I Tarocchi sono un mazzo di 78 carte suddivise in due gruppi principali: gli Arcani Maggiori (22 carte) e gli Arcani Minori (56 carte).
Ogni carta ha un’immagine e un simbolismo specifici che vengono interpretati per esplorare gli aspetti del Sé.
Gli Arcani Maggiori sono quelle 22 carte che rappresentano archetipi e concetti universali e portano con sé un importante contenuto simbolico e spirituale.
Il linguaggio simbolico era il linguaggio delle antiche culture dell’umanità; con l’avvento del linguaggio concettualemolti contenuti sono andati perduti, perché i concetti parlano alla mente, mentre i simboli parlano al cuore e attraverso il cuore nutrono la nostra parte spirituale, la nostra anima.
Per comprendere il significato e il messaggio dei simboli è necessario aprire il cuore, che è la via di accesso alla nostra anima.
Anche l’Enneagramma è un simbolo, esattamente della stessa natura e qualità spirituale degli Arcani Maggiori e, come essi, parla prima di tutto al cuore per raggiungere la nostra anima.
I Tarocchi non hanno età e, così come per l’Enneagramma, la loro origine si perde nel mistero.
Roberto Pérez e Laura Clark, autori di uno studio metafisico degli Arcani Maggiori, dai cui contenuti è in parte tratto questo nostro percorso, associano l’origine dei Tarocchi all’Ermetismo.
Ermete Trismegisto è una figura leggendaria ed è considerato il fondatore dell’Ermetismo, una corrente filosofico-religiosa.
È spesso descritto come un saggio egizio o greco, identificato con il dio egizio Thoth e il dio greco Hermes. Il suo nome, Trismegisto, significa “tre volte grande” in greco, e gli fu attribuito per la sua presunta conoscenza in tre campi principali della filosofia.
I Sette Principi Ermetici, noti anche come i Principi del Kybalion, sono un insieme di leggi universali che governano la realtà secondo la filosofia ermetica.
Essi sono: Mentalismo, Corrispondenza, Vibrazione, Polarità, Ritmo, Causa ed effetto, Genere. Questi principi sono considerati chiavi per comprendere la natura dell’universo e la propria esistenza.
Ecco una breve descrizione di ciascun Principio:
- Principio del Mentalismo:
“Tutto è mente; l’universo è mentale”. Questo principio afferma che la realtà è una manifestazione del pensiero divino e che ogni cosa esiste nella mente divina e in quella umana. - Principio di Corrispondenza:
“Come in alto così in basso, e come in basso così in alto”. Questo principio stabilisce una relazione tra i vari piani di esistenza, dal fisico allo spirituale, indicando che ciò che accade in un piano si riflette negli altri. - Principio di vibrazione:
“Nulla è in riposo, tutto si muove, tutto vibra”. Ogni cosa nell’universo è in uno stato di movimento continuo, e le differenze tra le cose sono dovute alle diverse frequenze di vibrazione. - Principio di Polarità:
“Tutto è duale, tutto ha due poli, ogni cosa ha il suo opposto”. Ogni cosa nell’universo ha il suo opposto, e queste polarità sono in realtà aspetti della stessa cosa, che differiscono solo per grado di vibrazione. - Principio di Ritmo:
“Tutto scorre, dentro e fuori; tutto ha le sue maree; tutte le cose salgono e scendono; il ritmo è costante”. Questo principio descrive il flusso e riflusso, l’andamento ciclico di tutte le cose, simile al movimento di un pendolo. - Principio di Causa ed effetto:
- “Ogni causa ha il suo effetto, ogni effetto ha la sua causa”. Questo principio afferma che nulla accade per caso, ma che ogni evento è il risultato di una causa precedente, e a sua volta diventa causa di altri effetti.
- Principio di genere:
“Il genere è in tutto; tutto ha i suoi principi maschili e femminili”. Questo principio non si riferisce al sesso, ma alla presenza di un principio creativo in tutte le cose, sia maschile che femminile, che permette la generazione e la trasformazione.
Questi sette Principi, secondo la filosofia ermetica, offrono una chiave per comprendere i misteri dell’universo e della vita umana, fornendo una guida per l’evoluzione personale e spirituale.
Lo scopo dei Principi ermetici era quello di riportare l’uomo al suo stato originale di integrazione e unità, che fu dimenticato a causa della caduta e dell’illusione della separazione.
Anche i Tarocchi si basano su questi Principi e rappresentano la via per questo ritorno alla nostra coscienza originale e unitaria, che in realtà non è mai caduta e continua ad essere in comunione con il divino,
I Principi ermetici sono le chiavi per l’evoluzione personale e spirituale che le antiche culture nel corso della storia umana hanno rappresentato attraverso i loro simboli e miti.
Tutte le scienze come l’alchimia, la geometria, la numerologia e la kabbalh, provengono da questa fonte.
L’Ermetismo può essere considerato una trama psico-spirituale che ci permette di uscire dalla dimensione della mente ordinaria e entrare nella dimensione straordinaria multidimensionale della coscienza.
Siamo molto più di quello che si vede!

Ogni simbolo è il punto di incontro tra il tangibile e il non tangibile, per questo nutre l’anima. L’anima comune dell’umanità, l’universo interiore del genere umano, si esprime attraverso i simboli.
Secondo Carl Gustav Jung gli Arcani Maggiori dei Tarocchi rappresentano archetipi, ovvero modelli universali e arcaici di esperienza e comportamento presenti nell’inconscio collettivo.
Jung vedeva i Tarocchi, e in particolare gli Arcani Maggiori, non tanto come strumenti di divinazione, ma come unlinguaggio simbolico che riflette i processi psicologici e i passaggi evolutivi dell’individuo.
Nella visione di Roberto Pérez e Laura Clark gli Arcani Maggiori dei Tarocchi sono simboli tipologici (come l’Enneagramma!) che possiamo definire prototipi, verità e informazioni che provengono dall’alto e si manifestano in colui che è aperto a riceverli.
Per esempio, il Mago è il prototipo dell’uomo spirituale con riferimento a qualunque essere umano, di qualsiasi cultura, di qualsiasi luogo, di qualsiasi epoca.
Il simbolo ha una qualità energetica che non può essere compresa dalla mente lineare, le informazioni che emana hanno una frequenza vibratoria altissima, così alta che per arrivare nella materia, comprensibile alla mente lineare, deve organizzarsi sotto forma di immagini che vengono percepite prima dagli occhi fisici e poi dal nostro occhio interiore.
Il simbolo ha il potere di trasformare, ma solo se l’occhio del cuore riesce a percepire la presenza del mistero nelle immagini: quando l’essere umano perde la capacità di questo vedere primordiale del cuore la connessione con la sua origine viene perduta e la vita diventa difficile da percorrere.
Gli Arcani Maggiori dei Tarocchi ci invitano ad aprire il cuore e a recuperare questa visione profonda e primordiale per essere in contatto con il trascendente, che dà senso alla vita, ma è nostro compito permettere che accada.
Gli Arcani Maggiori sono in grado di provocare una rinascita se glielo permettiamo e prepariamo il terreno, coltivando soprattutto il silenzio della mente e la purezza del cuore.

Nel percorso utilizzeremo il mazzo degli Tarocchi Marsigliesi, che sembrano essere gli unici che nei disegni mantengono la proporzione aurea, la proporzione perfetta della vita.
Ogni carta è un insieme di dettagli che si può interpretare a seconda del livello di coscienza a cui si trova la persona.
Nei Tarocchi ognuno legge quello che vede, quello che uno vede è il suo significato per lui, perché sono specchi che ci riflettono, sia nelle nostre luci che nelle nostre parti in ombra.
In particolare, il viaggio si articola secondo la disposizione junghiana con tre tappe di sette arcani ciascuna:
- La prima tappa rappresenta la via della Purificazione, o delle Forze Celesti, o della Catarsi;
- La seconda tappa rappresenta la via dell’Illuminazione, l’incontro con la forza terrestre e la coscienza dell’ego;
- La terza tappa rappresenta la via dell’Unione, dell’Individuazione, della Santità.
Il maggior ostacolo a iniziare il percorso è la presunzione di sapere già tutto ciò che ci riguarda e di non avere bisogno di altro; il miglior sostengo consiste nel fare silenzio dentro di noi per poter ascoltare ciò che i simboli hanno in serbo per la nostra anima.

Gli Arcani Maggiori dei Tarocchi rappresentano il Viaggio dell’Eroe, un sentiero iniziatico che ci porta alla trasformazione personale per raggiungere la pienezza e la manifestazione della nostra miglior versione.
Essi rappresentano quel luogo magico dove troviamo la risposta alle domande: “Dove sono, dove vado, come contribuisco in questa vita?”
Ecco dunque che l’Enneagramma diventa un perfetto compagno di viaggio nell’identità di intenti e motivazioni ad intraprendere il cammino, una guida e un sostegno nell’affrontare le sfide delle 22 tappe del percorso.
Nel passaggio da una tappa all’altra l’Enneagramma ci aiuterà a tenere la rotta permettendoci di osservare noi stessi nella nostra individualità, mostrandoci i nostri punti di forza (i doni e talenti che ci permettono di superare gli ostacoli) e le nostre debolezze (le paure che non ci permettono di proseguire, le giustificazioni che adduciamo per tornare indietro) e molto altro.
Gli Arcani Maggiori e l’Enneagramma rappresentano entrambi il Cammino di liberazione da ciò che ci impedisce di avanzare per manifestare la luce che siamo, per vivere nella nostra miglior versione.

Facile dare del Matto a qualcuno quando ci sembra che stia facendo una cosa stolta, fuori dai canoni della cosiddetta normalità oppure strana e senza senso; facile per il destinatario del messaggio sentirsi offeso e rispondere: ma tu, chi ti credi di essere?
Chi è questo Matto, definito negli Arcani Maggiori come la carta senza numero, oppure numero Zero? Conosciamolo meglio, se lo osserviamo bene lui stesso ci racconta molto di sé.
Il Matto dei Tarocchi è forse la persona più saggia che esista, e chissà proprio quella persona che tutti vorremmo essere senza tuttavia trovarne il coraggio.
Il Matto è libero e la libertà rappresenta un grande paradosso per gli esseri umani: tutti la vogliono e tutti ne hanno paura. Eh già, ci vuole coraggio ad essere liberi, perché poi si è responsabili di ogni decisione e non si può più dare la colpa a nessuno se le cose non vanno come ci si aspettava.
In più, il Matto non ha paura di nulla. Può decidere di andare e anche in quale direzione, può decidere di restare per tutto il tempo che vuole. Che si muova, resti o attenda, è libero, sincero, in pace con se stesso perché sa che qualsiasi cosa gli accadrà, bella o brutta, facile o difficile, ha per lui un significato. Un vero e proprio atto di fede.
Per il Matto il Tempo non è importante e ha bisogno di poco, che porta con sé in un piccolo fagotto. Non ama stare solo e la compagnia del suo fedele amico gli alleggerisce il passo, tuttavia non dipende da nessuno, non brama l’approvazione di nessuno.
È un’energia non definita, un potenziale in attesa di manifestazione, ricorda l’Essenza, quell’energia intrinseca ad ogni essere umano che contiene i doni e talenti che siamo chiamati a portare nel mondo.
Ecco che il Viaggio che gli Arcani ci prospettano acquista un senso, lo stesso che ci prospetta l’Enneagramma: siamo Essenza ma non lo sappiamo, la maschera dell’ego ci comprime e appesantisce, ci toglie quella libertà che quasi agogniamo come un frutto proibito, ma possiamo recuperare il contatto con quell’energia attraversando le tappe che il simbolo ci propone, esattamente nell’ordine in cui ce le propone.
Il Matto ci parla di quel primo passo che all’intelletto può sembrare una pazzia, ma che per il cuore è il germogliare di un seme e poi una fioritura e la possibilità di essere Amore. Un passo un po’ folle, certo, che tuttavia sappiamo di dover compiere, perché una sorta di imperativo che viene dal cuore ci invita a uscire da ciò che conosciamo, dalla comodità, per intraprendere qualcosa di nuovo. È una chiamata interiore, non sappiamo dove ci porterà, ma non possiamo fare a meno di ascoltarla perché ci accompagna una specie di euforia, una gioia spontanea e fanciullesca che da un po’ non provavamo.
Aggrappiamoci a questa gioia, non smettiamo di percepirla, essa è il segno che stiamo camminando con il Matto per la via maestra, al termine della quale avrò realizzato “chi sono” veramente.
L’intelletto potrebbe metterci i bastoni tra le ruote, instillando il dubbio, la paura, la svalutazione, la sfiducia in noi stessi; potremmo non seguire il Matto per vergogna, per timore di fare una brutta figura, di essere derisi o criticati, oppure per paura di restare soli. Ma non dobbiamo distogliere lo sguardo dalla meta, né dalla possibilità che le nostre giustificazioni rappresentino solo delle scuse per non partire.
Ma se ci facciamo coraggio e seguiamo il Matto potremo sentire il suo messaggio: sii pazzo, segui le ragioni del cuore, anche quando sembra la cosa più stupida del mondo, un salto nel buio, un azzardo!
E in questo salto investi tutto perché il messaggio del Giullare più famoso del mondo è: segui l’imperativo del cuore a realizzare nel mondo ciò che sei, la tua Essenza!
E muoviti, salta, balla, ridi e abbi fede perché, amico mio, ciò che non cresce muore! Ciò che non cresce muore!

“Che l’Amore diriga le mie parole, il mio sguardo e la mia presenza”
Così Roberto Pérez avvia la serata dedicata al Mago, raccogliendo l’eredità del Matto, suo autorevole precedessore,sull’importanza dell’Amore come impulso vitale primario.
Anche il Mago raccoglie il massaggio del Matto e lo trasforma attraverso le sue arti magiche. Eh, si potrebbe dire, bella forza! Lui è un Mago, ha la bacchetta magica!
Del resto il Mago è l’Arcano degli Arcani, indispensabile per capire e vivere tutti quelli che lo seguiranno.
Da qui in poi alle carte viene assegnato un numero romano che a sua volta esprime un significato profondo.
L’1 è il Principio che si ripete e si espande negli Arcani che seguono; è il simbolo dell’Unità e del Tutto, secondo la visione originaria ermetica, da cui probabilmente ll mazzo dei tarocchi prende origine. In qualche modo nell’immagine del mago è contenuto l’intero mazzo.
Ma guardiamolo questo giovane, che con aria divertita muove le mani sulle cose della vita senza prestarvi troppa attenzione, sereno e fiducioso nei gesti e con lo sguardo puntato altrove, forse verso di noi!
Ha una postura ben piantata ma comoda, nella mano sinistra ha una bacchetta e nella destra un oggetto che sembra d’oro, forse un a moneta.
Potrebbe essere tranquillamente il Matto che ha deciso di fermarsi e aprire un banchetto dove mettere in mostra i suoi tesori, quelli che portava nel sacchetto, ricordate?
Sul tavolo sono rappresentati tutti i semi degli arcani minori, tutto ciò di cui ha bisogno, tutto ciò che gli potrà servire nel viaggio cha ha intrapreso.
- Le Spade rappresentano l’elemento Aria e simboleggiamo la Mente
- Le Coppe rappresentano l’elemento Acqua e simboleggiamo il Cuore
- I Bastoni rappresentano l’elemento Fuoco e simboleggiamo la Forza
- I Denari rappresentano l’elemento Terra e simboleggiamo l’Azione concreta
Il suo sguardo è rilassato e giocoso, non ha bisogno di guardare quello che fa, ne è sicuro, ha la maestria del suo stato ma anche la fiducia nel fatto che nessuno porterà via nulla da tavolo, e se anche dovesse farlo, si vede che così doveva andare.
Innanzitutto ha una bacchetta magica, che lo mette al riparo da ogni guaio, sogno proibito di ogni essere umano; in più, la bacchetta e la moneta sono allineate.
La moneta d’oro è il nostro terzo chakra, un piccolo sole, il centro dell’energia associata al nostro potere personale, mentre la sua bacchetta magica altro non è se non un’antenna che lo connette alla Fonte e attraverso la quale il giovane assorbe a trasforma l’energia a sua disposizione per fare quello che è venuto a fare!
Tutto ci parla di una connessione indiscutibile tra noi e il divino, di una collaborazione continua e indispensabile tra il nostro corpo e la nostra anima, tra la nostra Essenza e il nostro ego.
Persino il Tavolo ce lo conferma, perché ha tre gambe nella dimensione visibile e la quarta nella dimensione invisibile: non si vede ma deve esserci per forza, diversamente il tavolo non starebbe in piedi. Diversamente, per farlo stare in equilibrio dovremmo fare un sforzo sovrumano, considerando che le gambe ci servono per stare in piedi e le mani per lavorare. Ma il nostro Mago non sembra fare alcuno sforzo! Ecco dimostrata l’esistenza della quarta dimensione.
Roberto, esperto in antropologia e teologia, racconta che se il matto dovesse parlare si esprimerebbe con una frase di Sant’Agostino: Ama e fai ciò che vuoi!
Tutto deve essere unito nello spirito a partire dall’Amore.
Se siamo allineati con l’Amore la vera magia è che le forze visibili e invisibili cooperano a nostro favore.
Il Mago ci mostra entrambi i piani, visibile e invisibile, e ci dimostra che collaborano in modo impeccabile.
Allora il Mago ci chiede, giocosamente ma insistentemente: cosa sei venuto a fare in questa vita? Tutta la magia del mondo non ti può essere di nessun aiuto se non sai rispondere a questa domanda!
A cosa sei connesso? Qual è la fonte del tuo potere?
Se troviamo la nostra risposta, se viviamo a partire dall’Amore in modo impeccabile, allora tutta l’energia e la forza della Natura si allineano e diventano disponibili anche per noi!
Il potere è una forza naturale, viene dall’essere connessi con la Fonte, risiede nel campo quantico della Fonte. Non è limitato alle risorse personali ma attinge alle risorse infinite della Fonte.
Se siamo connessi alla fonte ne stiamo già usufruendo, senza alcuno sforzo.
E come ci connettiamo con la fonte? Ovviamente, seguendo l’esempio del Matto: fai il primo passo, animati, coraggio, fiducia!
Allora con questa fiducia nella connessione con il tutto e con la compassione che deriva dall’Amore potremo andare lontano e vivere lo straordinario nell’ordinario, proprio com un vero Mago!
Perché ciò che davvero trasforma ogni intenzione in Magia è il desiderio di realizzare la propria missione nella vita, qualsiasi cosa sia, e sganciare i propri gesti dal risultato!
Amare (amarsi!!) è la vera magia, il risultato viene da sé!

Dopo lo spirito di iniziativa del Matto, che freme per iniziare il viaggio senza troppi pensieri, quasi sconsideratamente e con un pizzico di follia, e le arti alchemiche del Mago, che espone sul suo tavolino i ferri del mestiere sperando forse nell’ausilio di una bella bacchetta magica che faciliti il percorso, la Papessa è seduta, immobile, quieta, non si scompone perché sa che la baldanza giovanile non basta.
Altri elementi sono necessari al processo, la conoscenza, la tenacia e la perseveranza e la Papessa, contornata dai veli della conoscenza, possiede proprio tra le sue mani quella saggezza e quella sapienza: con la destra tiene il libro dei misteri e con la sinistra le chiavi per aprirlo.
Non è possibile approdare alla carta successiva se non afferriamo il messaggio della Papessa per comprendere che in qualsiasi cammino la preparazione è necessaria e che dobbiamo destinarle il tempo che richiede.
Essa siede tra due colonne, all’ingresso del tempio di Salomone.
Il tempio di Salomone è un elemento archetipico, rappresenta quel luogo sacro dentro di noi, detto anche “la camera segreta del cuore”, nel quale risiede la scintilla divina.
Il tempio di Salmone fu distrutto e poi ricostruito. La Papessa ci parla di questa ricostruzione di noi e della nostra camera del cuore e incarna la forza maschile e femminile. Del resto, una Papessa non è mai esistita e per farsi strada in un mondo riservato agli uomini deve essersi impegnata per dimostrare di essere all’altezza, in termi di conoscenza di tutti i mondi e di tutte le dimensioni.
Ma donna è e donna rimane, con tutti i suoi privilegi, ed ecco accanto a lei un uovo, simbolo di gestazione di una nuova vita.
Lo custodisce, ben protetto, con la stessa solidità di una montagna, e non c’è nulla di più importante di quello che sta facendo.
Sembra che non stia facendo nulla, ma nel suo mondo interiore sta succedendo molto, è in atto una creazione.
Come accade in inverno, quando sotto la terra accadono tutti quei processi che permetteranno il fiorire della primavera.
Tutto questo avviene nel silenzio, nella calma, con la pazienza, che è la scienza della pace.
La Papessa esprime quella fede paziente e solida di chi non ha chiaro cosa stia accadendo, ma sa che questo qualcosa ha un senso e uno scopo.
La sua calma silenziosa e saggia ci suggerisce che non c’è nulla da fare per accellerare il processo, non c’è sforzo, non c‘è nulla per cui agitarsi.
Il suo sguardo è tenero, complice, e guarda verso di noi per manifestare la sua essenza e accompagnarci nel cammino della trasformazione, attraverso il libro che tiene tra le mani e la sua presenza profonda.
Il messaggio sotteso che Roberto Perez e Laura Clark hanno intercettato nella solida saggezza della Papessa e condiviso con noi è tanto profondo quanto semplice: non c’è bisogno di alcuno sforzo per manifestare la propria essenza!
Essa si manifesterà nel modo più spontaneo e naturale se la coltiviamo con dedizione e perseveranza nella quiete del nostro silenzio interiore.
Ritorna sempre, nelle lezioni di Roberto, il concetto di impeccabilità, intesa come adesione incondizionata a se stessi nella ricerca e attuazione della nostra missione di vita.
Personalmente, come sempre accade negli incontri con Roberto, ne ho tratto un insegnamento che è anche una consolazione: la Papessa non tenta di convincere nessuno, ma con la quieta consapevolezza della sua missione semina nell’altro un germoglio, un piccolo e nascente desiderio di trasformazione.
È un invito, che l’altro coglierà con i suoi tempi e i suoi modi.

“La materia è la condensazione dell’energia, l’energia è la condensazione della coscienza, la coscienza è la condensazione dell’amore.”
Sembra un’equazione, una formula matematica.
Ma cosa centra l’Imperatrice con la matematica? Dipende di quale tipo di matematica stiamo parlando!
C’è una matematica quantitativa, cha tiene accuratamente il conto del dare e del ricevere, di chi vince e di chi perde.
L’Imperatrice, nella visione di Roberto Perez e Laura Clark, è l’arcano della magia sacra, una matematica del cuore, la cui formula magica è: quanto più dò, tanto più ricevo, nessuno perde, tutti vincono!
Stiamo parlando di due stili di vita: uno stile quantitativo, basato per lo più su un calcolo di convenienza che pone l’individualità al primo posto ed esaurisce le nostre energie alla ricerca di un risultato prettamente materiale, in confronto ad uno stile qualitativo, che nutre sia chi dà che chi riceve e alimenta la pienezza, la gioia e l’impeccabilità.
La Papessa e l’Imperatrice sono due aspetti dell’energia femminile nella sua impeccabilità. La Papessa rappresenta l’energia ricettiva, l’energia dell’amore che porta nel suo grembo una nuova vita.
L’energia dell’Imperatrice è potente e attiva, è capace di dare alla luce, di materializzare, di portare avanti la vita. Due stagioni della donna, la gestazione e la manifestazione.
L’Imperatrice, tuttavia, non è solo questo.
Ci stiamo avviando verso gli equivalenti maschili delle nostre Prime Donne (di nome e di fatto), il Papa e l’Imperatore: questa donna al comando non può fare a meno di incarnare anche l’energia attiva della nostra dimensione yang.
Deve saper comandare, essere diplomatica, prendere decisioni ed è stata cresciuta proprio per integrare dentro di sé caratteristiche maschili e femminili e manifestarle in modo equilibrato.
Anche i numeri parlano chiaro: Lo Zero contiene il Tutto, visibile e non visibile, l’Uno genera il Due, il Due genera il Tre, il Tre genera tutto il resto, la realtà materiale che vediamo, è il numero perfetto, rappresenta la Trinità, genera la prima figura geometrica del piano, che è l’energia del cuore: è in questo piano che si concretizza l’energia dell’imperatrice, che deve operare nel mondo reale con il cuore.
Il messaggio è chiari: anche nel piano materiale, che contiene tutto ciò che vediamo, la manifestazione concreta dell’energia originaria, tutto è amore, viene dall’amore, genera amore.
Inevitabilmente e impeccabilmente.
“Nessuno potrebbe trattenere un bambino che nasce, né un seme che germoglia.”
L’Imperatrice ci parla di un amore che, concretizzandosi, serve la vita, perché la magia, che è potere, quando è al servizio dell’amore e si manifesta attraverso l’amore, serve la vita.
Servire è un atteggiamento di totale comunione del proprio essere (con la minuscola) unito all’Essere (con la maiuscola).
Quando vibriamo alla stessa frequenza del campo dell’Essere, cioè dell’Amore incondizionato, tutta l’energia del campo è a nostra disposizione e non è più necessario alcuno sforzo per essere pienamente noi stessi e servire la vita.
L’imperatrice ha una formula magica, che scioglie le illusioni della matematica dell’interesse personale: la parola SI, come ha detto Maria all’Angelo che le ha annunciato il suo magico destino.
In questa Donna che apre il suo cuore senza riserve vivono le due energie femminili di questi due splendidi arcani legati da un destino comune, il destino magico e splendente di servire la vita.
La Papessa dice: Eccomi, sono la serva del Signore. Si compia in me la tua Parola; poi l’Imperatrice dà alla luce il Verbo, che viene ad abitare in mezzo a noi.
Allora, la domanda a questo punto è: stiamo onorando il dono della vita? Stiamo servendo la vita con la magia sacra della matematica del cuore?

In una serie di 7, sulla via della purificazione o della catarsi, l’elemento di mezzo, il 4,ha un’importanza strategica perché se non lo si incorpora non si possono incorporare né i precedenti né i successivi.
Il 4 è il numero della solidità e dell’ordine in questo piano materiale.
Dalla matematicadell’Imperatrice alla geometria dell’Imperatore il passo è breve. Il numero quattro corrisponde alla figura geometrica del quadrato, che si ottiene aggiungendo una dimensione al triangolo, e persino in geometria questa nuova dimensione è chiamata “profondità”.
L’Imperatore è il principio maschile che evolve direttamente dall’Imperatrice, ma a dispetto del nome altisonante non è un superuomo: non ha armi, seguito, palazzo, non ha uno sguardo altero e arrogante, è rilassato e si appoggia serenamente al suo trono, come a dire “È mio ma non del tutto, non posso occuparlo interamente, tuttavia mi sostiene nel mio cammino, nel mio compito umano e sociale”.
Questo Imperatore non va in guerra, perché è un iniziato, un guerriero spirituale e sa che il suo potere è la manifestazione di qualcosa di più grande e divino.
L’Imperatore ci ammonisce: attenzione a come usi il potere, a non diventare despota. In realtà è tutta una questione di piani, un po’ come nella geometria, ed è proprio la profondità che fa la differenza, che ci consente di distinguere i piani, di guardare più in là, di vedere altro.
L’amore per il potere o il potere dell’amore?
Dalle conferenze di Roberto Pérez, il tema del potere si esplicita nel tema della leadership; non ha caso l’ultimo archetipo di questa serie sarà il Carro, con il suo Principe e i suoi poderosi cavalli.
Essere leader non è un ruolo, è un atteggiamento.
Essere leader non è una funzione, è una filosofia di vita.
Essere leader non significa essere uno spettatore, ma essere un protagonista.
Essere leader non è avere conoscenza delle capacità di leadership, è vivere con un impegno personale per la vita.
Essere leader non è muoversi, è promuovere; non è spingere, è diffondere speranza; non è brillare, è illuminare.
Saint Exupery ci ha donato questa frase che contiene tutto:
“Se vuoi costruire una nave, non ordinare agli uomini di procurarsi la legna, non distribuire i diversi compiti tra loro; è preferibile che tu insegni loro la nostalgia dell’immensità del mare.”
Il leader insegna ai suoi uomini il desiderio della vastità del mare; invece un capo ordina legna e distribuisce il lavoro. Quindi essere un capo non ha nulla a che fare con l’essere un leader, perché il leader contagia gli altri a partire da ciò che è.
Essere leader di se stessi significa avere autorità. E cosa significa avere autorità? La parola autorità deriva da autoría che significa “autore”. Essere leader della propria vita significa esserne gli autori, crearla e svilupparla verso la realizzazione personale.
Il potere non ha nulla a che fare con la vittoria sull’altro; piuttosto è la forza di portare avanti il proprio sviluppo personale, di superare se stessi per migliorarsi, affrontando gli ostacoli che non permettono di ottenere la migliore versione di se stessi.
Avere potere significa anche farsi carico.
“Farsi carico” è un concetto interessante; e chi è che si fa carico, l’ego o la Coscienza?
L’ego insegue il potere per dominare, per ottenere tutto ciò che vuole calpestando gli altri, nutre le ideologia, gli idoli, il potere per il potere.
Ma questo non ha niente a che vedere con l’autentico potere, che è quello della coscienza, fatto di valori e ideali di servizio, di leadership carismatica, di spinta alla crescita propria e altrui.
Egli ha autorità, è imperatore della propria vita: ha una presenza che sprigiona energia, uno sguardo orientato alla vita e le sue parole sono impeccabili. L’impeccabilità che proveniva dall’Imperatrice non perde la sua forza.
L’Imperatore conquista qualcosa, sì, la sua umanità, che poi è la nostra, così fragile, disorientata e traballante nell’eterna danza dei piani dell’esistenza.
Nella naturale successione dei personaggi che lo precedono, con i loro arguti messaggi sull’importanza di amare, giocare, rendersi disponibili nella gioia e generare una nuova vita, ecco che l’Imperatore ci stimola ad essere padroni della nostra vita, autorità di noi stessi, per amore dell’amore e non del potere.

Roberto Pérez e Laura Clark presentano il Papa come l’arcano della povertà e della trascendenza. Come spesso accade nelle loro descrizioni, un’apparente contraddizione ci stupisce, ma solo se misuriamo le parole nel loro significato letterale.
Il numero cinque assembla e trascende i quattro elementi, rappresentati dai quattro arcani precedenti.
Unisce gli opposti, il Cielo e la Terra, è il numero della Grazia, rappresenta lo Spirito, il respiro del Cosmo, il soffio Divino.
Il Papa, con le due dita tese della mano destra, intelletto e cuore, benedice l’Umanità, che si eleva in spirito e libertà.
L’insegnamento del Papa si riferisce alla Respirazione Spirituale, chiara metafora dell’atto biologico del respirare che accomuna tutti gli esseri viventi.
E così come con la respirazione biologica si porta ossigeno al sangue e a tutto il corpo e a tutte le cellule, allo stesso modo con la respirazione spirituale portiamo energia buona a tutto il nostro Essere.
E così come, senza il movimento naturale e ritmico dell’inspirazione e dell’espirazione non possiamo sopravvivere, allo stesso modo senza quel divino movimento di dare e ricevere spiritualmente, diventiamo aridi, la nostra vita spirituale si riduce a un lumicino e il cuore si contrae.
La respirazione spirituale si svolge lungo due direttrici, un asse verticale e un asse orizzontale.
Sull’asse verticale il nostro essere ascende attraverso la preghiera e la contemplazione, per poi discendere portando con sé nella nostra vita la benedizione e la grazia: chiarezza alla mente, sollievo al cuore e genuinità nel nostro quotidiano lavoro del vivere.
Tutta la nostra vita è preghiera, sempre riceviamo una grazia gratuita che alimenta il nostro benessere interiore.
Sull’asse orizzontale si attua lo scambio tra interno ed esterno, tra me e l’altro, secondo l’insegnamento: amerai il tuo prossimo come te stesso.
Più ampia e intensa è la respirazione verticale, più è ampia e intensa è quella orizzontale e abbraccia tutti gli esseri viventi che popolano questa terra, compresa la Terra stessa.
Il cuore è il luogo dell’unione di queste linee verticale e orizzontale, è lì che si crea la magia dell’incontro, la magia alchemica che tutto trasforma in puro Amore.
Ma per poter creare le condizioni adatte, affinché il cuore sia davvero pronto e disponibile a consentire questa trascendenza e a trasformare l’Amore divino in Amore per ogni cosa creata, dobbiamo fare voto di povertà, e di rinuncia.
Ma a cosa?
Alla grandezza personale, all’orgoglio, alla superbia, al dominio, al senso di onnipotenza, in sintesi all’amore per il potere, per far posto, come già ci ha insegnato l’Imperatore, al Potere dell’Amore e del Perdono.
Se ci pensiamo bene, il perdono ha ragione d’essere solo nella dimensione orizzontale, perché in quella verticale è già dato, esiste di per sé, perchè in quella dimensione non c’è davvero nulla da perdonare. Tutto ha un senso e tutto fa parte di un piano.
È nella dimensione umana che ci perdiamo nel giudizio, l’anticamera della condanna, se non della vendetta. Purtroppo non sappiamo, e se lo sappiamo lo dimentichiamo, che chi condanna l’altro condanna prima di tutto se stesso all’odio, al risentimento, al rancore.
Perché, come dice sempre Roberto Perez, non è importante quello che facciamo, ma come lo facciamo, e se lo facciamo a partire dal cuore sarà una benedizione per noi stessi e per gli altri.

L’Amore è la memoria che l’Unità ha di se stessa nel suo viaggio attraverso la dualità.
Con la carta dell’Innamorato entriamo nella vita quotidiana, nel regno della dualità.
Fino ad ora il percorso è stato spirituale; a partire dal Matto, passando per il Mago, la Papessa, l’Imperatrice, l’Imperatore e il Papa, abbiamo detto sì all’Amore e lo abbiamo esplorato nelle sue sfaccettature più elevate. Ora siamo chiamati alla concretezza, alla testimonianza di questo sì cosciente, a vivere amando, con tutta la nostra umanità.
A prima vista, tre figure umane (un ragazzo tra due donne, una più giovane e una più matura) occupano la parte bassa della carta e ciò che subito attrae l’attenzione è che nessuno di loro sembra accorgersi del Cupido che punta la freccia verso il basso.
Cosa succede qui? Si potrebbe pensare che il ragazzo, che volge lo sguardo alla donna matura e il corpo verso la più giovane, debba prendere una decisione tra quello che le due gli offrono; forse tra potere e sensualità da un lato, e amore casto e spirituale dall’altro. Entrambe lo tengono, chi per la spalla, chi appoggiandogli una mano sul petto, e lui è come paralizzato, intrappolato tra due possibilità ugualmente allettanti.
Eccolo, l’eterno conflitto umano tra mente e cuore, tra corpo e anima, eccola qui rappresentata tutta la nostra travagliata umanità!
La polarità è la condizione innata dell’essere umano, tanto naturale quanto necessaria per un cammino di crescita, per avviare quell’evoluzione personale e spirituale a cui siamo chiamati.
Crescere è scegliere, è decidere da che parte stare, senza la polarità non saremmo costretti a fare le nostre valutazioni, a mettere in conto costi e benefici, a mettere alla prova le nostre qualità per superare noi stessi.
Del resto anche le scienze umane lo confermano; secondo la teoria di Whilelm Reich, noto esponente delle teorie sulla dinamica energetica e l’analisi del carattere, disponiamo di due sotto-impulsi, uno affettivo, la cui funzione è segnalarci che abbiamo un bisogno, e uno aggressivo, la cui funzione è quella di passare all’azione per soddisfare il bisogno, e ottenere lo stato di equilibrio e rilassamento.
Questi due impulsi costituiscono l’impulso unitario, i cui scopi sono lo sviluppo della vita, procurare soddisfazione e piacere ed evitare il dispiacere.
Quindi la parola d’ordine, o medica se preferiamo, è integrazione degli opposti.
L’Innamorato è l’Arcano della castità e dell’iniziazione. Ma cosa intendiamo per castità? Come sempre Roberto Perez e Laura Clark escono dagli schemi e stupiscono ricordandoci che castità non significa rinunciare ai nostri bisogni, quanto piuttosto, in un’ottica di sviluppo personale e spirituale, riuscire a integrare, cioè puntare all’integrità.
Del resto amare, e Roberto insiste sempre su questo, è volere il bene dell’altro senza escludere il mio proprio bene.
Castità significa coerenza e integrità di mente, corpo, cuore e anima, nello stesso luogo e nello stesso momento.
Castità significa un amore integro, puro, vissuto nell’unione di tutte le nostre parti e che esclude tutto ciò che con l’Amore non ha nulla a che fare.
Castità è scegliere l’Amore, sempre e in ogni luogo, un Amore che contempla il bene mio e contemporaneamente di tutti.
Umanamente siamo tutti intrappolati in questo dilemma, l’unica soluzione è spostarsi su altro piano, volgere lo sguardo sopra di noi e chiamare e accettare un dardo di Amore nel cuore.
Ma bisogna guardare sopra. Cupido è la Grazia, può intervenire se gli diamo il via libera, a partire dal nostro libero arbitrio. Cupido non scoccherà la freccia se non lo chiediamo.
Chiedete e vi sarà dato.

Ultimo Arcano per questo primo e sorprendente ciclo dedicato da Roberto Perez e Laura Clark agli Arcani maggiori dei Tarocchi. Sorpendente perché mi aspettavo tanto, data l’autorevolezza degli insegnanti, ma in realtà ho ricevuto settanta volte sette!
Tra i primi sette Arcani c’è un dialogo che vorrei definire sacro, perché riguarda la sacralità della vita, il senso profondo e lo scopo trascendente del nostro vivere qui; straordinariamente, durante gli incontri non si è parlato di Enneagramma, ma in tutto ciò che è stato detto emerge una toccante coerenza con l’insegnamento del simbolo.
Seguiamolo insieme questo fraseggio, che dal punto zero ci accompagna verso la conclusione della prima tappa del viaggio, il Carro, l’Arcano numero 7.
Il Matto ci prende per mano dicendo SÌ alla vita, all’amore, alla dolce e saggia follia del vivere amando.
Il Mago risponde: sta bene, ma ora devi metterti in gioco, perché esistere è giocare, è portare questo sì incondizionato nell’esperienza e vibrarlo completamente.
Con la Papessa, l’Arcano della gnosi, della saggezza, della comprensione profonda e interiore, mettersi in gioco significa anche accettare di nutrire un seme, un germoglio che produrrà frutti nel mondo esteriore.
Qui comprendiamo che ciò che è dentro si rispecchia fuori e che il mondo esterno non è altro che un riflesso di quello interiore. Grande insegnamento, che forse già basterebbe a dare un nuovo significato alle nostre vite: come possiamo pretendere un mondo giusto e buono se non partiamo prima di tutto da noi stessi?
Ma gli Arcani sono generosi e vanno oltre.
Con l’Imperatrice la comprensione interiore si incarna nella nostra vita, nella nostra persona, nello sguardo, nelle parole, nella presenza: il Verbo si fa carne in Maria.
Meraviglioso, ma solo se, ci ricorda l’Imperatore, ti ami, hai autorità su te stesso e riesci a governare i tuoi istinti.
Amare se stessi significa imperare sulla propria vita, saper gestire il proprio tempo, le proprie decisioni e scelte, in modo sano e funzionale, senza eccessi e con una sguardo amorevole verso il bene comune.
Perché il passo successivo sarà scoprire qual è la nostra grande funzione nella vita. Come con l’Imperatore abbiamo autorità umana su noi stessi, con il Papa abbiamo autorità spirituale, come sacerdoti di questo sacro tempio, come mediatori tra il cielo e la terra, nella comunione con ogni essere vivente, per onorare e celebrare la creazione.
Si tratta di una consacrazione essenziale, che con la carta dell’Innamorato diventa consacrazione esistenziale: ora tutto si manifesta e si esplicita nella vita quotidiana, nel regno della dualità, uscendo dall’impasse dei nostri dubbi esistenziali alzando lo sguardo al cielo e affidandoci all’aiuto divino.
Ora potremmo sentirci arrivati, abbiamo fatto un bel percorso e ci sembra di non avere bisogno di altro. Ma il Carro ci ammonisce: attenzione, sei in convalescenza, potresti avere una ricaduta e la superbia di chi crede di aver trionfato è dietro l’angolo, infida, come il serpente dell’Eden!
Tutto ciò che abbiamo vissuto fin qui è una vittoria su noi stessi, ma non si tratta di una meta definitiva, piuttosto di un punto per ripartire, una preparazione a quello che segue, i prossimi 14 Arcani.
Il Carro ci invita non certo a fermarci, piuttosto a risalire su un nuovo mezzo di trasporto che ci accompagnerà trainato dai suoi potenti cavalli (i due emisferi destro e sinistro, oppure gli archetipi del maschile e del femminile), che sembrano andare in direzioni diverse sebbene guardino verso lo stesso luogo.
Noi siamo quel giovane, pieno di impeto e energia, ma ancora senza esperienza, che guida I cavalli senza usare le redini ma solo con la sua coscienza, meglio, la coscienza di sé.
Avendo realizzato il percorso dal Matto all’Innamorato, questo giovane è signore del suo veicolo:
il suo pensiero è diventato creativo, chiaro, preciso e fluente;
il suo cuore è diventato caldo, aperto, sensibile e fedele;
la sua azione è diventata ardente, adattabile, ferma e ampia.
Corpo, mente e cuore, il triangolo della vita!
Come non vedere tutto questo rispecchiato nell’insegnamento dell’Enneagramma, che ci chiama a un viaggio di trasformazione verso l’Essenza a partire dagli inganni della personalità?
Non mi resta che augurarvi buona convalescenza e buona vita!

Gli Arcani Maggiori dei Tarocchi sono energie che si susseguono con una ben precisa logica, un piano di sviluppo ben definito, in modo tale che, integrandole man mano, apprendiamo a vivere la nostra vita in modo più equilibrato ed armonico.
Non è possibile saltare dei passaggi, non è benefico fermarsi a metà strada. Ma non è forse così la vita?
La Giustizia è la carta numero 8, l’Arcano dell’Equilibrio propriamente detto. Gli attributi della Giustizia sono la bilancia e la spada.
La bilancia è il principio ricettivo, femminile e serve a pesare.
Si articola in due direzioni: in orizzontale e in verticale, formando una croce e manifestandosi sul piano umano e trascendente.
La spada è un elemento maschile, il principio attivo con cui, dopo aver pesato, si fa giustizia; può tagliare e distruggere oppure consacrare.
La giustizia umana, che si applica sul piano orizzontale, è la legge del karma, della causa ed effetto.
È una legge esatta, che a volte può sembrare brutale, quel tipo di giustizia che prevede premi e punizioni, e che nel corso dei secoli ha ispirato quelle astrazioni generalizzate che sono le leggi, le norme e i regolamenti umani e sociali.
Ricordate il più famoso giudizio salomonico? Tra due madri che si contendono un figlio la soluzione esatta, astratta, è quella di tagliare il figlio a metà…soluzione di morte e distruzione, laddove la legge dell’Amore trascende il torto e la ragione e produce ben altro risultato, la Vita!
Se esistesse solo la legge del karma saremmo sempre in qualche modo condannati, perché essendo esseri umani in cammino, siamo sempre soggetti a sbagliare.
Fortunatamente per noi esistono leggi universali che guidano l’esistenza a livelli più trascendenti.
Fortunatamente per noi la legge del karma è subordinata alla legge della Grazia, per la quale non esistono premi e castighi, esistono conseguenze.
Nessuno giudica, nessuno punisce, semplicemente si scelgono comportamenti e si accettano le relative conseguenze.
La dimensione verticale della Giustizia è la legge dell’Amore, l’amore giusto e coerente di quella madre che preferisce cedere suo figlio a un’altra pur di tenerlo in vita; lo stesso amore di una madre che guarda il figlio sbagliare e anziché punirlo sa correggere e ristabilire un equilibrio, affinché il figlio possa continuare a crescere.
La Giustizia di questo Arcano non è quella delle norme umane, della generalizzazione astratta, ma una Giustizia che sgorga dallo spirito dell’Amore, lo spirito della vita, che ha a che fare con la rettitudine sì, ma soprattutto con la dignità degli esseri umani.
Qui non è più importante fare quello che si deve, quello che è giusto, ma ESSERE GIUSTO e IMPECCABILE, e per farlo devo unirmi a quell’energia divina che è l’origine della Giustizia stessa, in modo che tutto sia unito alla fonte.
Qual’è la vera impeccabilità? È quella dell’Amore e del Cuore.
La bella notizia è che la Grazia è un regalo disponibile per tutti, umanamente giusti e ingiusti, a patto di collaborare, cioè “vibrare a una frequenza compatibile per poterla percepire”.
Perché la Grazia è come la luce del sole: è sempre disponibile per tutti, ma se decido di non aprire la finestra non le permetto di giungere fino a me.
Ecco cosa contengono i due piatti agli estremi dell’asse verticale: in alto la Grazia, in basso la Cooperazione umana, cioè l’esercizio della libertà di aderire all’invito della Grazia.
Ma nella nostra condizione umana siamo così feriti nell’ego, e l’ego è un avversario così grande, che abbiamo bisogno di assistenza, non possiamo farcela da soli.
Ci sono due modi pratici di cooperare.
Uno è ORA ET LABORA di San Benedetto, cioè chiedi alla Grazia di illuminarti il cammino, ma al tempo stesso impegnati personalmente nell’aprire la finestra e mettere in pratica l’insegnamento.
“Benedetti coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati” si riferisce non tanto alla giustizia distributiva o commutativa, squisitamente umana e sostenuta dalle norme e leggi umane, ma all’essere giusto, integro e impeccabile, il che comporta vivere in uno stato interiore in cui rispetto la dignità di tutti, in cui non danneggio l’altro ma nemmeno me stesso.
La seconda forma di cooperazione è il Perdono.
Ma attenzione, c’è perdono e perdono!
Il perdono che opera nel piano orizzontale, quello umano, altro non è che l’estensione della legge del karma: di fronte a un’azione che viene interpretata dannosa, invece di lasciare che si verifichi la conseguenza naturale, ci arroghiamo il diritto di condannare, di giudicare, il diritto di chiedere il pagamento del debito. E lo facciamo sia con gli altri che con noi stessi.
È una chiusura totale e siamo in un luogo così lontano dall’Amore, nell’inferno della mancanza di amore, da non permettere alla luce di entrare.
Il cammino verticale del Perdono è invece quello di comprendermi e comprendere.
Come sempre dice Roberto Perez in tutti i suoi corsi, seminari e conferenze, il punto chiave nella convivenza e nella cooperazione con la Grazia risiede nel comprendere che “l’altro fa, non mi fa”.
L’altro agisce a partire dalla sua sofferenza, dalla sua mancanza di armonia, e se interpreto ciò che fa come un danno personale a me stesso comincio a vibrare la sua stessa energia negativa, e allora giudico, castigo, mi vendico, e qui perdo la libertà, perché ciò che determina il mio comportamento è pura e semplice reazione dell’ego.
Potrei anche essere tentato di perdonarlo per dimostrare la mia bontà, che in realtà è solo superiorità.
Il vero Perdono si manifesta nella dimensione verticale, quella che invoca la Grazia sull’altro e su me stesso e che mi fa vedere l’altro non come colpevole, bensì come responsabile di qualcosa che, con il mio aiuto, può essere sanato.
Se io non perdono o non mi perdono, installo in me l’energia del non perdono e chiudo la finestra alla Grazia, che non può operare in me.
La vera impeccabilità è l’amorevolezza, l’esperienza dell’Amore.
I prossimi sette arcani che esploreremo amorevolmente guidati da Roberto e Laura Clark sono esercizi spirituali in questa direzione, che iniziano con la premessa fondamentale dell’essere giusti.
Amatevi gli uni con gli altri come io vi ho amato.
Non è una teoria intellettuale dell’amore, è Amore puro.

L’Eremita cammina nel mondo, anzi, sull’equatore, nella diversità della vita, solo e silenzioso.
Può permettersi di farlo, perché lontano è il tempo in cui, giovanotto, spensierato e un po’ pazzo, ha iniziato il suo percorso, saltellando verso l’ignoto con il suo fagotto in spalla, 9 Arcani fa.
Questo pezzo di strada e di vita l’ha riempito di esperienza, ed ora è un anziano, con gli occhi ben aperti e lo sguardo dolce, prudente, paziente, amorevole.
I tre elementi importanti di questo Arcano sono la lampada, il bastone e il mantello.
La lampada illumina il cammino ma la luce è fioca, soave, illumina ma non abbaglia. È la luce naturale e spontanea della sua presenza, la luce della comprensione e del perdono che ha appreso dalla Giustizia, che apporta chiarezza e gli fa vedere più in là quel tanto che basta a proseguire il cammino.
Il mantello lo avvolge e lo protegge da tutte quelle interferenze umane a cui ormai non dà più importanza, lo isola dal rumore, quello fastidioso delle chiacchiere vane, lo stridente crepitio della legge di causa-effetto, e crea attorno lui un’aura di silenzio che gli permette di ascoltare ben altre voci, ben altri suoni, la Musica della Sfere.
È calmo, sia dentro che fuori. È in pace.
Il bastone è tradizionalmente, negli Arcani, il simbolo del potere, lo sostiene e rende il passo dell’Eremita fermo e sicuro. Quindi il vecchio saggio vede, è silenzioso e ha potere.
Può camminare tra le cose del mondo senza essere del mondo. Ci ricorda Qualcuno? E perché cammina sull’equatore?
Perché dall’equatore può attraversare in orizzontale le vicende umane con uno sguardo equanime verso i due poli, coltivando l’arte dell’unione e dell’armonia interiore tra gli estremi; perché in questo ciclo di sette Arcani, in questa nuova ottava, la sua destinazione (ed è straordinario come in spagnolo destinazione si dica “destino”) è la Temperanza, l’Arcano numero 14.
Come sempre la Natura insegna, nelle magiche leggi della Natura tutto è scritto.
Nella composizione della luce il polo nord è la luce bianca, la luminosa armonia di tutti i colori; il polo sud è il nero, l’assenza di colori. Nell’equatore i colori si differenziano l’uno dall’altro, come nell’arcobaleno.
Ecco perché l’Eremita cammina sull’equatore, nella diversità della vita ma nel naturale equilibrio della compassione, dell’assenza di giudizio; non propende né di qua né di là, cammina, osserva ed è silente. Vive la particolarità di ognuno e di ogni cosa ma sovrapponendosi alla particolarità di ognuno e di ogni cosa, perché è nell’unità che trascende la diversità.
Ed ecco che come sempre Roberto Perez arricchisce il racconto di Laura Clark con una delle sue perle, non nuova a chi lo segue, e ripropone il tema dei livelli di coscienza.
La persona addormentata vede la vita in termini di polarità tra bene e male e “lotta” (gran paradosso) affinché il bene trionfi sul male.
La persona desta e in cammino vede le esperienze in termini di opportunità, e comprende che tutto accade per una ragione, e che ogni esperienza può essere una BENEDIZIONE di cui godere o una LEZIONE da cui apprendere.
L’eremita ha uno sguardo che supera gli estremi, non combatte il male, non lotta per il bene, semplicemente LAVORA PER LA PACE!!!
L’eremita ci parla di PRUDENZA e PAZIENZA.
La Prudenza è la capacità di discernere, che conduce all’azione giusta e impeccabile nel proprio essere e ci permette di dare risposte adeguate invece di reagire.
La prudenza ci fa restare in silenzio in molte situazioni e ci fa capire che possiamo avere bisogno di un terzo appoggio per andare avanti.
La Pazienza è la scienza della pace, e la vera pace può essere raggiunta solo da dentro, non è qualcosa che si conquista fuori, che richiede sforzo o tensione, tantomeno lotta e reazione.
L’amore è il nome che prende l’unità nel suo viaggio verso là diversità.
L’Eremita è un uomo di cuore che vive secondo la legge dell’Amore, il suo centro di gravità è il cuore e l’espressione visibile nei suoi occhi è quella del cuore.
Un uomo è quello che è il suo cuore. È questo cuore che esce a camminare e si offre nella fraternità senza perdersi nella diversità, portando in sé tutti i colori dell’unica luce.

Quanta meraviglia, quanta conoscenza, quanto amore in questa Ruota della Fortuna, l’Arcano numero 10!!!
E sì, è proprio vero, spesso solo un maestro può rivelare quanta bellezza è nascosta laddove meno te l’aspetti!
Questo strano arcano ci parla del gioco della condizione umana attraverso la rappresentazione di una ruota con una manovella e tre animali, una scimmia che scende, un cane che sale e una sfinge che domina la scena.
In tutte le culture è presente l’idea della vita come una ruota, e già l’Eremita lo aveva anticipato camminando sull’equatore, nella terra di mezzo.
Certo, a prima vista questa ruota non lascia una buona impressione: la scimmia e il cane, che indossano abiti umani, sembrano prigionieri di questo perenne vorticare nelle alterne fortune della vita, come incapaci di uscire dall’umana ripetizione degli eventi.
Ma davvero è così? E la sfinge, in tutto questo, che ruolo ha?
Come sempre è necessario ampliare lo sguardo oltre l’apparenza e ricordare che la vita umana riflette il dinamismo cosmico e che tutto, nel cosmo come nella vita umana, si esprime in termini di dimensioni di coscienza.
Possiamo allora parlare di movimenti discendenti, verso la materia in termini di perdita di coscienza, e ascendenti, in termini di evoluzione di coscienza.
In questo eterno continuum della creazione, sempre e costantemente in atto nel Cosmo come nell’Uomo, la Fonte diventa materia e la materia si spiritualizza verso la Fonte, continuamente e ripetutamente, senza soluzione di continuità, come nel ciclo della respirazione.
E come il movimento cosmico si ripete in un dinamico fluire tra scendere, salire e sostare, così nella vita continuamente cadiamo, ci solleviamo e riposiamo, dall’inferno al paradiso e ritorno, anche molte volte al giorno esattamente allo stesso modo in cui respiriamo!
Ma ritorna la domanda, stampata sui volti attoniti della scimmia e del cane: come se ne esce?
Il realtà i due non sono prigionieri della ruota, niente li lega, semplicemente ci si aggrappano perchè forse, semplicemente, credono che la vita sia tutta lì, nella ripetizione del karma, della legge di causa ed effetto che abbiamo lasciato ormai due arcani fa, nel crudele destino umano, nella fortuna e nella sfortuna, per l’appunto.
Il loro vero padrone, a quante pare, è quella benedetta sfinge sorniona, che con la corona fa credere loro di essere la padrona e con la spada li minaccia affinché non si azzardino a scendere!
Mitologicamente associata al mistero e all’enigma, la Sfinge poneva domande difficili e divorava le persone che non sapevano rispondere. Jung l’associava all’intelletto, e qui il riferimento alla nostra schiavitù volontaria alle sibilline arti della ragione è chiara.
Quindi, dalla ruota non si esce con l’intelletto, anzi, sarebbe bene accorgersi che è proprio quello che ci tiene prigionieri e ci porta spesso a decisioni non appropriate e ad illuderci di avere fatto bene.
Ricordate Edipo? Rispose all’enigma della Sfinge sì, divenne re di Tebe è vero, ma si ritrovò anche a uccidere suo padre e a sposare sua madre Giocasta, secondo la profezia.
E infatti questa sfinge, appollaiata sulla ruota come la più famosa omonima sulla rupe di Tebe, sembra burlarsi della scimmia e del cane, di tutti noi, come se conoscesse già l’epilogo delle faccende umane.
Ma allora, direte voi dopo questo lungo prologo, questa soluzione???
In medio stat virtus!!
La ruota ha un centro, un luogo di quiete, il luogo dove Dio riposa al settimo giorno per dare all’Uomo la possibilità di proseguire l’Opera della Creazione.
È qui che il cerchio si può aprire, qui è possibile che la divinità si incarni e faccia sì che la trasformazione si attui dall’interno verso l’esterno, e mai viceversa.
Spesso il cerchio lo chiudiamo noi, quando sostiamo imperterriti in periferia, attratti dal canto delle sirene dell’intelletto. La sfinge ride perché vede l’uomo girare e girare e non andare da nessuna parte.
Solo il cuore e l’Amore possono trasformare questo cerchio in una SPIRALE sulla quale ogni risalita è un salto quantico di evoluzione e ogni ricaduta un trampolino per una nuova risalita.
Perché l’evoluzione non sta nel VINCERE l’ambiente e i possibili nemici della propria sopravvivenza, ma nel COOPERARE con l’ambiente e vedere negli altri non degli ostacoli, ma benedette opportunità.
Nel centro c’è l’energia dell’Amore, l’Amore ci dà forza, e non dovremo più fare alcuno sforzo, quello dipinto sui volti dei due animali, perché prendere la decisione giusta e dare la risposta corretta sarà spontaneo e naturale, e senza effetti collaterali spiacevoli.
Quando mi metto al centro rompo la ripetizione, perché sono io, finalmente, che giro la manovella della giostra della mia vita!
E allora, siamo disposti a uscire dal circolo vizioso e ad azionare la manovella?

Roberto Perez non è solo un insegnante di enneagramma, ma anche teologo, antropologo e profondo conoscitore delle civiltà antiche dell’area precolombiana, dalla cui saggezza proviene il significato originario e l’importanza dell’incontro con la Madre Terra.
Tutte le tradizioni della storia dell’Umanità invitano a stare in contatto diretto con la Madre Terra e con la Natura che essa ospita. Questa connessione con la forza della vita è possibile se c’è una disponibilità dell’anima attraverso la spiritualità, la preghiera, la meditazione, al fine di connettersi con l‘energia tellurica, l’energia propria del pianeta.
L’energia celestiale e l’energia tellurica sono entrambe divine e possiamo accedervi attraverso la spiritualità e il contatto con la natura.
L’Arcano 11, la Forza, rappresenta l’energia della vita, la trascendenza del femminile, la forza creativa della Madre Terra e anche Maria, che si eleva per incontrare il Creatore. Che potenza!!
Veniamo dalla ruota della fortuna, laddove due animali disperati, patetici, sono intrappolati in una ruota senza fine mentre una sfinge mostruosa si burla di loro.
Ma al centro c’è il segreto per uscire dalla ruota del Samsara e per vivere la vita in modo più sano nell’incontro con la realtà e con il mondo: l’energia dell’Amore puro.
Ora, la Forza è la chiave necessaria per continuare questo cammino. Ma attenzione, nell’eterno avvicendarsi dei poli, in questo mondo duale, c’è forza e forza!
Osserviamo la donna e il leone: non c’è tensione, né aggressione da parte di nessuno dei due, non sta accadendo un atto di forza, sembra più che stiano giocando. Il leone è totalmente “addomesticato”, parola opposta a “domato”, che presuppone un atto di forza.
Ci ricordano il Piccolo Principe e la volpe: “Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”.
La Forza trasforma l’animalità patetica della ruota della fortuna in una animalità santa, maestosa, una creatura bella e libera che sceglie di giocare e di lasciarsi aprire le fauci.
Il segreto della Forza è la mancanza di paura, che trasforma l’aggressività in un atto di fiducia nell’amore.
Il leone rappresenta la nostra animalità, i nostri desideri e le nostre passioni; se le viviamo all’insegna dell’ego, della paura, dell’aggressività, in una dimensione prettamente materialistica e quantitativa, esse si trasformano in una energia corrotta e malsana che danneggia noi, gli altri e il pianeta.
Ma se i nostri desideri e le nostre passioni iniziano a servire la vita, a non danneggiarla, se si nutrono di questa forza vitale amorosa, dolce e accogliente, allora si trasformano in una energia buona per la vita di tutti.
Laura Clark introduce una bellissima metafora per parlarci di questa forza, che è una forma di energia.
Da una parte abbiamo l’elettricità, un’energia di frizione, reazione, opposizione, contrasto, difesa, guerra, lotta, lamentela, vittimismo, la quale a sua volta crea una biochimica nel corpo che esaurisce, stanca e non si retroalimenta perché ci pone sempre in modalità sopravvivenza contro un qualche pericolo.
Non solo, per mantenere questa sistema attingiamo all’energia che dovrebbe servire alla riparazione, alla crescita e alla creatività. La conseguenza è che il sistema si ammala, si sclerotizza, si irrigidisce e muore.
L’energia della Forza, che è l’energia femminile, della Madre Terra nel senso più elevato del termine, l’energia della verginità e dell’integrità, proviene dall’alto, dalla Fonte, non si esaurisce, anzi, si retroalimenta, si muove per irradiazione e non per frizione, e produce coerenza, cooperazione, armonia e amicizia. La conseguenza è che il sistema è flessibile, sano, e si riproduce in un continuo ed eterno atto creativo.
La flessibilità è il sintomo dell’Amore, la rigidità è il simbolo della paura.
Attingere all’energia dell’elettricità, della frizione, significa essere rigidi mentalmente, nella sensibilità e nel corpo e manifestarsi in un complesso di superiorità: Io sono così e non voglio cambiare, oppure in un complesso di inferiorità: io sono così e non posso cambiare.
Quando siamo pervasi dall’energia vitale dell’Amore avremo una mente aperta e un cuore che non si indurisce; inoltre la flessibilità ci apre alla sorpresa e alla consapevolezza che sempre la vita ci può insegnare qualcosa.
Il senso profondo di questo Arcano è recuperare l’incontro con l’energia vitale della Madre Terra e ricordarci la sacralità dell’energia femminile, che dentro di noi opera con una azione amorosa, calda, emolliente che umidifica, scioglie la rigidità, con pazienza, senza aggredire, risvegliando la vita in ogni piano.

Dopo che abbiamo addomesticato il leone, l’apparizione dell’appeso è uno shock, come a dire: attenzione, non sederti sugli allori, siamo ancora nel bel mezzo del cammin di nostra vita!
Il giovane sospeso al suo piede sinistro, in mezzo a tronchi di alberi con rami tagliati, che ricordano un patibolo, ha le mani legate dietro la schiena…o forse no? La sua immobilità, la sua solitudine, la sua scomodità, sono imposte o volontarie?
In ogni caso, a prima vista sembra davvero immobilizzato, come intrappolato tra la gravità terrestre e l’attrazione celeste, i due poli a cui tutti siamo sottomessi.
Lo vediamo nell’uomo e nell’universo, nell’atomo e nella cellula, nel piano sociale e nel piano spirituale. L’eterno dilemma tra cielo e terra, tra fede e libertà, tra il centro dell’Amore e il centro dell’ego.
Ma siamo davvero di fronte a un dilemma? E se la soluzione fosse in quel meraviglioso insegnamento che Gesù ci ha lasciato, e che, devo confessarvi, ogni giorno di più rappresenta la mia guida, il mio personalissimo mantra, forse la mia zattera di salvezza nei momenti di sconcerto e insicurezza di fronte a ciò che non riesco a capire, e che recita: “Nel mondo ma non del mondo”?
Perché, se ci pensiamo bene, tra queste due dimensioni che esercitano la loro attrazione su di noi, non possiamo eliminarne una, per quanto lo possiamo desiderare per toglierci dall’impiccio. La dimensione divina è altrettanto ineluttabile di quella umana, siamo anime in cammino e al contempo siamo qui, nella realtà, ci piaccia o no.
Quello che possiamo fare è tuttavia scegliere, a partire dalla nostra libertà, di avere fede in uno di questi centri e di vivere l’altro di conseguenza, in una forma di equilibrio e armonia che ci sposta su un nuovo livello di consapevolezza.
L’Appeso ha tanto da insegnarci rispetto a questa scelta.
La sua postura è alquanto scomoda, ma si tratta di una scomodità sacra, quella di stare nella realtà pur cercando di starne fuori, quella dell’uomo spirituale che fa del divino il suo centro di gravità.
Egli si trova a testa in giù perché il suo ordine è completamente invertito, la sua volontà, rappresentata dai piedi, dal suo camminare sulle strade della vita, negli eventi, nelle situazioni e con le persone che incontra nel cammino, è assoggetta al Cielo, mentre la testa è in basso, a significare che non possiamo risolvere tutto con la mente, la logica, la razionalità che spesso dà maggiore importanza alle cose materiali che a quelle spirituali.
Questa posizione è scomoda, dicevamo, un vero martirio, non è facile stare in questa posizione in cui la mente chiede spiegazioni che non ci sono. L’eterno dilemma tra mente e cuore, laddove il cuore ci riporta all’Amore, umano e divino, e alla fede nel suo potere.
Se la mente lascia il controllo della realtà, se si affida alla bontà di ogni cosa creata, se anziché voler cambiare a tutti costi la realtà la accetta come qualcosa di cui godere o qualcosa da cui imparare, ecco che possiamo davvero essere nel mondo ma non del mondo ed essere più centrati, meno agitati e più sereni.
Vi sembra forse che l’Appeso si stia agitando?
Chi è appeso, chi ha invertito i suoi centri di gravità, non ha paura di ciò che non conosce o a cui non sa dare una spiegazione; è un uomo del futuro, che prima agisce, poi sente e poi pensa. La sua certezza non viene dall’aver studiato o capito, è una certezza senza programma, una certezza interiore, una certezza dell’anima.
La sua anima abita un luogo centrale neutro e questa neutralità non è indifferenza, freddezza, ma una centratura che ci ricorda l’insegnamento tanto caro a Roberto Perez che “l’altro fa, non mi fa”, e che non c’è più bisogno di perdonare, ma solo di amare incondizionatamente.
Chi ha consegnato la sua volontà a quella divina è libero da qualsiasi influenza planetaria, tutto quello che accade fuori non influenza il suo stato d’animo, né quello che pensa, né come si comporta. Per l’appunto, è nel Mondo ma non del Mondo.
Ma attenzione! Si sa avvicinando l’Innominato…l’Arcano della Morte o della Vita Eterna? Laura Clark e Roberto ci sveleranno il mistero!

La prima volta che si pesca la carta dell’arcano numero 13 ci si resta un po’ male. Nella mia esperienza, le reazioni sono diverse, a volte rabbia, a volte tristezza, spesso paura!
Diciamo che il personaggio, a prima vista, non risulta simpatico, è piuttosto inquietante in quel suo incedere senza esitazioni tagliando mani e teste e lasciandole, indifferente, abbandonate sul terreno.
Basterebbe questa sola carta a raccontarci tutto di noi, osservando le nostre reazioni: quale emozione è scaturita? Cosa ho percepito nel corpo? Quali pensieri mi hanno attraversato la mente, facendosi largo nelle mie resistenze proprio con lo stesso arrogante incedere dell’Arcano?
E perchè lo chiamiamo l’arcano della Morte, dato che in realtà un nome non ce l’ha, ma solo un numero, il 13? Forse perché non ci piace nominare quella fase della vita, che tuttavia fa parte della vita esattamente allo stesso modo della nascita; forse perché il personaggio si presenta in forma di scheletro, benché non lo sia, con quelle ossa in vista e la testa scarna e senza espressione.
Questo Arcano non ha un nome perché è colui che guarda a doverglielo dare; e tutti chiamano questo arcano La Morte, perché è ciò che sembra.
Ma forse il suo segreto è proprio quello di non essere ciò che sembra, ecco perché è preceduto dall’Appeso; per approcciarci a questa nuova figura dobbiamo aver imparato a invertire la nostra posizione, non fisicamente come l’appeso, ma psichicamente e spiritualmente.
L’arcano 13 è in realtà l’arcano della VITA ETERNA.
Non c’è contraddizione in questo; venendo dall’Appeso, abbiamo già invertito un ordine tra due poli di attrazione, la terra e il cielo, l’ego e l’essenza, l’umano e il divino.
Vi ricordate il Matto, l’Arcano senza a numero, che apriva il viaggio? L’Arcano 13 potrebbe essere la sua radiografia, il suo scheletro. Il Matto ci incoraggiava a fare un passo, ad attraversare una soglia e intraprendere un cammino; anche la Morte ci sta invitando a un nuovo passo, con la sua andatura rivolta nella stessa direzione, verso il futuro. ma qui siamo ad un nuovo livello, un maggiore livello di coscienza, perché da allora abbiamo percorso 13 carte, elevandoci ogni volta un poco di più.
La falce dell’Arcano 13 ha un filo grande e sembrerebbe stare tagliando tutto ciò che incontra, ma se osserviamo bene le piante non le taglia. Qui è in atto un processo di smembramento e le parti umane, teste, mani e piedi, che sembrano affondare nel fango, potrebbero rappresentare i genitori, i mandati paterni e materni e i loro condizionamenti, o semplicemente un passato pesante, che ci affatica e ci ostacola il cammino.
Ricordiamo che il fango è quell’elemento da cui, nella tradizione orientale, sorge il fiore di loto: qui veramente non sappiamo se mani e teste affondano oppure stanno sorgendo dal fango.
Perché in questa carta nulla è ciò che sembra.
La falce rappresenta in questa storia il principio di sottrazione, di alleggerimento: taglia tutto quello che ci impedisce di intraprendere il cammino della nostra evoluzione personale.
In realtà, dopo tutto ciò che gli Arcani precedenti ci hanno insegnato, saremmo anche pronti a farlo ma ancora ci sono cose che ci legano, che appesantiscono il nostro bagaglio, che dobbiamo lasciar andare.
La falce taglia tutto quello che ci impedisce di accedere alla libertà e alla pienezza, alla nostra luce, alla nostra miglior versione!
L’Arcano 13 ci chiede: cosa devi tagliare per volare?
E dato che tutti gli arcani portano sempre la parola Amore nella nostra dimensione spirituale, la vera falce implica tagliare tutto quello che non è in sintonia con l’Amore.
Laura e Roberto concludono questo meraviglioso incontro con un’immagine straordinaria che, già di per sé, dice tutto:
La morte non è una luce che si estingue, è una lampada che si spegne perché sta arrivando l’alba.

In questa nuova carta femminile Temperanza non si riferisce al contenimento degli istinti ma a un’attitudine spirituale che ha a che vedere con l’idea del Tempio, il luogo dove si celebra Dio, il punto di contatto più vicino all’Uomo con la dimensione spirituale.
Siamo al termine della seconda serie di 7 Arcani, secondo la disposizione junghiana adottata da Roberto Pérez e Laura Clark, che contempla tre serie di sette arcani ciascuna: La Via della Purificazione (delle Forze Celesti, della Catarsi), la via dell’Illuminazione (l’incontro con la forza terrestre e la coscienza dell’ego) e la via dell’Unione (dell’Individuazione e della Santità).
La seconda serie può essere definita la via di Mezzo, o la via del Mezzo, dell’equilibrio tra le polarità polarità. I temi si ripetono in ogni arcano in una prospettiva diversa: la polarità, il flusso, l’equilibrio, il punto zero.
Ogni arcano aggiunge il suo tocco, il suo sapore.
Nella Giustizia troviamo l’equilibro interiore, che nell’Eremita si traduce nel nostro camminare per trasformarci in apostoli della pace e trovare l’equilibrio del cuore.
Nella Ruota della Fortuna la verità è nel punto zero, solo noi possiamo uscire dalla ruota della ripetizione e trasformarla in una spirale di evoluzione.
La Forza è l’incontro con il nostro vero potere, la forza universale che fa fiorire e crea la vita.
L’Appeso rappresenta un cambiamento nella legge dell’equilibrio, con una netta inversione di tendenza nel danzare la danza della vita.
Infine l’Arcano senza nome, la Morte, che è in verità l’arcano della vita eterna, ci rassicura sull’apparente scomodità dell’Appeso: chi, volontariamente, cambia il suo centro di gravità muore al vecchio paradigma e nasce al nuovo.
Qui, all’alba della nuova serie, è importante far succedere qualcosa che ci accompagni verso la nuova serie, la Via della Santità, che altro non è se non l’Unione degli opposti.
La Temperanza mette in scena il fluire delle correnti spirituali.
Il segreto di questo Arcano ha a che vedere con gli angeli, con l’aspirazione a una coscienza angelica al tempo stesso desiderata e irraggiungibile nella nostra condizione umana.
Ad essa possiamo solo aspirare e da essa lasciarci ispirare.
La donna/angelo sta travasando acqua da una brocca a un altra: questo gioco di polarità può generare due energie opposte: l’energia elettrica della frizione o l’energia fluida della cooperazione, della collaborazione tra i poli.
Entrambe le energie sono ugualmente possibili, la sciando a noi la scelta di quale corrente seguire: la corrente della frizione, del conflitto, dell’eterna guerra tra le polarità umane, per cui una sola di esse può sopravvivere? O possiamo permetterci di scegliere la via della pace, dell’accordo, del fluire armonioso che crea l’Unità tra i poli?
In fondo, se guardiamo bene l’acqua che scorre tra le brocche, chi potrebbe dire se scende o sale, chi potrebbe dire qual è la brocca che dona e quale quella che riceve?
Quando vibriamo ai livelli più bassi di consapevolezza e scegliamo la frizione ci allontaniamo sempre più dalla vibrazione dell’amore, la vibrazione inarrivabile di quella Madre angelica che allunga la mano per impedirci di cadere sempre più giù ed è sempre più presente man mano che avanziamo nella strada dell’amore.
Non potremmo sostenere il flusso tra noi e il divino senza questo accompagnamento, tuttavia è necessario che facciamo la nostra parte attivando dentro di noi un punto di aggancio, un luogo sicuro di luce e amore, il nostro personale Tempio che l’Angelo possa scorgere per gettarci la fune.
Questo luogo del cuore è il nostro Punto Zero, laddove ogni polarità trova la sua Unità, la camera segreta del Cuore, dove ciascuno di noi è Luce e Amore.

In questa 3 tappa, la via dell’Unione e della Santità, della Auto-realizzazione e dell’Illuminazione, la conoscenza si fa più profonda e raffinata e ogni Arcano ci presenta una nuova sfida verso il sorriso interiore, la celebrazione della vita e la gratitudine.
Termineremo questo ciclo con il Mondo: l’Apoteosi, un momento di esaltazione totale, il traguardo della gioia eterna.
Al termine delle tappe precedenti l’arcano 7, il Carro, ha rappresentato il momento in cui prendiamo le redini della nostra vita.
Con l’Arcano 14 (7+7), la Temperanza, abbiamo appreso che il mondo angelico collabora con noi mostrandoci che siamo a immagine e somiglianza di Dio e in questa dimensione possiamo raggiungere una posizione di equilibrio tra gli opposti.
Il Diavolo potrebbe riportarci traumaticamente al mondo della dualità, tuttavia ci avverte che stare nella dualità non è una condanna, e che possiamo leggere questo messaggio come un nuovo dono.
In natura ad ogni espansione segue una contrazione, ma questo a noi esseri umani non piace, volentieri salteremmo questo passaggio; tuttavia se attraversiamo questa zona di oscurità possiamo imparare molto per la nostra crescita spirituale.
Se guardiamo il Diavolo con gli occhi umidi della Temperanza potremo vedere qualcosa che diversamente rifiuteremmo.
Dobbiamo ricordare che ci troviamo in un processo di raffinamento per arrivare alla celebrazione a cui siamo chiamati e che ci corrisponde; si tratta di un percorso obbligato, dobbiamo inevitabilmente attraversarlo, così come inevitabile è l’alternanza espansione-contrazione.
Del resto, non sarà che cadiamo per imparare a rialzarci? Non sarà che cadiamo per saper aiutare l’altro a rialzarsi?
Ogni arcano viene ad offrire un insegnamento, un servizio per arrivare alla gioia finale di celebrare la vita.
L’insegnamento del Diavolo è che l’oscurità è una chiamata alla Luce.
La dualità non è un castigo, ma ci offre la possibilità di sentire l’Amore. Senza l’oscurità non avremmo coscienza della Luce, se ben compresa può essere un agente di evoluzione, ci impedisce di addormentarci nel nostro piccolo Eden personale.
È una spinta all’evoluzione, a purificare e illuminare questa oscurità.
Quindi non demonizziamo e non temiamo l’oscurità, ma apprezziamo il dono che ci reca.
La tentazione è perdere l’innocenza, indurirsi di fronte al male, all’oscurità. Se attraversiamo bene questo passaggio la luce che si accende ha una nuova qualità. Possiamo anche diventare un faro per altri che attraversano la stessa oscurità.
Il male esiste solo per provare la consistenza del bene. In gioco c’è la libertà di accendere la mia luce o lasciare che si spenga del tutto.
Non c’è un altro modo per crescere, ma arriverà il momento in cui la coscienza sarà così evoluta da non avere più bisogno dell’oscurità.
Immaginiamo un segmento ai cui estremi poniamo il Bene e il Male, in contrapposizione.
In questa dimensione lineare il bene si oppone al male e il male si oppone al bene e possiamo essere “tentati” di pensare che per combattere un polo mi devo metter dall’altro, o peggio, che uno dei due poli debba essere annientato.
Ma in questo atteggiamento c’è un fanatismo che mi impedisce di uscire dalla polarità. Non si può risolvere un conflitto nello stesso piano in cui si è originato.
Anche l’Enneagramma, simbolo tra i simboli del superamento della dualità, ci insegna che per uscire dal conflitto tra gli opposti dobbiamo guardare verso l’alto, alla ricerca di un’energia che ci attragga in una nuova direzione della coscienza e ci permetta di osservare gli opposti dall’alto.
Se immaginiamo che il segmento di prima rappresenti la base di un triangolo, ecco che la forza trascendente che stiamo cercando si trova nel vertice superiore e si chiama Amore.
L’unico modo per uscire da questo gioco perverso, demoniaco, è salire verso l’amore, che si trova in alto, su un altro piano, a un’altra dimensione.
L’oscurità si dissolve se la guardo con gli occhi della Temperanza, gli occhi dell’Amore. Se la odio, se la combatto, se mi vendico, l’oscurità entra in me, mi possiede e mi controlla.
L’arcano 15, il Demonio, ci mostra la nostra incoscienza nel fabbricare demoni e lasciarli crescere fino a che diventano così grandi da avere vita autonoma; allora cominciamo a credere che siano fuori di noi perché ci dimentichiamo, o non vogliamo accettare, di averli creati noi stessi. Ecco come si perde la libertà di essere responsabili della propria vita. Ecco il vero peccato.

Nel processo di illuminazione abbiamo incontrato il Diavolo, il principe della polarità e delle tentazioni e poi, a seguire, ora appare il sedicesimo Arcano, la casa di Dio!
Questo arcano è chiaro in quello che propone: perché costruire una Torre? Come si fa, innanzitutto, e che fare se poi viene distrutta?
Il numero 16 è un numero simbolico in molte culture, numero della perfezione , del compimento, della alleanza con Dio, della saggezza attraverso l’introspezione e lo studio. Rappresenta il potenziale per ottenere successo e prosperità, ma è anche difficile da gestire se l’ambizione sfocia nell’arroganza e nell’impulsività. Del resto la legge di equilibrio tra le polarità è sempre in funzione ma qui, a quanto pare, qualcuno ha perso l’equilibrio ed è caduto.
La figura centrale è una torre rigida, simmetrica, strutturata con una piccole finestre e una piccola porta. Il tetto è una corona e qualcosa che sembra provenire dall’alto la sta facendo cadere. Anche due persone cadono dalla cima della torre e sembrano fare salti mortali per ammortizzare la caduta.
Chi sono queste due persone? Potrebbero essere i due diavoletti che stavano nella carta del diavolo, nella quale avevano assunto un aspetto animalesco, dato che rappresentavano gli aspetti più carnali e istintivi dell’essere umano.
Quindi la Torre è il Diavolo sotto mentite spoglie? Sembrerebbe che un demonio mentale abbia costruito questa solida (apparentemente) struttura, l’archetipo di un modo di pensare totalmente rigido, isolato, senza luce, senza calore: è il modo di pensare dell’ego, ben visto e accettato nel mondo.
Quad la Torre è la fortezza dell’intelletto, in realtà, come le antiche fortezze, una prigione, in questo caso con piccole finestre oscurate e una ancor più piccola porta seminascosta: se si rimane intrappolati lì dentro, in questo intelletto diviso dal cuore, dal flusso vitale della vita, è difficile uscirne, perché è difficile da individuare.
L’ego, individuale e collettivo, non solo lascia che la Torre venga costruita, ma consacra il tutto con una bella corona regale, a confermare che questo è ciò che conta: un intelletto non usato per il bene comune ma per difendersi, per avere la certezza di non entrare in contatto con il cuore e di non porsi domande su questi due diavoletti, sull’esistenza e il potere delle due polarità.
Allora via, facciamola sempre più spessa e robusta, sempre più alta, senza porte e finestre, una vera prigione dalla quale non riusciremo più a uscire. Nel medioevo le torri erano simbolo di potere, ma anche il ricordo della mitica Torre di Babele viene spontaneo.
Anche lì si trattava di un intelletto che separa e divide attraverso il linguaggio, ma al tempo stesso imprigiona nella folle paura della diversità e del potere dell’altro.
I due diavoletti hanno usato i mattoni adatti alla circostanza: ira, orgoglio, vanità, invidia, avarizia, gola, lussuria, accidia e li hanno tenuti insieme con una bella mano di paura.
La torre simboleggia dunque il controllo dell’ego, quel tipo di vita costruita sulla materialità, l’immagine e il potere della mente, che tuttavia nasconde demoni e oscurità.
Dietro queste torri così imponenti, solide, inespugnabili, si nasconde la paura, e più avremo paura, più cercheremo di costruire torri che sovrastano quelle degli altri., che ci permettano, dal punto più altro, di essere inattaccabili e di guardare gli altri dall’alto in basso.
Vivere in una torre in realtà significa morire poco a poco. Dentro la torre non c’è luce, non c’è calore, si muore alla dimensione spirituale, si perdono la sensibilità, la connessione con il tutto, l’intimità con se stessi e con Dio: è la morte dell’anima.
Ma come sempre, beati e ignavi esseri umani, il Cielo ci viene in aiuto per liberarci, facendo cadere il tetto, unica possibilità di uscire dalla Torre. Questo raggio, che può sembrare un castigo perché distrugge e ci fa cadere, è una piuma amorosa che scoperchia la torre, per far entrare la luce in questa vita che sembrava sicura ma era solo una prigione.
Perché l’unica lingua del Cielo è l’Amore!

L’obiettivo è capire che questi sono esercizi spirituali per risvegliare in mio il meglio di ogni arcano per una comprensione profonda di noi stessi e della realtà
Entriamo con questo Arcano e i due successivi in quella dimensione astrale che fin dagli albori della storia umana ci chiama ad alzare lo sguardo e a restare incantati, con il naso all’insù, rapiti dai misteri dell’universo: le Stelle, la Luna e il Sole.
Sono oggetti reali ma intangibili, immensi ma piccoli ai nostri occhi, ne sappiamo qualcosa attraverso l’intelletto ma non li abbiamo mai toccati, ci influenzano ma non ne siamo così convinti.
Esistono da sempre, sono eterni e non temono il passare del tempo, mentre noi, esseri umani, siamo caducei e lo scorrere del tempo ci terrorizza. Sotto questo sole, sotto questa luna, sotto queste stelle la nostra vita scorre e loro, un po’ annoiati e un po’ implacabili, restano sempre lì, a guardarci.
Eppure…sono qui, quasi al termine del viaggio, ad accompagnarci verso il Mondo, il punto di arrivo e ripartenza per un nuovo viaggio, l’Arcano del compimento e della gioia creativa del ricominciare ad un nuovo livello.
Veniamo dal Diavolo e dalla Torre, siamo caduti fuori da un luogo in cui ci sentivamo al sicuro, con quel pizzico di superbia così umana che ci dà la sensazione di controllare la nostra vita senza accorgerci di essere prigionieri; a volte basta un niente, leggero come una piuma, per toglierci la corona e mandarci al suolo, a sbattere la faccia nella polvere! Con un senso di umiliazione, restiamo disorientati su tutto quello che credevamo di sapere e di avere sotto controllo.
Ma proprio qui appare l’energia della Stella. Una donna sola, nuda, inginocchiata sotto un cielo stellato, versa acqua nel fiume da due anfore.
È la prima volta che appare una figura nuda, cioè senza nodi, com’erano i nostri progenitori prima della caduta che li ha costretti a vestirsi. È vulnerabile, senza vestiti che la proteggono e la separano, totalmente esposta, eppure non si sente minacciata, ha fiducia nel mondo che la circonda. La stella centrale, direttamente sopra la sua testa, è come una corona, così diversa dalla corona della Torre, perché nulla e nessuno potranno mai farla cadere.
È inginocchiata, un segno di umiltà se paragonata all’arroganza della Torre, ed è impegnata in un rituale sulle sponde del fiume della vita.
Si tratta dell’opera alchemica fondamentale: i due vasi contengono un liquido di colore diverso e rappresentano la dualità, la polarità che crea la vita vita quando i contrari confluiscono in una dimensione più grande.
Quando li accettiamo entrambi senza polarizzarci, quando dissolviamo il bene e il male nel fiume dell’amore, quando tutto è come deve essere e diventa non una disgrazia, ma un’occasione per imparare, alimentiamo il fiume della vita, che a sua volta alimenterà il mare che tutto contiene.
La Stella è anche l’arcano della speranza, che viene associata al femminile, al principio creatore della maternità. La stella emette una forza-luce misteriosa che ha il potere di guidare l’evoluzione umana e riportarci al paradiso perduto.
Pensiamo a Eva ma anche a Pandora: Eva mangia la mela e da li vengono tutti i mali dell’umanità; Pandora apre un vaso e ne escono tutti i mali dell’umanità.
Qui abbiamo una grande opportunità, possiamo cambiare la trama del film: siamo al cospetto della nuova Eva, che sta riparando la storia, ricongiungendo il bene e il male nuovamente nell’Amore e nella speranza di un nuovo lieto fine.
Per opera di Pandora tutti i mali vengono liberati e tornano nel mondo, un evento necessario affinché l’uomo possa vederli, affrontarli e superarli: ma come potrebbe senza la speranza che è rimasta sul fondo?
La speranza è una forza che agisce dall’interno della condizione umana e che ci spinge ad andare avanti a prescindere dal passato.
La speranza è la forza-luce che fa sì che il seme germogli e che l’embrione si trasformi in un essere vivente. È la forza del miracolo.

La Luna è un Arcano che sembra inoffensivo ma muove molte cose, è provocatore.
Ci tocca in un luogo speciale che non ha nulla a che fare con l’intelletto, in un punto chiave intimo e profondo.
Molti rischiano di restare intrappolati a questo punto, se non lo capiscono, rappresenta la tappa che deve essere superata per arrivare alla fine del cammino.
La Luna è l’astro che riflette la luce del Sole, convive con le stelle ma appare quando il Sole scompare. O almeno, questo percepiscono i nostri occhi con le loro umane limitazioni. Questa Luna dei Tarocchi Marsigliesi è ancora più strana: sembra splendere come un Sole, oppure sembra sovrapporsi al Sole, pur senza oscurarlo. É davvero un essere misterioso.
Veniamo dalla speranza della Stella, cosa ne è stato? É stato un fuoco di paglia, siamo nuovamente intrappolati come il crostaceo in questa piscina si acqua ferma, che non scorre, quasi oscura? Sembra un animale preistorico sopravvissuto, si è adattato a vivere qui, e ha una corazza rigida.
Tra la luna e la piscina due cani, o lupi, che latrano, sembrano due cerberi a guardia di una qualche soglia. Il suolo è desertico, due torri solide, massicce, sembrano chiudere ogni possibile via di fuga.
L’astro, dal volto umano, non sorride, sembra preoccupato, e sparge gocce multicolore che sembrano salire anziché cadere come attratte verso l’alto. Dopo la luce speranzosa della Stella provoca una sensazione di fastidio, di angoscia e desolazione, provoca fastidio.
Cosa significa tutto questo?
Il Diavolo, qualche arcano fa, ci ha spiegato come abbiamo fabbricato i nostri demoni, che poi diventano autonomi e si trasformano in figure mentali che costruiscono torri, dalle quali riusciamo a liberarci attraverso la luce della speranza.
Ecco qual è il problema: l’ego diffida della speranza perché sente di stare perdendo potere, è in pericolo, deve fare qualcosa, prendere provvedimenti!
Siamo quasi all’ultimo atto e l’ego dà l’ultimo colpo di coda in un
movimento retrogrado della vita, contrario al movimento in avanti della Stella. Là c’era espansione, il fiume che scorre a favore della vita, qui c’è retrocessione, un movimento all’indietro contrario alla vita.
Perché, ricordiamolo, quello che non cresce muore.
E quale sarebbe l’arma letale dell’ego che può impedire la crescita?
Il dubbio.
Si tratta di un dubbio esistenziale che diventa uno smarrimento, uno stato di confusione che ci fa sentire perduti e ci impedisce di avanzare: che ne faremo ora, della nostra vita, se quando pensavamo di avercela fatta poi torniamo indietro? Se il dubbio ci fa avere paura del futuro allora potremmo fermarci, rinunciare, se non addirittura invertire la marcia.
Il dubbio è una perdita di chiarezza ed è territorio dell’ego. Ma nel passaggio dall’ego alla coscienza l’intelletto lascia la presa per dare spazio all’intelligenza del cuore.
L’intelligenza può solo fare foto istantanee, non capta il flusso, ma solo porzioni della realtà, singoli fotogrammi di un piano di vita che può essere intuito, ma non conosciuto.
La risposta del cuore allora sarà: non so cosa fare ma mi arrendo, mi affido, resto nel flusso della vita, vibrando a una frequenza più alta, quella del cuore, dell’amore per me stesso e per gli altri. Non vi sembra che stia tornado alla riscossa l’energia della speranza?

Secondo Jung, gli Arcani sono immagini, forze archetipiche dell’inconscio collettivo, che abitano nel profondo di ogni generazione di ogni cultura, sono energie vive, non entità teoriche, vere e proprie forze che vivono dentro di noi e agiscono per guidarci nel cammino verso la luce.
Gli Arcani rappresentano la condizione umana, come il Piccolo Principe e il Siddharta.
Veniamo dalla Luna, quella forza che ci spinge indietro per sostare in un luogo apparentemente sicuro nel quale però stagniamo.
Se riusciamo ad opporci a questo movimento retrogrado arriviamo al Sole, che illumina, chiarisce i dubbi e ci sospinge verso un nuovo stato di certezza, verso un nuovo stato di coscienza.
Valeva la pena aver fatto tutto il cammino per arrivare a questo punto, la liberazione dai vecchi modelli di pensiero e un nuovo modo di pensare, arricchito dall’apprendimento di lezioni importanti che ora devono essere applicate.
Abbiamo superato una prova, siamo liberi dal passato e pronti ad un nuovo inizio perché nuova energia si è liberata ed è fruibile per il risveglio spirituale, la trasformazione e la manifestazione della nostra Essenza.
Questa volta l’astro rivolge la sua faccia umana di fronte e irradia gocce di energia verso due bambini, maschio e femmina, che sembrano sostare in un giardino recintato. Il sole deve essere allo zenit, perché sia terreno non appaiono ombre e tutto splende.
I bambini sono nudi, esposti come la donna della Stella, il loro sguardo è innocente , sono fiduciosi e in armonia, tra loro stessi e nell’ambiente.
A differenza di quanto accade nell’Arcano precedente il muro non delimita ma protegge, siamo in un luogo sicuro ma non stagnante, possiamo andarcene o saltare la staccionata.
A distanza di 18 tappe, il Sole ci viene a ricordare la raccomandazione del Mago, cioè trasformare il lavoro in gioco, senza sforzo. Anche il Papa fa capolino in questo passaggio, forse è sua la faccia del Sole che benedice i due bambini e conferma che la vera saggezza, dopo avere sperimentato e imparato tanto, consiste nel guardare il mondo con i loro occhi, in uno stato di fiducia infantile, di gioco e spontaneità, di armonia interiore e con la natura.
Qui siamo in uno stato di calma, pace, serenità e certezza, che arriva naturalmente quando usciamo dall’inferno del dubbio e confidaiamo nel nostro cuore.
Il segreto centrale è la purezza del cuore, che permette di unire l’intelletto al cuore, in uno stato di coerenza interna che richiama la fratellanza, la cooperazione, il sostegno reciproco nel nome dell’Amore.
Roberto Pérez e Laura Clark ci mostrano qui un interessante punto di vista riguardo alle teorie evolutive.
Nella teoria darwiniana per sopravvivere e per adattarsi a un ambiente ostile è necessario competere, mentre il naturalista francese Lamar propone come autentico principio evolutivo l’interazione dinamica con l’ambiente e la cooperazione tra tutti gli esseri viventi (animali, vegetali, umani) che collaborano per la sopravvivenza.
Nel cammino di crescita interiore la collaborazione consiste nello scegliere il cuore come centro gravitazionale e nella consapevolezza di essere parte di una trama in cui siamo tutti intessuti; è questo che dissolve il dubbio, che ci da la certezza che “Io sono perché noi siamo”in modo naturale.
A partire dal cuore possiamo entrare in contatto con lo spirito delle cose, essere in intimità spirituale con qualsiasi essere vivente e sentire la sua anima, come faceva San Francesco con fratello Sole e sorella Luna.
Siamo creazioni dello stesso creatore, siamo tutti fatti della stessa essenza; se danneggiamo un qualsiasi essere vivente danneggiamo anche noi stessi, se amiamo qualunque essere vivente amiamo noi stessi.

Questo Arcano è molto profondo e possiamo comprenderlo solo con l’intuizione e il cuore.
È il Giudizio, l’Arcano della Resurrezione.
La figura centrale è un Arcangelo che tiene tra le mani una tromba a cui è legato uno stendardo con una croce dorata.
Nella parte inferiore, tre figure umane: una coppia matura in posizione di preghiera mentre una terza, giovane, muscolosa e vitale, emerge dalla terra.
Tra l’arcangelo e le figure umane, possiamo tracciare un parallelogrammo che rappresenta il trionfo sulla morte, sulla materia.
Laddove l’orizzonte dell’umanità non si riduce più alla materia ma integra la spiritualità, guardando avanti ma anche sopra abbiamo una certezza, la fede che tutto finirà bene, nella luce, sotto un cielo nuovo e sopra una terra nuova.
Questo nuovo orizzonte è un’opera alchemica di proporzioni cosmiche, l’intervento divino si fonde con le forze umane, maschile e femminile, allo stesso livello e ci ricorda la Resurrezione di Lazzaro.
È facile, guardando il Giudizio, rievocare l’immagine comune del Giudizio Finale, quando al suono della tromba i morti si levano dalle tombe e vengono giudicati e separati tra buoni e cattivi.
Ma siamo quasi al termine di un cammino che ci ha guidato verso l’Amore, l’Unità e la compassione, qui il giudizio e la separazione non trovano più posto.
Quando Gesù piange di fronte a Lazzaro si commuove come farebbe una madre, ma allo stesso tempo dà un ordine, che implica l’amore del padre che promuove l’azione. Poi grida forte “Lazzaro alzati e cammina!”: è il suono della tromba, l’intervento dell’Alto, una chiamata a che si risvegli, a che tutti ci risvegliamo.
Quindi, il problema è che, giunti fino a qui, stiamo ancora dormendo? Possibile che l’ego ancora non si arrenda e, come ultima risorsa, ci ipnotizzi e ci faccia dimenticare?
La dimenticanza e il sonno sono due forme di morte.
Si dimentica ciò che non ama e che non ha valore, si cade nell’indifferenza e nell’apatia, si perde entusiasmo, la gioia e la forza vitale ci abbandonano.
Ma l’Amore ha il potere di risvegliarci alla presenza e di farci ricordare che, dopo tutta la strada percorsa e le esperienze vissute, abbiamo la forza di realizzare l’atto magico della resurrezione.
E allora torniamo al presente! Non per soffrire, ma per godere dei momenti belli e imparare dalla sofferenza, senza rancore, secondo la magnifica Legge del Perdono.
Tutto è già perdonato, non esistono più né giudici né giudicati, in una sorta di perdono ontologico che ci invita a risanare il passato con misericordia.
Attenzione però, perdonare non è dimenticare, non è cancellare con un colpo di spugna perché perdonare non è faccenda dell’intelletto; quando perdoniamo lo facciamo dal cuore e puliamo, trasmutiamo la nostra storia ma anche quella dei nostri antenati e dei nostri discendenti. Si tratta di un gesto ecologico, evitiamo in questo modo di lasciare scorie tossiche in giro per il mondo, il nostro mondo, interiore ed esteriore. Chi non perdona trascina con sé odio, rancore, magari vendetta, per il resto dei suoi giorni, per l’eternità.
Questo suono della tromba contiene così tanto Amore da riportare alla vita; il suono è vibrazione e il suono della creazione riverbera nel cuore umano laddove abbiamo ripulito ed elevato le frequenze, altrimenti non lo sentiamo e non possiamo essere nei risvegliati, né resuscitati alla vita. Crediamo di essere vivi, ma in realtà siamo morti dentro.
Quindi il perdono è la risposta attiva, consapevole e responsabile al suono della tromba, in un processo che si realizza costantemente come una collaborazione tra la volontà divina e quella umana.
La buona notizia (perché l’Amore porta solo buone notizie) è che nel Gran Giudizio finale non ci sarà un Dio che ci giudica, ma ogni anima vedrà se stessa e potrà perdonarsi perché nella dimensione dell’Amore infinito l’epilogo è l’assoluzione finale.

Il Mondo è l’Arcano della Gioia, e non potrebbe essere diversamente no? Siamo arrivati alla fine del percorso, alla x rossa sulla mappa del tesoro, dopo aver superato tutte le tappe, ognuna con la sua polarità, con il suo bello e il suo brutto, attraverso soddisfazioni e frustrazioni, salite e discrete; siamo caduti e ci siamo rialzati, abbiamo pregato e forse qualche volta imprecato, ma tant’è, eccoci qui a festeggiare il traguardo!
Chi troviamo ad aspettarci? Una bella donna che si erge con grazia e leggerezza all’interno di una grande ghirlanda, quasi trionfante: che sia la nostra anima, circondata da un segno di vittoria ma anche dalla sacralità del tetramorfo? In effetti la somiglianza è straordinaria, impossibile ignorarla.
Il tetramorfo è un motivo iconografico di origine orientale, frequente nell’arte bizantina, costituito dall’insieme dei simboli dei quattro Evangelisti raccolti in un’unica raffigurazione, in cui compaiono i capi dell’aquila, del leone, del toro e di un angelo.
L’uso di rappresentare gli Evangelisti con animali e personaggi alati risale al profeta Ezechiele, che visse tra fine del VII secolo a.C. e l’inizio del successivo e che aveva osservato queste raffigurazioni nei palazzi e nei templi mesopotamici a Babilonia.
Anche nell’Apocalisse di Giovanni (4,6-8) si descrive un’apparizione di Dio in questo modo: “In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d’occhi davanti e di dietro. Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l’aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l’aspetto d‘uomo, il quarto vivente era simile a un’aquila mentre vola. »
Le 4 figure rappresentano elementi sacri e imprescindibili per la vita umana e corrispondono anche ai semi degli arcani minori che completano il mazzo dei Tarocchi.
Il Toro è l’elemento Terra, indica la dimensione materiale, il lavoro, lo sforzo e il sacrificio ma anche la stabilità. Corrisponde a San Luca e al seme dei Denari negli Arcani Minori, correlati al mondo materiale, al lavoro, al denaro e alla sicurezza.
Il lavoro sulle 14 carte di Denari ci permette di manifestare ciò che abbiamo imparato.
Il Leone rappresenta il Sole, l’elemento Fuoco, la forza e la volontà della spiritualità incarnata. Corrisponde a San Marco e al seme dei Bastoni negli Arcani, legati all’azione, all’energia, alla passione e all’iniziativa.
Il lavoro sulle 14 carte di Bastoni ci permette di educare la volontà.
L’Aquila rappresenta il potere delle emozioni, l’elemento Acqua e la capacità di rigenerare. Corrisponde a San Giovanni e al seme delle Coppe negli Arcani Minori, correlati alle emozioni, i sentimenti, le relazioni e l’amore.
Il lavoro sulle 14 carte di Coppe ci permette di purificare le emozioni.
L’Angelo è l’Elemento aria e parla di fraternità. Corrisponde a San Matteo e al seme delle Spade negli Arcani Minori, associati al pensiero, alla logica, alla comunicazione e alle sfide.
Il lavoro sulle 14 carte di Spade ci permette di coltivare la creatività e le nuove idee..
Riepilogando, la nostra anima danza sostenuta e protetta dal tetramorfo, ma a sua volta irradia la propria essenza ai quattro angoli del Mondo a partire da Cuore, centro di quel’Amore che è l’energia e che permette agli elementi di realizzare la danza della creazione.
Il cuore batte seguendo un ritmo in una danza eterna, come la donna al centro della ghirlanda; solo se manteniamo il contatto con la nostra danza interiore possiamo accedere alla gioia, alla saggezza e alla bellezza.
La gioia è allora la consonanza del nostro ritmo interno con le frequenze del mondo esterno, uno stato di coerenza; la dissonanza e l’incoerenza creano invece sofferenza.
La gioia è il motore dell’universo, il centro di tutti i mondi, interni ed esterni, l’impulso che muove l’esistenza.
Non c’è bellezza senza gioia vera e non c’è gioia vera se non viviamo pienamente, servendo il bene e la bellezza.
Con il ventunesimo Arcani siamo dunque arrivati alla pienezza personale, collettiva e cosmica, la nostra anima si è fusa con l’Anima Mundi e abbiamo finalmente scoperto un nuovo modo, finalmente gioioso, di abitare il mondo.