccupati per il futuro. 

Per coloro che appartengono a questa triade la prima reazione ai problemi e alle difficoltà è mentale. Tra le altre preoccupazioni, hanno paura di passare un brutto momento, di soffrire. Li spaventa non essere in grado di superare sfide e avversità, essere sopraffatti e traditi dagli altri, non essere in grado di controllare o prevedere cosa accadrà. 

Cercano supporto e guida per sentirsi sicuri e fiduciosi ed essere in grado di affrontare meglio l’incertezza. E spesso sono vittime di paura, ansia, confusione, codardia, sfiducia, indecisione e insicurezza.

DIREZIONI DELLA “FUGA DALLA PAURA” NELLA TRIADE DEL PENSIERO

Il tipo CINQUE si ritira dalla vita e riduce le sue esigenze, fragile e incapace di  sopravvivere nel mondo senza il sostegno della conoscenza e quindi della sua mente. Si sente inadeguato a soddisfare le esigenze della vita pratica fino a quando non avrà imparato e padroneggiato una qualche abilità che gli permetta di sentirsi abbastanza sicuro per uscire dalla tana.

Il tipo SETTE affronta la vita e sembra non avere paura di nulla con spirito di avventura. Sembra strano, ma solo perché la loro paura non è del mondo esterno, ma del loro mondo interiore, di essere intrappolati nel dolore emotivo, nell’afflizione e, soprattutto, nell’ansia. Quindi fuggono immergendosi nelle attività e nella programmazione, cercando di tenere la mente occupata in modo che non affiorino ansie e dolori sotterranei.

Il tipo SEI ha paura sia del suo mondo interiore che del mondo esterno. All’interno è angustiato, si lancia nell’attività esterna e nell’attesa del futuro, come il Sette. Ma alla fine ha paura di sbagliare e di essere punito o sopraffatto da persone o circostanze, e come il Cinque, si ritira in se stesso. Ma  spaventato dai suoi sentimenti si ritrova a combattere con l’ansia, saltando dentro e fuori se stesso come una pallina da ping-pong.

Quando parliamo di una persona molto mentale da un punto di vista colloquiale, ci riferiamo a una persona molto razionale e analitica. Ma gli Enneatipi 5, 6 e 7 non corrispondono tutti a questa definizione, perché ciascuno di loro utilizza la mente in modo diverso. Essi “funzionano” dal loro centro mentale nel senso che scelgono il pensiero come strategia per sopravvivere e per relazionarsi con il mondo esterno.

L’emozione che attivano è la PAURA (ANSIA), che li aiuta a restare all’erta rispetto agli accadimenti della vita e a cercare di prevedere il futuro.

Nel cinque la capacità di pensare è sovra-espressa: il pensiero prevale, pensieri sempre più complessi occupano le loro menti, e hanno paura di provare emozioni ed esserne influenzati (triade adiacente).

Il sei è il più fuori contatto con i suoi pensieri, costantemente in cerca di conferme su ciò che pensa e di cui lui stesso dubita, facile preda di pensieri circolari.

Nei sette i pensieri sono lasciati a metà, non li finiscono, incalzati da altri  sempre nuovi, perché si concentrano sull’attività (triade adiacente), sull’anticipare ciò che faranno dopo, domani, l’anno prossimo.

L’Enneatipo 5 è il più mentale di tutti, nel senso tradizionale del termine. Il pensiero prevale, pensieri sempre più complessi occupano la sua mente, ha paura di provare emozioni ed esserne influenzato. Si ritira dalla vita riducendo le sue esigenze, diffidando delle persone e aggrappandosi al sostegno della conoscenza. Non sa affrontare la vita pratica, si sente minacciato dalle richieste altrui e al sicuro nella sua tana, nel suo mondo interiore.

L’Enneatipo 6 invece è sopraffatto dall’ansia che gli impedisce di pensare con chiarezza. Costantemente in cerca di conferme su ciò che pensa e di cui lui stesso dubita, facile preda di pensieri circolari. A volte sembra eccessivamente razionale, a volte eccessivamente impulsivo, a volte molto coerente, a volte per nulla coerente. A volte è lo stereotipo della paralisi per eccessiva analisi, a volte reagisce all’ansia in modo spavaldo e rischioso, e non sembra per nulla una persona mentale. Ha paura di sbagliare e di essere punito o sopraffatto da persone o circostanze e ha problemi con la fiducia, sia verso se stesso che verso gli altri.

L’Enneatipo 7 è tra i tre il più impulsivo, quello che dà meno peso all’analisi; essendo così ottimista e volendo vedere solo il lato positivo della vita, passa immediatamente all’azione, convinto che le cose andranno comunque a finire bene. Il pensiero è lasciato a metà, sempre nuovi pensieri incalzano, anticipano ciò che faranno in un futuro vicino o lontano. Teme il suo mondo interiore, essere intrappolato nel dolore emotivo, nell’afflizione e, soprattutto, nell’ansia e nella noia. Fugge nelle attività e nella programmazione, cercando di tenere la mente occupata in modo che non affiorino ansie e dolori sotterranei.

Possiamo osservare i tipi di pensiero  nei loro aspetti sani e meno sani, secondo la teoria dei livelli di consapevolezza

CINQUE: I cinque sani sono percettivi, sempre ben informati su qualche aspetto del loro ambiente,  brillanti, originali, inventivi e risolutori di problemi.

Gli altri, invece, preferiscono pensare e immaginare piuttosto che realizzare, vagano nei meandri delle loro menti sprecando le loro vite. Al loro peggio, i cinque  sono talmente isolati dalla realtà da crearsi più problemi di quelli che risolvono, ormai incapaci di distinguere il reale dall’irreale, il vero dal falso.

SEI: sei sani sanno pensare con metodo e prevedere potenziali problemi. Agiscono per il bene comune, sono impegnati, leali e fidati, e cercano nel mondo persone simili a loro.

Gli altri, invece, si affidano troppo ad una figura di autorità o sistema di credenze che dica loro cosa devono fare. Fondamentalmente insicuri, la mancanza di consenso e sostegno da parte dell’autorità li mette in crisi, e altalenano tra la fedeltà incondizionata e la ribellione, a seconda che siano fobici o controfobici. Al loro peggio sono succubi del loro senso di inferiorità,  e possono mettere in atto comportamenti autodistruttivi.

SETTE: I sette sani hanno menti veloci e avide menti, sono entusiasti ed esuberanti, sanno realizzarsi in molte diverse attività, anche contemporaneamente.

Le menti degli altri, invece, sono estremamente irrequiete, saltano da un tema all’altro, non completano le esperienze, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di qualcosa di più, con la sensazione costante di stare perdendo qualcosa di piacevole. Al loro peggio, egocentrici, evasivi, dissoluti, impulsivi, fuori controllo.

14° PUNTATA

PAURE E SOFFERENZE PRIMARIE

Ogni tipo di personalità ha una sofferenza principale. La riconosciamo nel modo in cui scegliamo inconsapevolmente di comportarci fin da bambini come reazione all’ambiente e agli stimoli esterni, attribuendo alla struttura della personalità una caratteristica specifica, quella che noi crediamo ci proteggerà dalle sofferenze e ci permetterà di sopravvivere di fronte alle difficoltà della vita. 

Stiamo parlando di sintomi della nostra sofferenza e modalità di reazione alla nostra paura primaria, quella che più di ogni altra fin da piccoli ci terrorizza e ci condiziona. Stiamo solo cercando di placare questa sofferenza, di esorcizzare questa paura, cercando di trovare un modo di tornare indietro a ciò che pensiamo di aver perso, alle nostre qualità essenziali. 

In generale, autorevoli autori concordano sul fatto che la paura primaria derivi dalla disconnessione con la nostra natura essenziale.

Tra gli altri Roberto Pérez individua per ogni enneatipo una paura costitutiva che lo accompagna per tutta la vita, come l’ombra di Peter Pan.

Nella sua visione, l’anima di ogni essere umano si trova, prima di incarnarsi, in uno stato di luce.

Qui l’anima percepisce uno stato celestiale che la circonda di Presenza, Amore e Protezione.

Quando attraversa i confini ed entra nella realtà del tempo e dello spazio, nel ventre materno, l’anima porta con sé la coscienza di questo stato paradisiaco. Ma cosa accade al momento della nascita? 

Ogni bambino che nasce vive un’esperienza forte: prima di percepire che sta vivendo, sente che sta morendo, che sta lasciando quel meraviglioso mondo da cui proviene. Noi tutti acquisiamo la coscienza della morte al momento stesso della nascita.

Nei primi sette anni di vita il bambino conserva la sensazione che quando viene separato dalla madre sta morendo. Questa sensazione si produce per quei sette anni ogni volta che la mamma, ma anche il papà, che sono il vincolo affettivo primario, si allontanano. È la prima paura: della distanza, dell’abbandono, di morire.

Qui accade qualcosa di trascendente: nel bambino interiore, che è un luogo interiore, un’area della coscienza molto profonda nella quale rimangono impresse le esperienze più rilevanti della nostra vita affettiva, si produce una ferita che ci condiziona per il resto della nostra vita.

Questa ferita lascia un’impronta nella nostra personalità e produce una paura; quando l’ego comincia a strutturarsi, per difenderci da questa paura elabora delle strategie, dei meccanismi di difesa.

Tre sono le paure principali, che poi si svilupperanno in altre paure più raffinate, alimentandosi l’una con l’altra: essere abbandonati, essere rifiutati, essere aggrediti.

Tornando alla visione di Don Riso e Russ Hudson, le paure primarie, fonte di sofferenza per ogni enneatipo sono:

8 – Essere prevaricato, danneggiato, tradito, vittima di violenza e ingiustizia perché debole, fragile e vulnerabile.

9 – Molestare o infastidire per doversi imporre o farsi ascoltare ed essere per questo escluso o ignorato.

1 – Essere cattivo, corrotto, perverso per il fatto di non tenere a bada i suoi impulsi, desideri e istinti. Si pongono sempre l’asticella alta.

2 – Essere indegno di amore, essere considerato egoista se antepone i suoi bisogni a quelli degli altri.

3 – Essere disprezzabile, mancare di valore, non piacere, non eccellere, non essere attraente, non impressionare.

4 – Mancare di identità, non essere importante, non essere visto e compreso, essere ignorato e abbandonato.

5 – Essere sopraffatti e svuotati dai bisogni emotivi propri e degli altri, essere invasi, perdere la lucidità.

6 – Mancare di supporto, di orientamento, non potersi fidare di nessuno, non sapersela cavare da soli nella vita.

7 – Mancare di nutrimento, morire di fame e di dolore.

 

Il fatto che i nostri problemi sorgano nell’infanzia non deve in alcun modo farci colpevolizzare i nostri genitori.

Tra le teorie proposte dagli ambienti spirituali dell’Enneagramma sull’impatto dell’ambiente e dei nostri genitori nella formazione del nostro enneatipo, una in particolare ipotizza che l’enneatipo sia innato e che rappresenti il nostro cammino di vita su questa terra.

In base al progetto della nostra anima e alle sfide che dobbiamo affrontare per imparare ed evolverci, ci troveremo nel luogo e nel tempo perfetti per fare queste esperienze ed incontreremo le difficoltà adatte ad aiutarci in questo cammino.

Ognuno di noi si relaziona con genitori che a loro volta appartengono ad un certo enneatipo e che, a loro volta, stanno facendo un cammino. Dalle interrelazioni tra genitori e figli in base ai loro rispettivi enneatipi nascono allora le esperienze famigliari che contribuiscono all’evoluzione di ciascun membro della famiglia.

Ecco perché non è salutare attribuire alle famiglie la colpa dei nostri problemi personali nella vita, ma è importante piuttosto riconoscere come abbiamo vissuto le dinamiche famigliari allo scopo di ampliare la conoscenza di noi stessi.

Colpevolizzare gli altri, per quanto male crediamo ci abbiano fatto, è una forma di chiusura e di de-responsabilizzazione che non ci porta da nessuna parte. Ciascuno di noi ha la responsabilità di considerare il passato come uno strumento di conoscenza e di saggezza e di avviare il suo cammino di crescita personale.

15° PUNTATA

I MECCANISMI DI DIFESA

Il nostro Enneatipo rivela i meccanismi con i quali reagiamo alla disconnessione dalla nostra Essenza e alle paure e sofferenze che questa produce.

La personalità sviluppa difese e compensazioni rispetto alle sofferenze percepite durante l’infanzia. Senza rendercene conto ci specializziamo in un repertorio limitato di strategie e comportamenti che ci permettono di andare avanti e sopravvivere nell’ambiente nei primi anni della nostra esistenza.

Il paradosso è che, come abbiamo visto nella storia della caduta, man mano che le difese e le strategie della nostra personalità si vanno strutturando, ci disconnettono sempre di più dalla nostra esperienza diretta della nostra parte più autentica, l’Essenza. 

La conseguenza è che la personalità diventa la fonte dell’identità e che il nostro senso di noi stessi si basa sempre più sulle immagini interne, i ricordi e i comportamenti appresi e non sull’espressione spontanea della nostra natura.

La sensazione di distacco dall’Essenza genera a sua volta una sensazione di vuoto e carenza e la convinzione che qualcosa di fondamentale manchi o sia sbagliato in noi. Tutte le strategie difensive e i meccanismi di difesa della personalità sono fondamentalmente diretti contro questa esperienza carente di sé.

Claudio Naranjo ha rielaborato lo studio dei meccanismi di difesa collocandoli all’interno della “psicodinamica esistenziale” dei nove tipi fondamentali di personalità o enneatipi. 

In questo orizzonte di interpretazione psico-spirituale, i meccanismi di difesa sono visti come tentativi falliti del Sé di compensare sia la sua originaria disconnessione con l’Essere, sia la sofferenza che ne consegue.

Da un punto di vista concreto, i meccanismi di difesa sono i principali strumenti che la personalità utilizza per evitare di contattare la sua paura più importante e fonte di sofferenza. Alcuni autori parlano anche di evitamenti.

Vediamo in sintesi i meccanismi di difesa dei nove enneatipi; dalle descrizioni risulta molto chiaro cosa evitano.

Gli Otto usano la negazione e/o la desensibilizzazione per evitare la debolezza e mantenere la propria auto-immagine di persone forti e potenti, rinunciando ad amarsi e a ricevere amore dagli altri. 

I Nove usano la narcotizzazione per evitare il conflitto e mantenere la propria auto-immagine di persone pacifiche, comode e armoniose. 

Gli Uno usano la formazione reattiva quando un qualsiasi stato, emozione o pensiero appare pericoloso da sentire o esprimere; esso viene separato dalla coscienza e sostituito da un’emozione opposta (anche esageratamente opposta) e accettabile. Per esempio, una persona è molto arrabbiata ma si mostra estremamente tranquilla e gentile, ostentando tutto il contrario di quello che è, e in modo credibile. 

I Due usano la repressione delle proprie richieste per negare di avere bisogno e mantenere la propria auto-immagine di aiutanti disponibili.

I Tre usano l’identificazione per evitare il fallimento e mantenere la propria auto-immagine di persone di successo.

I Quattro usano l’introiezione per evitare l’ordinarietà e mantenere la propria auto-immagine di persone autentiche, speciali e differenti che meritano di essere accontentate.

I Cinque usano l’isolamento per evitare la dipendenza e mantenere la propria auto-immagine di persone dotte e autonome.

I Sei usano la proiezione per evitare la trasgressione e il rifiuto e mantenere la propria auto-immagine di persone fedeli, leali e obbedienti.

I Sette usano la razionalizzazione per evitare il dolore e mantenere la propria auto-immagine di persone positive, ottimiste e divertenti.

Come vediamo, i meccanismi di difesa sono funzionali a mantenere una auto-immagine rassicurante, sia per se stessi che per gli altri.

Nelle puntate dedicate a ciascuno degli Enneatipi i meccanismi di difesa troveranno un maggiore spazio di approfondimento.

16° PUNTATA

LE PASSIONI – STILI DI DISTORSIONE EMOTIVA

I tipi dell’Enneagramma si basano su un’antica nozione chiamata Passione, intesa nel senso latino di “passio”, sofferenza. Questo termine fu donato da Oscar Ichazo al mondo moderno. Non significa qui essere appassionato, significa la nostra sofferenza, ciò di cui soffre il nostro cuore. Si tratta di quest’idea spirituale molto antica che i nostri modelli dell’ego sono un modo di cercare di gestire questa sofferenza. 

Ogni tipo di personalità ha una sofferenza principale. La riconosciamo nel modo in cui scegliamo inconsapevolmente di comportarci fin da bambini come reazione all’ambiente e agli stimoli esterni, attribuendo alla struttura della personalità una caratteristica specifica, quella che noi crediamo ci proteggerà dalle sofferenze e ci permetterà di sopravvivere di fronte alle difficoltà della vita. 

Quindi le Passioni sono sintomi della nostra sofferenza e modalità di reazione alla nostra paura primaria, quella che più di ogni altra fin da piccoli ci terrorizza e ci condiziona. Stiamo solo cercando di placare questa sofferenza, di esorcizzare questa paura, cercando di trovare un modo di tornare indietro a ciò che pensiamo di aver perso, alle nostre qualità essenziali. 

Le Passioni rappresentano i nove modi in cui perdiamo il nostro centro e diventiamo distorti nel modo di pensare, sentire, fare. 

Molto tempo prima di Ichazo, Evagrio Pontico, un monaco anacoreta del quarto secolo (345 – 400), fu il primo a fornire una descrizione accurata delle passioni da lui viste come veri e propri demoni tentatori, desideri impuri che ci allontanano da uno stato di presenza nel connetterci con Dio. Nel suo libro Antirrhetikos (Gli otto spiriti malvagi) Evagrio li elenca disposti su tre piani.

Il piano inferiore è costituito da GOLA, LUSSURIA e AVARIZIA.

Esse hanno in comune il desiderio vorace dell’uomo che cerca rimedio all’inquietudine. Se basta un’immagine per accendere un desiderio, significa che il desiderio è “immaginario”, evasivo, falso e quindi impuro e ti strappa dalla verità del tuo presente.

Il secondo strato è costituito da IRA, INVIDIA e ACCIDIA.

Hanno in comune il rapporto con l’altro e rappresentano il desiderio irascibile e vendicativo. Se questo desiderio non può realizzarsi l’ira si trasforma in tristezza, in sentimento dell’offesa, in risentimento. L’accidia sta al culmine di questi tre vizi del secondo strato. E’ il desiderio di rinunciare al bene, che sembra inutile; ma è soprattutto il desiderio di essere altrove, di evadere.

Alla base di questi tre vizi è nascosta la percezione di una minaccia alla propria immagine, alla propria identità personale, che si manifesta poi nel terzo strato.

 

Il terzo strato comprende infatti: VANAGLORIA E SUPERBIA

La vanagloria suggerisce il compiacimento della propria immagine. La superbia conduce ad affermare la propria autarchia. E’ il massimo dei peccati.

Storicamente, quando si realizzò il primo quadro cognitivo intorno alla riscoperta dell’Enneagramma, alcuni dei Gesuiti che vi stavano lavorando ripresero i concetti dei sette peccati capitali, così ribattezzati da Tommaso d’Aquino, attribuendo ai peccati capitali la connotazione di passioni, cioè guasti emotivi, e aggiungendone altri due per riempire i punti mancanti con la vanità (vanagloria e superbia erano stati riuniti nell’orgoglio) e la paura.

Se nel pensiero di Evagrio i “pensieri capitali” erano modi di pensare abituali, nel sistema dell’Enneagramma diventano “passioni” quando rimangono bloccati in un senso di sé, in un punto di vista nel quale ci si identifica e che genera la sofferenza di sentirsi separati dalla fonte, dall’amato Dio.

Claudio Naranjo, con un ottimo occhio clinico, scrisse un libro che parla dei mali del mondo come mali dell’anima. I disastri in cui siamo immersi nascono, in prima istanza, dal cuore delle persone. Attraverso l’enneagramma cercò di affrontare il substrato psicologico dei peccati capitali, che da una prospettiva psicologica chiamò passioni dominanti.

Ogni persona, con maggiore o minore forza, sperimenta l’attrazione di tutte le passioni, ma una di esse è caratteriologica, appartiene alla sua struttura profonda e guida il corteo di tutte le altre.

LE PASSIONI NELL’ENNEAGRAMMA

8 LUSSURIA: Non si riferisce alla lussuria sessuale, piuttosto a una pulsione lussuriosa per un costante bisogno di intensità, controllo e allargamento. Ci porta a tentare di forzare ogni cosa nella nostra vita, ad asserire ostinatamente noi stessi.

9 ACCIDIA: Non significa pigrizia, piuttosto si riferisce a un desiderio di non essere influenzati dalla vita. Una riluttanza ad emergere e impegnarsi totalmente nella vita con tutta la nostra vitalità.

1 IRA: (risentimento) La rabbia in se stessa non è un problema: ma quando la nostra rabbia è repressa diventa risentimento e porta a continua frustrazione e insoddisfazione verso noi stessi e il mondo.

2 ORGOGLIO: Può anche essere chiamato Vanagloria, l’orgoglio per la propria virtù. Una incapacità o riluttanza a riconoscere la propria sofferenza. C’è orgoglio nel negare molti dei nostri bisogni mentre cerchiamo di aiutare gli altri.

3 VANITÀ: Il nostro tentativo di far sentire l’ego di valore senza aumentare il livello di consapevolezza. Ingannare noi stessi credendo di essere l’ego stesso. I nostri sforzi sono diretti allo sviluppo dell’ego invece che della nostra vera natura.

4 INVIDIA: Basata sulla sensazione che manchi qualcosa di fondamentale. Aneliamo a ciò che è assente, spesso non notando le tante benedizioni della nostra vita. L’invidia ci porta a sentire che altri hanno qualità che a noi mancano.

5 AVARIZIA: Temere che troppe interazioni con gli altri portino a un esaurimento catastrofico. Sentiamo che ci mancano le risorse interiori per reagire. Questa passione ci porta a ritirarci dal contatto col mondo e ad aggrapparci alle risorse minimizzando i desideri.

6 PAURA: (intesa come Angoscia) Paura di cose che non stanno davvero accadendo in questo momento. Andiamo in giro in un costante stato di apprensione, dubitando e preoccupandoci del futuro.

7 GOLA: L’insaziabile desiderio di riempirsi di esperienze. Cerchiamo di superare la sensazione di vuoto interiore inseguendo una varietà di idee e attività stimolanti e positive. Ma non ne abbiamo mai abbastanza.

17° PUNTATA

LE FISSAZIONI NELL’ENNEAGRAMMA: GLI STILI DI DISTORSIONE COGNITIVA

Le Fissazioni sono i pregiudizi, gli errori cognitivi, le false credenze limitanti su noi, gli altri e il mondo. 

La parola fissazione suggerisce l’idea che è dalla perturbazione cognitiva che restiamo “agganciati”, essendo ogni fissazione, potremmo dire, una razionalizzazione della passione corrispondente.

Le fissazioni cognitive sono collegate alle passioni in una relazione biunivoca e auto-alimentante.

Se la fissazione è vista come un sostegno mentale alla passione, una vera e propria giustificazione razionale alle nostre reazioni, meccanismi di difesa e comportamenti, è vero anche che un certo pensiero distorto e automatico sulla vita alimenterà un certo tipo di emozione, in particolare proprio quella che maggiormente ci contraddistingue e che mettiamo in campo in automatico. 

Oscar Ichazo definì le fissazioni come difetti cognitivi specifici o sfaccettature del sistema illusorio dell’ego, ma i nomi che attribuì loro riflettono a volte la stessa nozione della passione dominante.

Le definizioni di Ichazo per le fissazioni sono, dall’enneatipo 1 all’enneatipo 9: Risentimento, Adulazione, Vanità, Malinconia, Avarizia, Codardia, Pianificazione, Vendetta, Indolenza.

Le nove fissazioni comportano una idealizzazione, un’idea occulta ma allo stesso tempo congelata che quello sia il modo giusto di vivere. Nel processo psicoterapeutico, a volte è possibile recuperare il ricordo di un momento nella vita in cui si prese la decisione di vendicarsi, di non amare più, di arrangiarsi da solo e non affidarsi più, eccetera.

Sulle fissazioni si può lavorare a partire dalla auto-osservazione, aguzzando la vista per vederle nella vita quotidiana: le fissazioni, insieme alle passioni, operano con il “pilota automatico”, cioè come modelli cognitivi-emozionali, di cui per lo più non siamo coscienti, che dirigono il nostro modo abituale di pensare, sentire, comportarci, reagire di fronte agli avvenimenti quotidiani.

Claudio Naranjo attribuí alle fissazioni denominazioni diverse da quelle di Ichazo, benché la descrizione della distorsione cognitiva sia simile.

8. VENDETTAOcchio per occhio, dente per dente. Pensa di riequilibrare i torti attraverso la rabbia, l’intimidazione e la vendetta.

9. DIMENTICANZA DI SÈVa tutto bene, mi adatto e mi metto in secondo piano. Dimentica cos’è importante e si astiene dal coinvolgimento attivo, in modo da minimizzare tensioni e conflitti.

1. PERFEZIONISMOC’è sempre un errore in tutto; io so come si devono fare le cose. Il mondo è imperfetto, è necessario correggerlo.

2. FALSA ABBONDANZAPosso darti tutto quello di cui hai bisogno; tu hai bisogno di me. Persegue l’accettazione degli altri attraverso il servizio interessato e manipolatorio.

3. INGANNO Sono quello che faccio, quello che ottengo, quello che sembro: il migliore, il vincente. Vuole apparire di successo, nascondendo quelle parti di sé non conformi a questa immagine.

4. FALSA CARENZAVoglio essere unico, diverso da tutti gli altri, ma mi manca qualcosa che gli altri hanno. Pensa continuamente a ciò che gli manca, si sente diverso e meno fortunato degli altri. 

5. DISTACCONon so abbastanza, come posso affrontare le richieste della vita? Si separa dalla vita e dagli altri per non essere invaso e sopraffatto.

6. ACCUSANon posso confidare in niente e nessuno; ovunque ci sono pericoli. Dubbio e preoccupazione causano la continua creazione di scenari anticipatori o le peggiori eventualità.

7. AUTO-INDULGENZA Il mondo è pieno di possibilità, non sopporto il dolore e la noia. La mente va in iper-marcia muovendosi in rapida successione da una cosa all’altra in fuga dai dispiaceri.

18° PUNTATA

LE VIRTÙ

Dalla prospettiva spirituale dell’Enneagramma, le Virtù appartengono naturalmente all’Essenza, e quindi non è necessario alcuno sforzo per diventare “virtuoso”: esse si manifestano spontaneamente nella vita della persona a mano a mano che rimuove gli ostacoli interiori, cioè diventa sempre più consapevole di sé e riesce a sgretolare sempre di più le sbarre della prigione delle sue passioni. 

Ad un livello più profondo, la virtù associata al nostro punto di Enneagramma è la qualità autentica di cui abbiamo bisogno per sperimentare noi stessi oggettivamente come siamo. 

Pertanto, più sperimentiamo intimamente noi stessi in modo autentico, più diventiamo oggettivi al di là del nostro film soggettivo, più la nostra virtù si sviluppa.

Le virtù autentiche nascono dall’Essenza; e quindi, sono la controparte delle passioni. 

Nella visione di Claudio Naranjo le passioni si basano su tre pilastri: ignoranza di sé, avidità per l’apparente e avversione per ciò che è sconosciuto e temuto. 

Possiamo dedurre che le virtù, come scaturiscono dall’Essenza in una coscienza risvegliata, costituiscono un nucleo motivazionale luminoso – per chiamarlo in qualche modo, opposto all’Ombra dell’ignoranza di sé – i cui tre pilastri, opposti a quelli dell’ego sarebbero: profonda conoscenza di sé, fiducia di base, amorevole accettazione di sé.

Secondo la tradizione Sufi, ogni essere umano contiene tutti gli attributi divini, ma uno di essi risplende in ogni persona con un’intensità peculiare.

 

Ogni persona è quindi chiamata a manifestare nel mondo alcuni dei “volti” di Dio.

Questi volti divini sono le nove virtù dell’Essenza, inseparabilmente legate a ciascuna delle nove Idee Sacre indicate da Almaas nel libro “Sfaccettature dell’Unità”.

Proprio come sul piano dell’ego, le Passioni e le Fissazioni vanno di pari passo, sul piano dell’Essenza, Virtù e Idee Sante sono inseparabili.

In questa puntata il focus è sulle nove virtù dell’Essenza, che sorgono all’interno del risveglio della coscienza e del conseguente processo di integrazione in ogni enneatipo.

8. INNOCENZA (opposta alla lussuria) –  Sensibilità di percepire che non c’è colpa, né in se stessi né negli altri, sguardo compassionevole, perdono. “Ognuno fa del suo meglio per come può”.

9. DILIGENZA (opposta all’accidia) – Coinvolgimento attivo, presente, cosciente ad ogni momento della vita. Gesù dice che non bisogna essere tiepidi. “Non evado nell’inerzia; sono cosciente e amo”.

1. PAZIENZA (opposta all’ira) – Serena accettazione della realtà così com’è, con i suoi ritmi e tempi, con le sue luci e ombre. “Non è necessario arrabbiarsi; accetto le cose come sono”. 

2. UMILTÀ (opposta all’orgoglio) – Riconoscimento delle proprie legittime esigenze di affetto, apprezzamento, accettazione. “Anch’io ho necessità e ho bisogno di aiuto”. 

3. AUTENTICITÀ (opposta alla vanità) – Presentarsi in un modo da riflettere il proprio io autentico io e non  l’immagine idealizzata che si proietta nel mondo. “Sono come sono, con pregi e anche difetti”.

4. EQUANIMITÀ (opposta all’invidia) – Atteggiamento di resa e apertura verso ciò che sta accadendo, all’interno o all’esterno, non desiderare di essere diverso o di sperimentare qualcosa di diverso da ciò che sta accadendo nel momento. “Lascio fluire; tutto arriva e tutto passa e lo accetto”. 

5. GENEROSITÀ (opposta all’avarizia) – Riconoscere che non manca di nulla e condividere questa abbondanza.  “Dò e ricevo; condivido quello che ho e quello che sono”. 

6. CORAGGIO (opposta alla paura) – Lasciar andare tutto ciò a cui ci si afferra per sentire sicurezza e cercare in primo luogo la fiducia dentro se stessi. “Posso farlo; confido in me stesso; confido nell’Universo”. 

7. SOBRIETÀ (opposta alla gola) – Riconoscere che l’autentico piacere non è tanto nella quantità ma nella qualità e profondità di ogni esperienza, e nell’assaporarla saggiamente. “Mi godo ogni cosa, ogni momento; vivo il presente”. 

19° PUNTATA

LE IDEE SANTE E GLI ATTEGGIAMENTI DI GUARIGIONE

Le Idee Sante suggeriscono nell’Enneagramma l’idea di una “conversione intellettiva” definita come il movimento dalla fissazione all’Idea Santa. 

Così come le virtù rappresentano una forma di “conversione emotiva” a partire dalle passioni, la “conversione intellettiva” è definita come il movimento dalla fissazione all’Idea Santa. La fissazione viene anche definita “trappola”.

Una trappola è un modo abituale di agire che deriva dalla inconsapevolezza  dell’ego. Implica l’essere catturati da un comportamento compulsivo con una conseguente limitazione della propria libertà. 

Dire semplicemente: “io sono così” e accettare di esserlo rimanendo prigionieri della trappola corrisponde a evadere la responsabilità delle proprie azioni. Significa non riuscire a scegliere come stile di vita qualcosa di diverso dalla compulsione, una strategia adottata dall’ego per salvare se stesso. 

Grazie all’Idea Santa, che in qualche modo rappresenta un modo di abbandonarsi a Dio, l’ego si libera da questa strategia difensiva di autosalvezza ed è pronto ad ammettere il “bisogno di Dio” per raggiungere la propria realizzazione. Ciò costituisce un’aprirsi alla verità ed è essenziale per liberarsi dall’ossessione dell’ego.

La teoria dell’Enneagramma attribuisce un’Idea Santa diversa a ogni tipo di personalità. Ogni Enneatipo è infatti preso in una distinta trappola o “idea falsa” o folle, che ha bisogno di essere individuata e poi redenta anche da una incondizionata fiducia in Dio, e non solo attraverso le risorse della personalità.

Presentiamo qui le 9 Idee Sante secondo lo schema di Sandra Maitri dal libro La Dimensione Spirituale dell’Enneagramma, che riprende la visione di Almaas.

Ad ogni Idea Santa è associato un atteggiamento di guarigione.

L’Idea santa dell’8 è la SANTA VERITÀ

La verità è unità, l’errore è l’illusione della separazione.

L’Essere è la natura definitiva di tutto ciò che esiste, ogni cosa è costituita da Esso, per cui ogni dualità come Dio e il mondo, lo Spirito e la materia, persino Essenza ed ego sono fondamentalmente illusorie.

Nella Santa Verità gli otto potranno trovare quella misericordia che può liberarli dalla trappola della loro idea di giustizia. Per i tipi otto questo è basilare per abbandonarsi al regno di Dio e lasciare che Dio governi e giudichi il mondo. L’atteggiamento di guarigione per gli otto è la Compassione che li libera dalla vendetta.

L’Idea santa del 9 è il SANTO AMORE

L’Amore è la percezione che la realtà è intrinsecamente amorevole e amabile, piacevole, meravigliosa e piena di prodigi. Ogni cosa è l’espressione di questo Amore.

Nel Santo Amore i nove potranno trovare quell’amore incondizionato che li libera dalla trappola dell’auto-svilimento. Abbandonandosi a Dio, scoprono infatti la realtà del suo amore incondizionato per loro.

L’atteggiamento di guarigione è il Coinvolgimento, che li libera dalla dimenticanza di sé.

L’Idea santa dell’1 è la SANTA PERFEZIONE

La natura fondamentale di tutte le cose, compresi noi stessi, è intrinsecamente  perfetta, buona e positiva.

Nella Santa Perfezione gli uno potranno trovare quella crescita che può liberarli dalla trappola dello sforzo. L’abbandono a Dio implica l’accettazione del disegno divino e il proprio stato di creature di Dio.

L’atteggiamento di guarigione è l’Accettazione, che li libera dal perfezionismo.

L’Idea santa del 2 è la SANTA VOLONTÀ

Il dispiegarsi dell’Universo possiede la sua propria direzione e il suo proprio impulso, e ciò che accade a ciascuno di noi e alle nostre vite fa parte della volontà divina.

Nella Santa Volontà i due potranno trovare quella grazia che può liberarli dalla loro idea di servizio. L’abbandono a Dio significa accettare il fatto che Dio li ama per quello che sono e non per i servizi che hanno reso. 

L’atteggiamento di guarigione è la Libertà, che li libera dalla falsa abbondanza.

L’Idea santa del 3 è la SANTA LEGGE

Tutte le cose che accadono sono parte del modello mutevole dell’Universo, e nulla, né nessuno, funziona separato dal movimento della totalità e al di fuori di questa legge.

Nella Santa Legge i tre potranno trovare quella volontà di Dio che può liberarli dalla trappola in cui sono caduti a causa della loro ossessione per l’efficienza. Abbandonandosi alla Santa Volontà di Dio, i tipi tre mettono la propria vita e i propri successi al servizio dei disegni e degli obiettivi divini. 

L’atteggiamento di guarigione è la Sincerità, che li libera dall’inganno.

L’Idea santa del 4 è SANTA ORIGINE

La Vera Natura è la fonte e l’origine di ogni manifestazione, compresi noi stessi, e tutte le cose sono inseparabili dall’origine.

Nella Santa Origine i quattro potranno trovare quella unione con Dio che può liberarli dalla loro ossessione per l’autenticità. Accettando l’abbandono a Dio come stile di vita, scoprono in se stessi una nuova creatività espressiva che è la risposta spontanea alla vita per quello che è, anche a livello quotidiano. L’atteggiamento di guarigione è la Pienezza, che li libera dalla falsa carenza.

L’Idea santa del 5 è la SANTA ONNISCENZA

Tutto è connesso. Ognuno di noi e ogni cosa rappresentano una parte inseparabile della struttura della realtà e le frontiere che ci dividono non sono definitive.

Nella Santa Onniscienza i cinque potranno trovare quella divina provvidenza che può liberarli dalla trappola della loro idea di conoscenza vista come il fattore più importante in assoluto, e la convinzione di doversi isolare per raggiungerla. L’abbandono a Dio significa accettare che la vita sia la loro maestra in armonia con i piani di Dio, dal momento che la vita stessa si può conoscere solo partecipandovi personalmente. 

L’atteggiamento di guarigione è la Saggezza, che li libera dal distacco.

L’Idea santa del 6 è la SANTA FEDE

La nostra natura interiore è Essenza, che ci sostiene e ci da fiducia in noi stessi e fede nella realtà come un tutto.

Nella Santa Fede i sei potranno trovare quella fiducia in Dio che può liberarli dalla trappola della loro idea di sicurezza.  Per i tipi sei, abbandonarsi a Dio significa fidarsi dell’amore paterno di Dio come sicurezza ultima della loro vita. L’atteggiamento di guarigione è la Fiducia, che li libera dall’accusa.

L’Idea santa del 7 è il SANTO PIANO

Dietro il cambiamento c’è un significato, un ordine. Esiste una logica intrinseca e una progressione nel dispiegarsi dell’anima umana il cui movimento naturale è verso l’autorealizzazione, nello stesso modo in cui un bruco si trasforma in una farfalla.

Nel Santo Piano i sette potranno trovare quell’atteggiamento di co-creazione che può liberarli dalla trappola della loro idea di idealismo. Per i tipi sette, abbandonarsi a Dio significa accettare che partecipare al processo creativo di Dio implica anche sofferenza, duro travaglio e delusioni. 

L’atteggiamento di guarigione è la Concretezza, che li libera dall’auto indulgenza.

20° PUNTATA

LE ALI NELL’ENNEAGRAMMA

Anche se tradizionalmente l’Enneagramma ci insegna che l’Enneatipo si acquisisce in tenera età e poi si mantiene per tutta la vita, ci viene anche detto che possiamo evolvere all’interno del nostro Enneatipo integrando le qualità, i doni e i talenti degli altri tipi di personalità. Vero è che possiamo anche acquisire le caratteristiche meno evolute degli altri Enneatipi.

In particolare, ogni Enneatipo può acquisire anche le caratteristiche dei numeri vicini, definite ALI, nei loro aspetti più o meno sani.

  • L’enneatipo 1 ha le ali 2 e 9.
  • L’enneatipo 2 ha le ali 1 e 3.
  • L’enneatipo 3 ha le ali 2 e 4.
  • L’enneatipo 4 ha le ali 3 e 5.
  • L’enneatipo 5 ha le ali 4 e 6.
  • L’enneatipo 6 ha le ali 5 e 7.
  • L’enneatipo 7 ha le ali 6 e 8.
  • L’enneatipo 8 ha le ali 7 e 9.
  • L’enneatipo 9 ha le ali 8 e 1.

L’influenza delle ali sulla personalità individuale è stata oggetto di varie opinioni e teorie.

Alcuni autori nella storia dell’Enneagramma hanno sostenuto l’importanza dell’influenza di ogni enneatipo sui suoi vicini, mentre altri non hanno sostenuto questa teoria; tra questi Claudio Naranjo che, nel libro “Saggi di psicologia degli enneatipi”, scrive che le “ali” sono un’invenzione senza fondamento, in quanto le differenze fondamentali tra persone dello stesso enneatipo sono determinate dai sottotipi, che a loro volta derivano dall’interazione tra l’istinto dominante e la passione.

Tra gli specialisti di enneagramma, Don Riso, soprattutto, ha scritto ampiamente sulle ali, sostenendo che una delle due ali sia più forte dell’altra, e sviluppando uno schema di sottotipi basato sull’ala dominante.

Altri sostenitori della teoria della ali credono che abbiamo un’ala predominante, mentre altri ancora credono che le abbiamo entrambe. L’ala è come un’altra faccia della nostra personalità. 

In definitiva ci aiuta a meglio comprendere noi stessi o qualsiasi altro. Per esempio, se hai una personalità 2, allora potresti avere un’ala 1 o 3, o entrambe. I tratti di questa ala, così come il tuo tipo dominante, determineranno e sosterranno i tuoi diversi comportamenti. Possiamo incontrare persone che sembrano avere entrambe le ali, e incontriamo anche persone che sembrano, quando maturano, integrare i doni di entrambe le loro ali più di quanto non facessero quando erano più giovani.

Altre visioni interessanti provengono dalla testimonianza di persone che nella prima metà della loro vita si sono sentite decisamente più orientate verso una delle loro ali e poi, con il passare del tempo, iniziano a notare che l’altra ala si sta rendendo più visibile nei loro comportamenti e atteggiamenti, così come nella loro visione del mondo.

Altre persone avvertono che ci furono periodi nei quali una delle ali era dominante e periodi nei quali lo fu di più l’altra. Può persino sembrare che il loro enneatipo fosse ognuna di queste ali nei diversi momenti.

Ad altri è sembrato di saltare in avanti e all’indietro tra le ali mentre si sviluppavano, fino a che la loro personalità si è solidificata in un enneatipo.

Infine, una teoria molto interessante è quella proposta da Michel J. Goldberg,  specializzato nell’utilizzo dell’enneagramma in campo aziendale, secondo la quale l’ala che precede il nostro enneatipo, muovendoci in senso orario sulla circonferenza, è il lato oscuro che stiamo rifiutando e da cui stiamo fuggendo, mentre l’ala che segue il nostro enneatipo è un alleato che vorremmo integrare per evolvere.

Quindi, muovendoci in senso orario, egli chiama l’ala precedente “l’ombra”, alla maniera di ciò che Jung intendeva con il suo termine ombra: le parti di te che rifiuti, o contro cui hai lottato, sia buone che cattive. Qualcosa da cui si scappa senza rendersene conto.

L’ala seguente, che chiama “l’alleato”, è invece un catalizzatore per la trasformazione, un valore da coltivare.

Questa visione delle ali conduce a porsi delle domande: cosa significa per me l’ala? Perché la rifiuto? Quali sono i miei valori? Cosa ho bisogno di integrare?

L’ala che segue il nostro enneatipo è quindi attraente, mentre dall’ala che precede si riceve una spinta dovuta alla nostra reazione ad essa. Inoltre l’ala seguente, che ci sta attirando, può fornire un’influenza più estroversa, mentre l’ala precedente, che ci sta spingendo, può avere avuto un’influenza più introversa.

Si può dire che le ali ci permettono di usare l’Enneagramma per affrontare le nostre contraddizioni, ci mostrano una volta di più che il nostro enneatipo è solo un punto di partenza per lavorare sul nostro processo, le nostre contraddizioni, il nostro cuore, la nostra chiamata interiore.

21° PUNTATA

LE FRECCE DI INTEGRAZIONE E DISINTEGRAZIONE

Ci si può muovere sull’Enneagramma lungo le linee che lo attraversano, che spesso sono disegnate come frecce che ci accompagnano in una direzione ben precisa.

Le chiameremo linee di integrazione, quando ci portano ad integrare l’aspetto più sano di un enneatipo, o linee di disintegrazione, quando ci portano ad adottarne il lato meno sano. Le linee di integrazione ci mostrano come arricchiamo la nostra personalità quando siamo consapevoli, centrati e rilassati mentre le linee di disintegrazione ci mostrano come agiamo quando siamo inconsapevoli e sotto stress.

L’Enneagramma è per sua natura dinamico, mai statico. Possiamo immaginare che il cerchio rappresenti la totalità degli aspetti che possiamo scegliere di integrare nella nostra personalità, man mano che ci manifestiamo come esseri umani consapevoli.

Tutti i tipi vivono dentro di noi in attesa che si manifestino le giuste condizioni. Possiamo intendere l’Enneagramma come un viaggio, un cammino verso il risveglio, che ci porta a percorrere tutto lo spettro di questo campo unificato di personalità. Le linee interne sul simbolo sono una mappa fisica di come ogni punto ci porterà ad ogni altro punto, incorporando nella nostra personalità aspetti che solitamente neghiamo e rifiutiamo.

Nel simbolo ogni numero ha un insegnamento da offrirci e privarci di uno di essi, negandolo o giudicandolo, non farà altro che privarci di arricchire la nostra personalità riconoscendo la molteplicità di sfaccettature che convivono dentro di noi.

Siamo esseri completi. Tuttavia, per vari motivi, scegliamo di essere solo una parte di quella totalità e neghiamo altre parti che solitamente seppelliamo nel profondo della nostra personalità.

L’Enneagramma ci invita a una radicale comprensione di come le nostre qualità possano essere sostenute, nutrite e rafforzate integrando le qualità degli altri otto tipi, ma anche di come le nostre passioni e fissazioni possano allo stesso modo confluire pericolosamente nei guasti emotivi e cognitivi degli altri, spingendoci senza che ce ne rendiamo conto in una spirale al ribasso.

Tornando alle linee e alla direzione tracciata dalle frecce, la direzione di dis-integrazione collega i tipi in questo modo: sul triangolo il percorso è 9-6-3-9 mentre sull’esade il percorso è 1-4-2-8-5-7-1.

Essa rappresenta il nostro scendere verso il basso, in direzione dis-evolutiva, indica come agiamo quando siamo stressati, contratti, non centrati e non consapevoli, e come cadiamo nei comportamenti difensivi dei punti a cui siamo connessi, per mantenere la nostra posizione difensiva che deriva dalla paura. Paradossalmente, ci indica anche quali sono le qualità che abbiamo maggiormente bisogno di integrare.

L’integrazione rappresenta il nostro percorso di crescita, quando facciamo nostre le caratteristiche di altri enneatipi che migliorano lo stato di salute della nostra personalità, in direzione evolutiva. Quando è disponibile a crescere, ogni tipo si rilassa dalle sue contrazioni e dalla paura e si apre a stati più ricettivi verso i comportamenti sani.

Sembrerebbe, a prima vista, che esistano due percorsi di integrazione e disintegrazione distinti: quello sul triangolo e quello sull’esade. Ma nell’Enneagramma tutto è collegato.

I punti 3, 6 e 9 riflettono la tematica centrale di ciascuno dei centri: il Nove la tematica centrale del corpo; il Tre, la tematica centrale del cuore; e il Sei, la tematica centrale della testa.

Ognuna di queste aree comprende anche i tipi esterni, a destra e a sinistra, che si trovano sull’esade: l’area del corpo riguarda anche l’8 e l’1, l’area del cuore il 2 e il 4, l’area della testa il 5 e il 7.

Queste tematiche vengono quindi contattate anche dai tipi che si trovano sull’esade, perché ogni enneatipo dovrà affrontare nella vita temi relativi al corpo, al cuore o alla mente.

A loro volta, i tipi 3, 6 e 9, mentre si muovono attorno al triangolo, si metteranno in contatto con le emanazioni dei punti che rappresentano le loro ali. È un processo dinamico e onnicomprensivo, un viaggio che non finisce mai e che rappresenta il desiderio più profondo della nostra anima: la ricerca del nostro vero sé.

La direzione di disintegrazione è inconscia e compulsiva, è il modo che utilizza l’ego per compensare automaticamente gli squilibri dovuti allo stress. Invece la trasformazione nella direzione di integrazione richiede una scelta consapevole.

Quando siamo sul percorso dell’integrazione, diciamo: ”Voglio stare più pienamente nella mia vita. Desidero abbandonare le mie vecchie abitudini e storie. Sono disposto ad accettare la verità di tutto ciò che scopro di me stesso. Indipendentemente da come mi sento e da ciò che scopro, voglio essere libero e realmente vivo. “

Negli ultimi tempi, la ricerca sull’Enneagramma ha ampliato la visione rispetto alla versione unidirezionale delle frecce di integrazione e disintegrazione.

In pratica, la direzione delle frecce non è più così rigida e diventa bidirezionale: è possibile cadere negli stati disfunzionali, così come accedere agli stati più sani e essenziali, di entrambi i punti a cui ogni enneatipo è collegato dalle frecce.

Il messaggio più importante dell’Enneagramma è che i percorsi psicodinamici sul simbolo rappresentano un continuum che riguarda tutti i tipi e tutti noi.

Il cammino verso la miglior versione di noi stessi, come lo definisce Roberto Perez, deve passare attraverso tutte le passioni, fissazioni, qualità e virtù dell’esperienza umana, affinché tutto questo abbia un senso. Quello che conta veramente è la direzione del cammino.

Quando vediamo, comprendiamo e sperimentiamo i blocchi che hanno nascosto le nostre qualità essenziali, questi si staccano come foglie morte di una pianta che cresce e sorge in modo naturale la pienezza della nostra anima.

La nostra anima, con tutti i magnifici doni che abbiamo visto nella frangia sana, è già qui. Solo la nostra forte fede nelle difese della nostra personalità, il nostro bisogno di aggrapparci ad esse e la resistenza, l’immagine di sé e le strategie del nostro tipo basate sulla paura, ci impediscono di essere presenti a noi stessi e di reclamare ciò che ci appartiene per diritto proprio.