INCANTI, È SOLO UNA FIABA

Puoi richiedere il romanzo INCANTI di Lorenza Bonazzoli inviando una mail info@laviadellenneagramma.com

Incanti parla di favole e di sogni, di esseri umani e di Enneagramma.
 
Abbiamo così bisogno di favole, di credere in mondi magici e favolosi che sappiamo di avere dentro ma non vediamo e non sentiamo più, per tornare a sognare e a nutrire speranze che ci alleggeriscano l’esistenza.
 
A una favola ci lasciamo andare, ci abbandoniamo come a qualcosa di non reale ma più vero del vero, perché nel nostro cuore sappiamo che tutti i personaggi delle favole ci rappresentano e tutte le loro storie ci appartengono.
 
L’Enneagramma è un simbolo antico quanto le fiabe e la storia dell’umanità.
 
Graficamente è formato da una circonferenza che contiene un triangolo e una figura esagonale.
Queste figure rappresentano le immutabili leggi dell’Universo, a testimonianza del fatto che l’Uomo è una rappresentazione dell’Universo e che l’Universo è contenuto in ciascuno di noi.
 
L’Enneagramma è quindi una mappa dinamica che descrive un vero e proprio cammino verso la consapevolezza.
 
Dalla notte dei tempi, “far far away”, spiega come i nostri comportamenti più problematici siano collegati alle nostre ferite profonde e ci insegna a “guardare” noi stessi e gli altri in modo compassionevole, a comprendere le paure che fanno da sfondo ai nostri comportamenti ma anche a scoprire i doni innati che potrebbero essere portati nel mondo.
 
L’Enneagramma è una mappa del tesoro che contiene le indicazioni per un viaggio di andata e ritorno dentro noi stessi.

A partire dai nostri turbamenti, della mente e del cuore, ci attraversa e ci conduce alla creazione di una fiaba, la nostra, con il nostro lieto fine che è la scoperta di noi stessi, il vero tesoro.

 
Questa è la Via dell’Enneagramma.
 
Il romanzo Incanti descrive questo viaggio.
 
L’uomo del faro proviene da una vita, bella o brutta che sia, che non lo soddisfa più, in cerca di nuovo vento per le sue vele, in un anelito verso lo sconosciuto e il futuro. Si affaccia su quanto di più vasto e misterioso esista per noi umani, il cielo e il mare, all’alba di un nuovo giorno. Cerca qualcosa, aspetta qualcosa, per ora non sa cosa, come noi.
 
I temi del mare tracciano un percorso alchemico. Il romanzo parla di trasformazione.
 
Il mare, all’inizio calmo, si trasfigura in una terribile tempesta, che rischia di spazzare via tutto ciò che esiste.
Ma è proprio questo il bello delle tempeste, se spazzano via ciò che esiste lasciano il posto al nuovo.
 
Se affrontiamo le nostre paure e ci apriamo al nuovo, se lasciamo la porta aperta all’amore, se siamo curiosi e vigili, possono accadere cose straordinarie.
 
Allora coraggio! Non stiamo con le mani in mano, facciamo “pulizia”, troviamo il modo di eliminare la sporcizia accumulata che impedisce di “vedere”, di accorgersi di qualcosa di nuovo e di meraviglioso.
 
Nell’intreccio le fiabe si svelano a poco a poco, i personaggi si raccontano e diventano profondamente e irrimediabilmente umani, così vicini a noi e alle nostre vicende da commuovere e strappare un sorriso di simpatia e comprensione persino per i più malvagi, conducendo il nostro uomo, ciascuno di noi, per mano verso un mondo che dapprima rifiuta, poi osserva incredulo, poi timidamente acconsente ad accettare.
 
Ma allora, chi sono?
 
Il dubbio, la domanda interiore, è il primo seme vivo di questa avventura. Il dubbio è la morte del pregiudizio, lo sgretolarsi del limite, il punto di partenza verso un nuovo cammino.

INCANTI, È SOLO UNA FIABA

Le Prime Pagine

SAPETE?

Sapete chi ha inventato le fiabe? 

“I fratelli Grimm, Andersen!”

“La Fontaine, Perrault!”

“Lewis Carrol!”

“Esopo, Fedro?”

“Forse ancora più in là, i Persiani, o gli Egizi!”

No, no, un momento, non litigate, non lo sapete!

Ma non sentitevi per questo ignoranti, nel senso di poco colti, o disinformati, o stupidi, o privi di immaginazione, o troppo adulti, perché in realtà nessuno lo sa.

È un segreto, meglio, un mistero.

Perché un segreto è un’informazione che qualcuno sa, ma non vuole, o non può, o non deve rivelare.

Un mistero, invece, è qualcosa che nessuno conosce, un’entità che esiste ma si nasconde da se stessa dietro la nebbia del tempo o dello spazio, o delle coscienze di ogni tempo e spazio.

È esso stesso una favola.

Curiosi?

Venite con me, potrebbe accadere qualcosa di piacevolmente sorprendente!

SEDIAMOCI SULLA RIVA, IL MARE È CALMO

Il mare è tranquillo, senza turbamenti. 

La sabbia è nera, ebano lucente che assorbe tutti i colori dell’iride. 

I granelli sono minuscole perle, appoggiate con grazia sulla nuda Terra; se li guardi da molto vicino sono incredibilmente uno diverso dall’altro, eppure all’occhio distratto appaiono così identici da creare l’illusione di un manto indefinito, addormentato.

Siediti, il sole sta sorgendo. Puoi incrociare le gambe e guardarti intorno. Puoi fermare il pensiero. Ora ti accorgerai che dal vuoto della mente non abituata a immaginare, piano piano, con l’attenzione, inizia a emergere qualcosa che prima non c’era.

La montagna abbraccia questo lembo di vita, la puoi sentire dietro di te, con la sua chioma di bananeti e palme e sopracciglia disordinate di arbusti in attesa. Di chi? Di qualcuno che come te decida di scostarli dal cammino per scendere a sedersi e immaginare.

Ora c’è più luce e si vede di più, la linea dell’orizzonte si fa sempre più netta, è come un filo teso tra le braccia della montagna. Da qui non puoi più scappare, sei circondato.

L’acqua cambia colore, è screziata, cattura la luce crescente mutando la geometria del suo mostrarsi in piccole ondine sparse. Osservale, sono appena nate e sono qui per te. 

Si stirano e si allungano, giocano a rincorrersi, a nascondersi tra un sasso e l’altro, a chi arriva più in là; ti raggiungono, si avvicinano e si ritraggono come nel timore di toccarti. Ridono tra loro poi tornano a giocare.

Emergono rocce creando scenari: appuntite come cattedrali smerlate, in solitudine o appaiate, creano eclissi sul fondo del mare.

Si acquattano timidamente, in riposo, oppure si ergono a imitare la forma delle onde; altre si stiracchiano al sole, oppure sembrano volersi librare in volo a guisa di gabbiani. 

Sassi perfettamente levigati si allineano, si sparpagliano, si uniscono in mucchietti, si isolano, si beano di stare in quel preciso luogo, in questo preciso istante.

Quiete e tensione, ritmo, il movimento del mare è il respiro del mondo.

Luce, sempre più viva, rischiara e irradia purezza e puoi vedere sempre di più, sempre più lontano ma anche sempre più vicino: quello sperone di lava laggiù, non ricorda una fortezza? E questo braccio di mare fra due scogli, accanto a te, non sembra un canale tra due continenti? 

C’è chi non resiste al richiamo del mare, lucente scintillante misterioso trasparente incontaminato, perché così è il suo cuore.

Ma ecco, le ondine sono cresciute, non fanno più caso a te e danzano con allegria apparentemente disordinate, come tutti gli adolescenti.

Ora ti toccano, ti bagnano, fanno dispetti, si ritirano poi senza timore a prendere un nuova rincorsa, lasciando dietro di sé un manto nero lucido e compatto in cui ti puoi specchiare.

Perché tu non ti senta solo.

Al largo onde anziane solcano la luce del sole ormai alto, sicure di sé, delle proprie origini e del proprio destino.

Potrebbero specchiarsi nel cielo terso, ma non ne sentono il bisogno, sanno già ogni cosa.

Sanno che tra poco arriverà un nuovo ospite, il vento, a portare scompiglio, a spezzare l’incantesimo, a interrompere giochi e danze.

Guarda, a nord una foschia inizia ad avvolgere costoni di roccia adagiati nel mare come dita di una mano, sembra fumo, per ora.

Luce e ombra si avvicendano sulla vegetazione tra uno spuntone e l’altro, tra le pieghe rugose del tempo ai piedi della montagna, e dove la lava si getta nel mare puoi vedere un’aureola di schiuma. Gli scogli poco discosti sembrano galleggiare su nuvolette d’acqua fina e muoversi sospinti dalle onde per tornare a riva, al sicuro.

Pioverà, tra poco.

No, non andare, resta.

Resta la montagna che ti avvolge e chiuderà le braccia su di te quando il sole si velerà e il cielo impazzirà.

Restano le tue amiche onde, il vento è loro complice e vogliono crescere e abbracciare nuovi orizzonti e abbattersi in picchiata; e schiaffeggiare e sommergere gli scogli che ora affiorano e le spezzano e le costringono a cambiare direzione. 

Restano gli scogli per farsi accarezzare e rinfrescare, ad ammorbidire le creste ruvide riarse dal sole di mezzodì; che sollievo!

Restano i sassi neri e lucidi, che amano stare immobili nella loro culla nera e morbida a godersi il sole, ma anche rotolare qua e là come magicamente animati.

Tutto resta e tutto cambia, contemporaneamente.

Resta e cambierai anche tu.

Il vento scuoterà e la pioggia pulirà i pensieri densi e scuri trasformandoli in soffi leggeri e luminosi, per respirare meglio, per immaginare di più.

Nubi scure in avvicinamento, non ci sono più dubbi.

Cade la prima goccia di pioggia.

inizia a piovere, ma non ti preoccupare, non sei in pericolo, perché ora ti presento il marinaio che farà il viaggio per te, con te, dentro di te.

L’UOMO DEL FARO

Come tutti i giorni, all’alba, l’uomo che vive nel faro si appresta a prendere il mare.

Da alcuni anni, da quando decise di lasciare la sua prima e vecchia vita e ritirarsi addosso al mare, ogni giorno risale la torre per la rampa di accesso alla lanterna, spalanca la porta della stanza di guardia e appoggia alla balaustra la figura sottile, le mani forti e segnate da vento e cime, sole e nodi.

Vento e sole hanno plasmato nel tempo curve e spigoli del suo aspetto da marinaio, cime e nodi hanno forgiato ossa e muscoli per sorvegliare e contenere la forza ostinata, ma sempre domata, delle onde.

Osserva lo spettacolo mattutino: la luce è appena nata, i colori appena visibili, la linea dell’orizzonte appena accennata, le onde al largo appena risvegliate.

La sagoma ombreggiata degli scogli sembra disegnata a carboncino, la spiaggia nera non si decide ancora a separarsi dall’acqua.

Il distendersi e muoversi composto del segnavento a banderuola segnala la presenza di una brezza leggera, confortante.

Per ora questo è tutto.

Oggi pioverà, riflette, e già un ombra di pensiero, un presentimento leggero si insinua nell’aprirsi del giorno.

C’è chi non resiste al richiamo del mare, lucente scintillante misterioso trasparente incontaminato, perché così è il suo cuore.

Cuore di guardiano del faro.

Un tempo lontano il guardiano del faro provvedeva al combustibile della lampada, l’accendeva e la spegneva, teneva puliti i vetri delle lenti e delle finestre. Si occupava di salvare navi, vite, famiglie.

Ma in questo faro abbandonato, privato della sua benedetta utilità, l’uomo è venuto a salvare se stesso, a compiere un destino, antico.

Se ne era accorto subito che in questa isola di un altro tempo avrebbe trovato ciò che cercava da sempre, o da quando aveva iniziato a cercare, dal suo primo vagito.

Si innamorò, come sempre è fatale innamorarsi all’improvviso e senza riserve quando, incontrandosi, ci si riconosce, della costa settentrionale dell’isola, la più selvaggia, istintiva, franca e naturale.

Fu un esperienza indimenticabile lasciarsi alle spalle l’adorato mare e risalire la cresta, tra le brulle distese di arbusti che accompagnano il declinare delle rocce verso la spiaggia e si lasciano scuotere dal vento, autentico scultore di un paesaggio magico e grandioso.

Attraversò tappeti di fioriture gialle dal profumo di ciclamino, si lasciò abbracciare dalle alte eriche arboree che creano veri e propri tunnel, si incamminò su sentieri delimitati da pietre, che da sempre conducono in luoghi meravigliosi e un tempo servivano per il passaggio delle bestie da soma.

Si ritrovò gradevolmente sorpreso in una zona umida, ombreggiata, fuori dal tempo, abitata da una foresta di lauri, un insieme di specie tra cui riconobbe alberi di alloro e avocado, e si addentrò con grande piacere in quel bosco folto e frondoso dall’aspetto antico e fantasmagorico.

Al di fuori del bosco, dopo aver costeggiato nel punto più a monte le pale eoliche disposte su un crinale collinare, percorse una piccola galleria scavata nella roccia, sino ad affacciarsi su uno scenario mai visto: una distesa spettacolare che si immerge nell’Oceano, adagiata come in una culla tra i promontori e il mare.

Da quella posizione era possibile scendere verso un paesino, un piccolo e aggraziato pueblo addormentato sulla spiaggia dall’aria di siesta e dal sapore di sale. Vi si avventurò a passo morbido e spensierato, assaporando, per la prima volta da tempo immemorabile, la sensazione di giocosa leggerezza e meraviglia di un bambino che esce da scuola quando iniziano le vacanze.

Il paese era tranquillo, pulito ed ordinato, e lo conquistò per le sue bianche tonalità e il suo forte profumo di frutteti, viti e fiori. Subito ebbe voglia di passeggiare senza meta per le strade di quel modellino di umanità, che gli donava un senso di pace infinito e lo riportava alle sensazioni di un passato, che pure era stato suo, di legno e paglia, di giornate lente, scandite dal chiacchiericcio degli abitanti.

Ma nuovamente una serpentina sottile, come il nastro di una piccola ginnasta posato a terra scompostamente dopo la fatica di un esercizio, attirò la sua attenzione verso il mare. Sembrava potesse scomparire da un momento all’altro, se la giovane atleta, tirato il fiato, avesse voluto riprenderlo e farlo di nuovo volteggiare.

Imboccò il sentiero, e attraversò colli, dorati campi di grano e vigneti, fino a che il nastro divenne una sterrata affacciata sull’oceano sottostante, che pure concedeva al viandante una piacevole frescura regalata dall’ombra della montagna e da una foresta di euforbie giganti, eonium grasse, fichi d’india alti come alberi e dracene arboree.

La montagna abbraccia questo lembo di vita.

Incastonata nello scenario suggestivo creato dal mare cristallino e dalle alte scogliere, vide una bellissima spiaggia, di quelle originariamente usate dai pescatori del luogo per tirare verso riva le loro barche.

La sabbia è nera, ebano lucente che assorbe tutti i colori dell’iride.

Sulla destra dell’insenatura sabbiosa la strada, che ora appariva una striscia netta dai contorni precisi e di colore indefinito come di asfalto antico e schiarito dal sole, continuava attraversando un istmo, un prolungamento affilato del terreno, che pareva tenere incollata all’isola grande, come per non farla trascinare via dalle onde, un’altra isola minuscola.

A guardarla bene, sembrava un cavalluccio marino.

Dove si trovava, poteva vedere chiaramente la meta ultima del cammino: collocato proprio al centro del cavalluccio, costruito sul dorso di quella scogliera caduta nel mare chissà quanti terremoti fa, sorgeva il faro, circondato da cielo, mare e null’altro.

Emergono rocce creando scenari: appuntite come cattedrali smerlate, in solitudine o appaiate, creano eclissi sul fondo del mare.

La meta ultima del suo cammino.

Gli abitanti del luogo lo chiamano in molti modi diversi, più o meno fantasiosi, più o meno amorevoli: l’abitante del faro, il mago del faro, il capitano, l’ammiraglio, l’esiliato, il ricercato. Lui si definisce, da sempre, un cercatore.

Una definizione che sottende un sottile e misterioso senso della sua vita, che implica il guardare sempre verso un orizzonte senza stancarsi mai, senza mai abbassare lo sguardo e senza mai spegnere il cuore.

Cuore di cercatore, inquilino perfetto di un faro abbandonato, un luogo dove l’orizzonte è sempre lì, giorno e notte, ovunque si volga lo sguardo, a ricordare che lo devi scrutare, che te ne devi occupare, che non te lo puoi dimenticare.

Chi vive in un faro non può voltare le spalle alla linea impalpabile tra cielo e mare, a quella piega eterna tra finito e infinito, a quel sommarsi senza fine di punti di contatto tra divino e umano, e si deve per forza di cose chiedere cosa rappresenti per lui.

La vita porta lontano, quando si sente il bisogno di andare.

Ad un certo punto della sua vita questo bisogno si era fatto impellente, quasi insopportabile, urgente.

Eppure è ed è sempre stato un uomo libero, e perciò, felice.

Libero dalla gelosia, e perciò felice.

Libero di aiutare senza chiedere nulla in cambio, e perciò felice.

Libero dal desiderio di apparire, e perciò felice.

Libero di godere della propria vita, e perciò felice.

Libero di essere generoso, e perciò felice.

Libero da qualsiasi paura, e perciò felice.

Libero di inseguire sogni e passioni, e perciò felice.

Libero dal bisogno di avere e dare ragione, e perciò felice.

Libero di non conformarsi alle aspettative altrui, e perciò felice.

Libero di essere libero, e perciò felice.

Poi comparve l’isola, e lui capì che in quella meta straniera scelta quasi per caso in cerca di vento per le sue vele era il tassello mancante, a cui non poteva e non voleva e non doveva in alcun modo opporsi.

bene, ora ti stai ambientando, siamo su una bellissima isola a quanto pare ancora un po’ selvaggia. il nostro uomo ha lasciato una vita vecchia, non importa quale sia, potrebbe essere la tua, e si affaccia su quanto di più vasto e misterioso esista per noi umani, il cielo e il mare, all’alba di un nuovo giorno. cerca qualcosa, aspetta qualcosa, per ora non sa cosa. come te. tuttavia c’è un non so ché di nuovo nell’aria ma non si capisce, ti sta venendo in mente qualcosa che però non afferri, un ricordo da chissà dove. per ora nessun pericolo, solo un alito di vento, puoi farti cullare dalle onde e magari fare un bel sogno per poi raccontarmelo, se vuoi.

LA VERA LEGGENDA DEL MONDO PIATTO

Puoi richiedere il romanzo LA VERA STORIA DEL MONDO PIATTO di Lorenza Bonazzoli invia una mail a info@laviadellenneagramma.com

La vera Leggenda del Mondo Piatto

Sareste disposti ad abbandonare il pianeta? E a vivere in un mondo ipertecnologico, a 5 stelle, dotato di tutti i comfort e standard di sicurezza ma… senza sogni, desideri, palpiti d’amore e lacrime di gioia? Bella domanda!

I nostri mondi piatti, più abituali di quanto sembri

Ai tempi di Cristoforo Colombo alcune persone credevano che gli oceani del mondo scorressero dal bordo della terra piatta. Si pensava che le navi che si avventuravano oltre il territorio conosciuto sarebbero state spazzate via da un’enorme cascata e precipitate in un profondo abisso. Molto più in basso, si sarebbero schiantate contro rocce aguzze e draghi affamati avrebbero divorano i marinai sopravvissuti. Molte mappe del periodo riportano ancora l’avvertimento “Here Be Dragons” scritto ai margini, originariamente per proteggere i marinai dalla navigazione verso il loro destino.

Ognuno di noi è un membro involontario della Società della Terra Piatta nel senso che abbiamo una mappa personale della realtà che non è la realtà stessa, ma una visione soggettiva interna del mondo che riflette solo in parte quella più grande che ci circonda. Spesso non sperimentiamo la realtà in sé, ma piuttosto le nostre reazioni ad essa. Ciò che internamente crediamo del mondo guida il nostro comportamento tanto quanto la realtà esterna.

La nostra mappa interiore si basa su tutto ciò che abbiamo sperimentato e appreso, comprese le nostre risorse, i nostri punti di forza e ciò che ci ha portato qui. Ma poiché la nostra mappa riflette solo ciò che è già accaduto, è, per definizione, incompleta: una versione piatta di un tutto rotondo. 

Come abitanti della terra piatta, a volte confondiamo il nostro orizzonte personale con il confine reale del mondo. 

Inconsciamente, all’interno della nostra mappa, nutriamo convinzioni su chi siamo e sull’estensione delle nostre capacità. Potremmo anche temere che avventurarci oltre il bordo della nostra mappa ci faccia perdere il controllo e ci esponga al nostro equivalente personale dei draghi.

Lo stesso Enneagramma è una mappa, una mappa delle mappe della realtà. Presenta una psicologia della prospettiva interiore, descrivendo nove stili di personalità e i loro punti di vista centrali. In quanto tale, l’Enneagramma traccia nove terre piatte, nove versioni della realtà che le persone prediligono, nove modi in cui l’inconscio umano crea e organizza l’esperienza soggettiva.

L’Enneagramma

L’Enneagramma è una versione chiara e accessibile in modo univoco di quella che viene chiamata “psicologia dell’io” e la parte di noi che vede il mondo piatto è conosciuta come il nostro ego. 

La maggior parte di noi ha un senso intuitivo dei “pantaloni” del proprio ego, anche se potremmo non essere consapevoli della sua esatta natura o della profondità della sua influenza.

Potremmo anche non sapere che il nostro ego individuale è simile a quello di altri, che ci sono specie di ego. 

L’Enneagramma descrive i nostri nove diversi ego in modo perspicace, dettagliando la vita interiore, i modelli di pensiero e le convinzioni fondamentali di ciascuno. 

Nessuno stile è considerato migliore di un altro e ognuno ha una serie di potenziali sani e malsani: punti di forza, doni e vantaggi, oltre a limiti, insidie e punti ciechi. 

Sebbene ogni stile di Enneagramma abbia una logica interna e una visione del mondo diverse, sono tutti progettati per soddisfare lo stesso insieme di bisogni psicologici di base.

Il nostro ego

Il tuo ego governa la tua mappa della realtà, il tuo senso di identità e le tue motivazioni, valori e difese fondamentali. 

Controlla una serie di presupposti che ti guidano, dandoti sia un senso generale dell’orientamento che dei modi immediati di procedere. 

Uno stile di Enneagramma è molto simile a una nazionalità. Entrambi ti definiscono, ma dentro di loro sei un individuo. Entrambi sono profondamente inconsci e modellano involontariamente le tue percezioni. Sia la tua nazionalità che il tuo stile Enneagramma sono sia profondi che superficiali, parti di te che sono separate da te allo stesso tempo.

Sebbene l’Enneagramma descriva l’uguaglianza delle persone, ogni persona è unica. Hai una costellazione di qualità uniche per il tuo trucco: una storia personale, un temperamento emotivo, un patrimonio genetico e un’anima. 

Il tuo stile di Enneagramma è solo una parte dell’immagine, ma in un altro modo è la chiave di tutto. Attraverso la prospettiva interiore del tuo ego percepisci accuratamente una fetta di realtà, ciò che l’autore Richard Rohr ha definito “un nono della verità”.

In una certa misura, ognuno di noi poi confonde la sua propria  frazione di mondo con il tutto e si blocca in un punto di vista fisso. Nella negoziazione, cancelliamo accidentalmente gli altri “otto noni” dalla realtà, e questa omissione pone le basi per le nostre difficoltà. 

Una volta, su una nave, ho notato una ragazza impallidire per la paura mentre i motori della nave acceleravano per partire. “Cosa c’è che non va?” chiese sua madre. La ragazza rispose ansiosa: “Diventeremo sempre più piccoli e poi scompariremo?” Ogni nave che aveva visto dalla riva lo aveva fatto. 

La nostra concentrazione personale limitata significa che siamo molto bravi in alcune cose e meno in altre, come qualcuno con le stampelle che sviluppa braccia forti. 

Mentre eccelliamo in ciò che già sappiamo, i nostri altri potenziali potrebbero essere lontani e sepolti. L’Enneagramma traccia i nostri punti di forza mentre rivela i mondi di esperienza che ci mancano.

E qui allora, dico io, è il momento di esplorare nuovi mondi!!

Temi tratti ed elaborati dagli scritti di Julio Nestor Cavalli

LA VERA LEGGENDA DEL MONDO PIATTO

Le Prime Pagine

La vera Leggenda del Mondo Piatto

PROLOGO

Ci fu un tempo in cui gli uomini vivevano confusi. 

Pensavano e non sapevano di pensare, sognavano e non sapevano di sognare.

Vivevano nell’oscurità, vagabondavano ed erano lunatici, mangiavano e bevevano, uccidevano e bestemmiavano, quello gli veniva bene. Passavano il tempo mortificandosi gli uni con gli altri, combattendosi e dominandosi a vicenda.

Parlavano molte lingue, tante quanti erano, e ciascuno riteneva di aver avuto in dono la vera lingua di Dio e tutte le altre fossero sbagliate, false e al servizio del male. Perciò ogni persona si era creata un proprio dogma e lo imponeva come fosse una verità assoluta, e in questo modo gli uomini continuavano a perseguitarsi, disprezzarsi e uccidersi, in nome della propria coscienza o, quel che è peggio, di Dio. 

Ma nessuna di quelle lingue era quella di Dio. 

Così Egli ne ebbe pietà e pregò.

Dal punto di luce nella mente di Dio

Che affluisca luce alle menti degli uomini

Che la luce discenda sulla terra.

Dal punto di amore nel cuore di Dio

Che affluisca amore ai cuori degli uomini 

che Cristo ritorni sulla terra.

e mandò un popolo che si esprimesse in un modo comprensibile a tutti. Non aprivano la bocca e non pronunciavano parole, solo emettevano dal cuore pensieri d’amore e facevano sognare le persone.

Costruirono una città dove tutti potessero avvicinarsi gli uni agli altri e imparare a comunicare nel nuovo linguaggio. Ma quando, al centro della città, cominciò a sorgere un’altissima torre che in poco tempo raggiunse le nubi dirigendosi svettante verso il Sole, il terrore prese il sopravvento e un uragano di voci scomposte e incomprensibili la investì minandone le fondamenta.

Volevano forse raggiungere Dio? E se Lui se ne fosse accorto?

In un’epoca in cui una nuova coscienza desiderava espandersi al di là e al di sopra del buio e delle divisioni, e svettare nell’alto dei Cieli come un faro visibile a tutti le genti della Terra, le menti confuse degli uomini si affollarono di inquietanti incubi di tremende punizioni divine, restando ognora aggrappati alla convinzione che la lingua, quella di ciascuno di loro, fosse comunque quella vera e, pertanto, non condivisibile.

Il progetto, troppo ambizioso per i tempi, cessò.

Perciò tutto ricominciò da capo, e giunse infine un tempo in cui gli uomini di nuovo vivevano confusi.

Pensavano credendo di pensare e sognavano credendo di sognare.

In un’epoca in cui il progresso della scienza sgretolava, con ridicola e insolente ambizione di verità, la rassicurante relazione univoca tra causa ed effetto e la intoccabile solidità delle cose solide con inquietanti chimere, come gatti al tempo stesso vivi e morti, mondi paralleli e realtà che esistono solo se c’è qualcuno a osservarle, nelle menti confuse degli uomini si combattevano cruente battaglie tra le legioni di ciascun emisfero, restando per lo più aggrappati alla convinzione che gli oggetti solidi, in quanto tali, non si potessero in alcun modo attraversare e certe cose accadessero solo nei sogni.

In quel periodo si era giunti a credere che non fosse importante ciò che l’uomo è, ma soltanto ciò che sa, purché ciò che sa appaia e lo distingua da coloro che non sanno. Perciò ogni persona si era creata un proprio dogma e lo imponeva come fosse una verità assoluta, e in questo modo gli uomini continuavano a perseguitarsi, disprezzarsi e uccidersi, in nome della propria sapienza o, in mancanza, di Dio. 

Ma è l’essere di un uomo che modella la sua vita. E sempre perpetua lo stesso genere di avvenimenti, di situazioni, di amici e nemici, di amori e odi, pace e guerra, gioia e dolore, per sempre, non importa dove sia la persona o dove vada o in che epoca viva.

La verità era che sognavano credendo di pensare. 

Dio ne ebbe pietà e provvide.

Dal centro dove la volontà di Dio è conosciuta

Che il proposito guidi alle piccole volontà degli uomini 

il proposito che i maestri conoscono e servono.

Dal centro che chiamiamo la razza degli uomini

Che si realizzi il piano di amore e di luce

E si suggelli la porta dove si cela il male.

Che la luce, l’amore, il potere, ristabiliscano il piano sulla Terra.

UNO CHE DEVE PARTIRE

Ecco, parto.

Devo.

Ora che scrivo questa lettera per te, d’un tratto non so più cosa dire. L’ho tanto immaginata nella mia mente in questi ultimi mesi, da quando ho preso la decisione, che mi sembra di averti già detto tutto.

Non te l’aspettavi, lo so. Sono stato bravissimo a mantenere il segreto, con te e con tutti gli altri. Se vi avessi resi partecipi di quello che vagabondava nella mia testa e nel mio cuore per tutto questo tempo avreste cercato di convincermi a restare, e tutto sarebbe stato più difficile, per tutti. Pazzo, sognatore, lunatico. Illuso, mi avreste chiamato. Con amore, lo so, ma l’avreste fatto. 

Davvero non avrei saputo spiegarvi perché sto facendo i bagagli e avremmo passato gli ultimi nostri giorni insieme a discutere, magari a litigare, io a spiegare e voi a non capire. Potrei definirla una chiamata, se fossi religioso, il karma, se fossi spirituale, il destino, se fossi superstizioso. Chiamerò questa spinta semplicemente coscienza, anzi, una piccola ma insistente e persistente fiammella che da allora, dal Grande Annuncio, si è accesa in me.

Lasciarti, lasciarvi, non è facile. Vi ho pensato a lungo; a lungo ho immaginato il vostro restare qui. Certo per voi, per noi, in realtà, è la cosa migliore, l’unica, quella giusta. Nessuno di voi, di noi, potrebbe lasciare questo luogo, per quanto malandato e decadente. Loro non lo sanno, ma io, noi, sappiamo che si può andare avanti, anzi, senza di loro tutto cambierà e tutto potrà rifiorire, rinascere, rivivere.

Perché sulle rovine del nostro mondo il sole comunque sorge e tramonta, inondando il cielo, i monti e le colline di colori meravigliosi che noi ancora riusciamo a vedere. 

Le onde del mare comunque risuonano molli nella risacca o ardenti nelle tempeste, riempiendo l’aria di melodie che noi ancora possiamo udire. 

La terra, la nostra amata e dolorosa Terra, comunque emana, nel buio frondoso del bosco, un profumo umido di muschio e pioggia, che noi ancora possiamo percepire.

Il vento che si agita, vagabondo e lunatico come me, nelle notti di tempesta, comunque ci investe sferzando la nostra pelle con un tocco complice che noi ancora possiamo avvertire.

E un bimbo appena nato comunque si aggrappa alla vita godendo, finché può, del gusto dolce e misterioso del latte di chi lo ha magicamente messo al mondo.

Guarda, a pensarci, è una vera fortuna che loro non lo sappiano. Può darsi che, pur sapendolo, abbiano deciso di non saperlo. In ogni caso, una vera fortuna per noi, per voi, che restate.

Io però parto. Sto facendo i bagagli, il mio turno sarà domani all’alba. Sorrido, pensando che in tutti i libri che ho letto nella mia vita le cose importanti, le avventure, le partenze, i piani per raggiungere quello o salvare quell’altro, iniziano sempre all’alba. Gli eroi, quelli matti per davvero, partono sempre all’alba.

Che abbia deciso di sentirmi anch’io, per una volta, eroe? Non so, forse ne parlerete tra di voi, domani, quando leggerai da solo e poi davanti a tutti questa lettera. Forse mi darete solo del matto.

La parte più difficile nel progettare questa valigia è stato il doppio fondo. Sì, perché l’idea di cosa nasconderci mi è venuta facilmente, in un lampo, come se fosse stata sempre lì, nella mia testa, e avesse trovato la via di fuga al momento opportuno, pochi minuti dopo il Grande Annuncio. 

Addio, fratello. Abbi cura di te.

1° giorno

“La casa sarà edificata per sapienza e prudenza”. 

Niente di più falso. Avrebbero dovuto, ma non l’hanno fatto.

La nostra cultura è fondata su un concetto di evoluzione umana che affonda le sue radici nella storia e nel passato: l’idea dell’affermarsi, sul pianeta, di una nuova e più avanzata coscienza umana non è contemplata. L’uomo attuale è completo, perfetto, meglio di così non si poteva fare, né mai si farà.

Il passato è quindi storia vecchia, ha dato e concluso la sua opera, non serve più. Si proceda verso il futuro, a grandi falcate, più in fretta possibile. L’uomo è pronto, anzi, è stanco, si annoia. 

Ma avete mai pensato al futuro? Non dico immaginato, come si faceva ai tempi dei primi film di fantascienza, o sognato o atteso come un dono del cielo. Dico pensato, ragionato, nel senso di comprendere il significato della parola in sé. In realtà il Futuro non esiste. Nessuno può provarne l’esistenza, Ora è già il passato di un nuovo Ora, e quello che verrà lo possiamo ipotizzare per analogia, per associazione di idee, per traslazione, per deduzione, ma … chi, in tutta la storia umana, ha mai potuto garantire, affermare con certezza scientifica che un nuovo Ora si succederà, ora, a al vecchio Ora? Nessuno, nemmeno loro.

Eppure tutto, da sempre, per noi, si è appoggiato sul concetto di futuro, speranza, illusione, ancora di salvezza. Stavolta, peggio di altre, non hanno avuto scelta, si doveva, pena l’estinzione. La loro, naturalmente.

Perciò: cancelliamo il passato, tutto, istantaneamente, dalle menti e dai cuori e creiamo un mondo nuovo di zecca, magari in sette giorni! Del resto, chi può negarlo, se siamo a questo punto deve essere solo colpa del passato, delle menti malate dei nostri avi, che ci hanno portato alla rovina. Stolti, rozzi, primitivi.

Ma…

Se solo avessero ricordato le care vecchie primitive fiabe, non so, per esempio, Biancaneve. In quello specchio avrebbero visto tutto, avrebbero visto se stessi. 

Eh già, le care vecchie fiabe, roba per bambini, anzi, per bambini sempliciotti. No, no, via, cancelliamole dalla memoria, spazzatura dei tempi andati. FUTURO FUTURO FUTURO!!! gridavano a gran voce dai quattro angoli del pianeta. Niente di più facile, al giorno d’oggi, con la nostra tecnologia, una bella rincorsa, un bel balzo nell’infinito e via, si parte.

Ci voleva solo una potente e imprescindibile motivazione.

La trovarono. Gliela mandò il Cielo?

1 Jack

“Ehi, sei sveglio?” 

“Ora sì Jack … ma che c’è? Faresti meglio a dormire, domani avremo una giornata impegnativa”

“Non ci riesco, ho trovato una cosa”

“Che significa … trovato? Una cosa? Autorizzata?”

“Una cosa strana, mai vista in vita mia”

“Strana in che senso?”

“Non so che dirti, sembra uno specchio ma non come i soliti, strana insomma”

“Tu e il tuo vagabondare, faresti meglio a studiare, domani sarai bocciato di nuovo e perderai il diritto alle vacanze, di nuovo!”

“Senti, non mi importa delle vacanze, tanto mi ci annoio sempre … ma questa cosa, sai, è bellissima!”

“E dove l’hai nascosta?”

“E’ ancora lì, dove l’ho trovata, vicino al baratro”

“Sei arrivato di nuovo al baratro? Tu devi essere impazzito, un giorno o l’altro ci balzerai dentro, e non dico che ci cadrai, dico che ci salterai dentro apposta; no e poi no, non voglio saperne niente, lasciami dormire, io ci tengo alla mia istruzione e anche alle vacanze!”

“Sta bene, ma promettimi che verrai a vederla, è facile arrivare al baratro e non c’è nessun pericolo, sono tutte storie che vanno bene per i grandi, ci sono già stato un sacco di volte, basta mettere e-Stupid in stan-by e il gioco è fatto!”

“Ma proprio a me doveva capitare un fratello dislogico! Dai ci penserò, ne parliamo domani dopo l’esame, e ora falla finita e dormi!